Yemen: ora si muore anche per le piogge!
il Manifesto
E la denuncia di un giornalista accende l’attenzione sul fertilizzante stoccato nel porto di Aden.
In Yemen si muore per la guerra scatenata nel 2015 dal principe saudita Muhammad bin Salman, si muore di malnutrizione, si muore di Covid-19 e di altre malattie.
Da metà luglio si muore anche per le piogge torrenziali: nella capitale Sana’a, controllata dai ribelli sciiti Houthi, almeno 130 persone sono decedute e decine sono rimaste ferite a causa delle forti precipitazioni.
Le tipiche case bianche e marroni della città vecchia, risalenti all’XI secolo e patrimonio mondiale dell’Unesco, sono state a lungo minacciate dalla violenza della guerra, ma finora erano state preservate. A far collassare un centinaio di questi palazzi millenari, in mattone essiccato, sono state le precipitazioni eccezionali di queste settimane.
Cinquemila edifici sono stati invasi dall’acqua e rischiano di subire danni irreversibili. Intervistato dalla Reuters, lo yemenita Muhammad Ali al-Talhi ha dichiarato che venerdì scorso lui e la sua famiglia sono rimasti senza casa dopo il crollo dell’antico edificio in cui vivevano. «Tutto quello che avevamo è sepolto dal fango», ha aggiunto.
Gli oltre cinque anni di conflitto nello Yemen hanno portato a quella che l’Onu descrive come la peggiore crisi umanitaria del mondo.
Milioni di yemeniti hanno perso la casa e il lavoro, a causa della pandemia e del crollo del prezzo del petrolio sono diminuite drasticamente le rimesse degli yemeniti immigrati negli altri paesi del Golfo. La popolazione dipende dagli aiuti alimentari che fanno però fatica ad arrivare perché il paese è conteso da una molteplicità di attori, tra cui al-Qaeda e l’Isis.
Se nel nord dello Yemen a preoccupare sono le piogge torrenziali, a sud si teme una replica della deflagrazione di Beirut del 4 agosto. Da tre anni nel porto meridionale di Aden sarebbero infatti depositate circa 4.900 tonnellate di un pericoloso fertilizzante, a doppio uso, agricolo e militare.
Venerdì scorso il giornalista yemenita Fatehi Ben Lazerq ha pubblicato su Aden Al-Ghad una lettera in cui denunciava gli enormi rischi per le infrastrutture del porto e per i lavoratori. Indirizzata al capo della polizia di Aden e ai leader della coalizione guidata dai sauditi, la lettera ha messo in allerta le autorità locali, che hanno aperto un’inchiesta.
Il presidente della società che gestisce il porto ha negato di essere a conoscenza di depositi di nitrato d’ammonio e ha dichiarato che si tratterebbe di urea, una sostanza che – come il nitrato d’ammonio – può essere usata come fertilizzante. In ogni caso, ha dichiarato il presidente della società portuale, il fertilizzante non sarebbe «radioattivo né potrebbe esplodere».
In realtà, in passato l’urea è stata usato per costruire bombe, tra cui quella scoppiata al World Trade Center nel 1993. Nel porto di Aden, era stata sequestrata perché la coalizione guidata dai sauditi ne aveva impedito l’importazione: secondo alcuni funzionari, il fertilizzante era forse destinato ai ribelli Houthi, alleati all’Iran, che avrebbero potuto usarlo a scopi militari. Da qui l’urgenza di evitare una catastrofe.
Farian Sabahi
11 agosto 2020
Il Manifesto