Yemen. Guerra senza fine


NEAR EAST NEWS AGENCY


Anche se si dovesse giungere ad una pacificazione apparente, le radici del conflitto rischiano di non poter essere eradicate per molto tempo.


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Yemen. Guerra senza fine

La guerra in Yemen sembra non avere tregua. La rappresentanza Houthi avrebbe rifiutato l’accordo siglato in Kuwait per un arretramento delle proprie forze dalle tre principali città del Paese e i rappresentanti del Governo avrebbero, per questo, lasciato i colloqui in atto. Il ministro degli Esteri Abdel-Malek al-Mekhlafi avrebbe, però, affermato di essere disponibile a riprendere il processo qualora gli Houthi e il loro attuale alleato, l’ex presidente Ali Abdullah Saleh, decidessero di dare il proprio benestare all’accordo ONU. Poche ore dopo, però, truppe fedeli al Presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi hanno ripreso l’offensiva contro il gruppo Houthi e le forze militari che appoggiano Saleh sostenendo di essere ormai a sole 12 miglia da Sana’a. Parallelamente le truppe Houthi e l’esercito yemenita fedele a Saleh avrebbero attaccato la città di Samitah, nella provincia saudita meridionale di Najran. Un atto particolarmente significativo in quanto l’attacco sarebbe avvenuto al di là del confine, andando a colpire direttamente le forze saudite sul loro territorio.

Da molti mesi, ormai, il territorio yemenita è segnato dai combattimenti tra il Governo sostenuto dall’Arabia Saudita e i ribelli Houthi e, in questo contesto di disgregazione, si è assistito al proliferare di gruppi minori e all’avanzata delle forze jihadiste legate allo Stato Islamico e ad AQAP (Al Qaeda nella Penisola Arabica). La compenetrazione tra dinamiche interne ed internazionali con il continuo intervento, ufficiale ed ufficioso, di soggetti esterni come l’Iran a sostegno delle milizie Houthi o le forze occidentali di Stati Uniti e Gran Bretagna a favore della coalizione saudita, ha creato i contorni di un conflitto che trascende i confini nazionali e che difficilmente potrà trovare una soluzione nel breve periodo. Gli interessi in gioco sono, infatti, sostanziosi. Oltre ad essere un territorio strategico nella guerra fredda tra Arabia Saudita e Iran, lo Yemen, per il suo posizionamento geografico, è centrale per il controllo del Golfo di Aden e, dunque, per i flussi migranti verso il Corno d’Africa. In questo senso il contrasto delle attività delle milizie jihadiste nel sud risulterebbe fondamentale per impedire un collegamento con gli Shabaab somali che agiscono sul fronte occidentale del Golfo.

A questo si aggiunga che, secondo i report di numerose organizzazioni internazionali, il conflitto yemenita costituirebbe un enorme business per alcune potenze internazionali. Con l’approvazione dei loro Governi, molte aziende occidentali forniscono servizi di intelligence, supporto logistico e armamenti alla coalizione saudita che opera in Yemen. L’utilizzo di bombe a grappolo britanniche e di armamenti statunitensi, secondo la testimonianza di Amnesty International, sarebbe una delle cause delle numerose morti civili e, nonostante la richiesta ONU di procedere ad un’inchiesta in merito a queste stragi, ancora nessuna risposta esaustiva sarebbe giunta dall’Arabia Saudita.

A tal proposito, le Nazioni Unite affermano che da quando è iniziata l’offensiva saudita a sostegno di Hadi, il conflitto avrebbe causato circa 32000 tra morti e feriti e avrebbe portato allo sfollamento interno di 2,3 milioni persone e alla migrazione di altri 120000, principalmente in direzione Gibuti e Somalia. Entrambe le parti sarebbero, inoltre, colpevoli della morte di civili: l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha stimato che gli attacchi aerei della coalizione saudita avrebbero causato quasi i due terzi delle vittime civili segnalate, mentre gli Houthi sono accusati del massacro di civili perpetrato durante l’assedio di Taiz, terza città yemenita.

La forza intrinseca delle due coalizioni e la potenza di frammentazione data dagli attori indipendenti, induce a pensare che un’eventuale soluzione di lungo periodo deriverà dalla vittoria di un solo contendente con il conseguente portato di repressione e disequilibrio. Anche se si dovesse giungere ad una pacificazione apparente, dunque, le radici del conflitto rischiano di non poter essere eradicate per molto tempo.

Fonte:http://nena-news.it

3 agosto 2016

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