Bimbi rom morti: “Una vergogna per Roma, frutto di politiche miopi”
Giorgio Beretta - unimondo.org
L’indignazione delle associazioni sulla morte nel rogo dei bambini rom. La richiesta alle amministrazioni locali e statali di iniziare una politica di lungo periodo per trovare luoghi e modi di vita dignitosi per i Rom.
“Una vergogna per la città di Roma e per il nostro paese. Non si può, non si deve morire così. E’ una tragedia che chiede alla città di fermarsi”. E’ ilcommento della Comunità di Sant’Egidio a seguito della morte di quattro bambini rom nell’incendio che li ha sorpresi nel riparo di fortuna in cui abitavano in un accampamento nei pressi della via Appia di Roma. Si tratta di Raul Mircea (4 anni), Fernando (5 anni), Patrizia (9 anni) e Sebastian (11 anni). “Quattro bambini bruciati vivi. Come il piccolo Marius ad agosto. Come se non si fosse imparato niente. Una famiglia già colpita dalle difficoltà, che ha subito trenta sgomberi in dieci anni. E’ una tragedia che chiede alla città di fermarsi” – afferma l’associazione.
“Ci aspettiamo da parte dei responsabili e dall’opinione pubblica che si cambi anche il linguaggio – continua la nota. Non sono mai i poveri, chi vive ai limiti del minimo e della sopportazione, costretti da mille fattori, ad essere una minaccia al “decoro”. E’ la povertà e l’emarginazione che sono “indecorosi”. Occorre una “bonifica”, ma delle coscienze. Senza un clima di intolleranza diffuso diventa più semplice costruire soluzioni efficaci e durature”.
La Comunità di Sant’Egidio denuncia quindi che “si smantellano gli insediamenti abusivi e non solo (compresi quelli attrezzati e che erano stati pagati dalla collettività, come è accaduto anche di recente): ma senza un’alternativa migliore, simultanea, per tutti”. “Chiediamo alle amministrazioni locali e statali di iniziare una politica di lungo periodo per trovare luoghi e modi di vita dignitosi per i Rom. Chiediamo di avviare un piano straordinario ed esemplare – anche con il sostegno dell’Unione Europea – per creare un modello su aree pubbliche o di aziende municipalizzate o di privati disponibili. Anche i Rom chiedono di abitare in casa”.
“Una politica di sgomberi forzati senza adeguate alternative abitative non può costituire una risposta alla povertà e all’emarginazione di tante persone rom” – sostine la sezione italiana di Amnesty International. L’organizzazione per i diritti umani ritiene che non sia più rimandabile una riflessione attenta sulle politiche realizzate nel paese nei confronti delle comunità rom e sinte, spesso intrappolate in un circolo vizioso di discriminazione e povertà. Amnesty International ricorda che nel settembre dello scorso anno aveva scritto al sindaco di Roma Gianni Alemanno in riferimento agli annunci di un piano di sgombero apparentemente aggiuntivo rispetto al “Piano nomadi”, ricordando che "è vietato dal diritto internazionale utilizzare gli sgomberi come misura deterrente nei confronti della presenza di cittadini stranieri sul territorio". L’organizzazione per i diritti umani chiede che la risposta alla tragedia di ieri non sia un nuovo ricorso a sgomberi forzati, che esporrebbero le persone colpite a ulteriori abusi, quanto piuttosto un’attenta protezione dei diritti umani delle migliaia di bambini, donne e uomini rom che vivono a Roma e in altre città d’Italia, anche attraverso politiche che assicurino il diritto a un alloggio adeguato e l’accessibilità dei servizi.
L’Arci, nell’unirsi al dolore dei familiari delle piccole vittime e a quello di tutto il popolo Rom, esprime apprezzamento per la decisione del Presidente Napolitano di portare personalmente le Sue condoglianze alla famiglia. “Responsabile di questa tragedia che non ha precedenti nella Capitale, è l’amministrazione capitolina che affronta la ‘questione nomadi’ come se non si trattasse di esseri umani portatori di diritti, ma come una sgradevole emergenza d’ordine pubblico” – denuncia l’Arci. “Il ‘Piano Nomadi’ costa a Roma almeno 30 milioni di euro all’anno – continua la nota – è già miseramente fallitosotto le proteste e l’indignazione dei rom di Casilino 900, truffati dal Sindaco e dal Prefetto che hanno disatteso le promesse sottoscritte con loro oltre un anno fa. Oggi il Sindaco, di fronte ai quattro piccoli morti, un orrore che dovrebbe portare alle dimissioni di tutti i responsabili, chiede più soldi e poteri straordinari, dopo i milioni di euro sprecati per consolidare i ghetti e amplificare la persecuzione con politiche discriminatorie. Da tre anni sindaco e prefetto hanno poteri straordinari, eppure non sono riusciti a risolvere alcun problema. Anzi, ne hanno creati altri per poter così utilizzare l’argomento rom per raccogliere facili consensi” – conclude l’Arci.
E l’associazione 21 luglio, operante presso l’insediamento andato a fuoco e da tempo attiva nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica e nella pressione verso le istituzioni capitoline, denuncia: “Non si parla del superamento dei campi perché c’è chi ci guadagna”. “Fino ad oggi – ha detto Carlo Stasolla responsabile della 21 luglio al Redattore Sociale – sono spesi più di 34 milioni di euro, ma ai rom non arriva nulla. Non si trova consenso nel superamento del campo e nel discorso della casa perché ‘conviene’ così”. Stasolla descrive la realtà dell’insediamento come “di grande frammentazione e di grande variabilità, le famiglie di quell’insediamento più volte erano state sgomberate senza poi aver ottenuto dalle istituzioni una soluzione alternativa. Qui le famiglie rom passavano a causa dei continui sgomberi dell’amministrazione comunale”.
Fonte: www.unimondo.org
8 febbraio 2011