Zambia, un paese guida contro quelle dannate bombe
Misna
E’ stato uno dei primi paesi a firmare e poi ratificare il Trattato di Oslo contro le bombe a grappolo, ha assunto la guida della campagna internazionale contro questi ordigni in Africa, ha anche bonificato alcune zone del paese dove mine e cluster erano presenti.
“In Zambia il tema ci sta particolarmente a cuore e ovviamente abbiamo festeggiato l’entrata in vigore del trattato avvenuta la scorsa Domenica” dice alla MISNA Robert Mtonga, rappresentante in Zambia della ‘Cluster munition coalition’ (Cmc), la rete di organismi e associazioni internazionali che, secondo una logica di ‘diplomazia dal basso’, ha portato avanti i negoziati sfociati poi nel trattato. “Lo Zambia fa parte del Movimento dei paesi non allineati – ricorda Mtonga – e da sempre si oppone alla proliferazione delle armi dovendo avere a che fare tra l’altro con un problema ancora da risolvere di ordigni inesplosi disseminati in alcune zone del paese. Abbiamo con successo bonificato le aree infestate da mine e cluster, completeremo l’opera eliminando anche gli ultimi residui di guerre del passato”. In Zambia, le cluster erano state rinvenute in due sole aree, a Chikumbi e Shang’ombo. “Due posti particolari – continua Mtonga che lavora presso l’ospedale universitario di Lusaka – nel nord-ovest e nell’ovest del paese dove tra gli anni cinquanta e ottanta hanno di volta in volta trovato rifugio attivisti anti-apartheid provenienti dal Sudafrica e dall’allora Rodhesia, oggi Zimbabwe, ma anche esponenti della lotta per l’indipendenza del Mozambico. Qui venivano attaccati dal regime segregazionista di Città del Capo o dai portoghesi”. Un’eredità del passato che, seppur scomoda, ricorda l’impegno delle nazioni africane a sostegno di chi allora lottava per l’eguaglianza e per una piena indipendenza dai regimi coloniali. “In Zambia – continua Mtonga – nel 2008 è stata firmata la dichiarazione di Livingstone con la quale i paesi africani hanno concordato una linea comune nell’ambito dei negoziati che poi hanno condotto alla firma del Trattato di Oslo con l’unica eccezione del’Egitto”. Quest’ultimo paese era insieme al Sudafrica l’unico produttore di cluster del continente. “Adesso non producono più questi ordigni – conclude l’esponente della Cmc – ma certo non erano solo Egitto e Sudafrica a vendere. In Africa tutti ‘hanno piazzato’ la loro merce letale alimentando conflitti e uno stato di insicurezza che tuttora permane proprio a causa della natura di uno strumento di guerra indiscriminato in grado di uccidere e ferire anche a distanza di anni. La prossima sfida sarà quella di bonificare i territori dei paesi più colpiti, partendo da Etiopia ed Eritrea, passando per il Sahara occidentale, l’Uganda, il Mozambico e l’Angola”.
Fonte: www.misna.it
4 Agosto 2010