WTO: verso un cattivo accordo? L’Italia non firmi e guidi la protesta in Europa!


Monica Di Sisto


CRBM, Crocevia, Fair e la Fondazione Responsabilità Etica lanciano la mobilitazione contro l’ennesimo tentativo di chiudere il Doha Round. Per gli interessi di pochi, e nemmeno dell’Italia.


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WTO: verso un cattivo accordo? L'Italia non firmi e guidi la protesta in Europa!

Si è riunito il 18 luglio a Bruxelles il Consiglio degli Affari Generali UE (CAGRE), nelle stesse ore in cui a Ginevra il più alto livello tecnico degli esperti sugli scambi globali dei Governi di tutto il mondo sta cercando di chiudere il ciclo di negoziati dell'Organizzazione Mondiale del Commercio lanciato a Doha nel 2001. Il 21 luglio prossimo, inoltre, tutti i ministri al commercio dei Paesi membri della WTO arriveranno a Ginevra per mettere nero su bianco tutti i dettagli.
 
Questo accordo nasconde un doppio inganno.

 
I nuovi trattati non porteranno alcuna nuova opportunità per i Paesi più poveri, sacrificati all'altare della crescita illimitata di pochi Paesi emergenti come Brasile, India e Cina. Paesi che, tuttavia, hanno pezzi importanti del loro Prodotto interno lordo che vanno a far cassa ai fatturati di quei gruppi transnazionali dell'agroalimentare, dell'industria, della chimica e dei servizi che posseggono la proprietà di sempre più terre, fabbriche e risorse di questi Paesi, e che non garantiscono alcun beneficio in più ai loro cittadini. Anzi, villaggi e popolazioni di intere regioni devono scegliere tra diventare (in pochi) manodopera sfruttata, oppure abbandonare casa e terra e (in tanti, per lo più donne e bambini) riparare altrove.
 
Il pacchetto di liberalizzazioni commerciali in discussione rappresenta un gravissimo pericolo per il settore industriale e per quello agricolo del nostro Paese.
Confindustria ha già avvertito nei mesi scorsi il Governo che la nostra industria, già in grave difficoltà, non potrebbe reggere il colpo di una concorrenza massiccia e frontale di prodotti più economici, anche se qualitativamente discutibili. Le organizzazioni dei produttori, ma anche lo stesso ministero dell'Agricoltura, hanno lanciato un segnale d'allarme per il vino e l'ortofrutta italiano, che sarebbero travolti da derrate di qualità inferiore ma a prezzi stracciati, proprio come sta succedendo in tanti tra i Paesi più poveri del mondo.
 
Il malcontento cresce in Europa rispetto all'operato del Commissario al Commercio Peter Mandelson,
che non ha mai rappresentato il corretto punto di equilibrio tra le politiche e gli orientamenti dei nostri diversi Paesi. Il primo ministro Sarkozy lo ha attaccato più volte frontalmente, parlando di una perdita potenziale di milioni di posti di lavoro nel nostro continente a seguito delle sue scelte scriteriate. La responsabilità di presidente di turno dell'Unione, molto probabilmente non gli consentiranno di rappresentare ancora i moti di scontento che pur crescono, anche all'interno del nostro stesso Governo.
E' arrivato il momento, per il nostro Paese, di prendere la leadership del malcontento. L'Italia può e deve prendere la parola, riconoscendo nella crisi che sta vivendo quegli stessi problemi che hanno messo in ginocchio tante economie fragili tra i Paesi in via di sviluppo.
 
Dobbiamo e possiamo dire no ad una crescita che non sta creando nel nostro Paese né occupazione né opportunità di produzione innovative, sostenibili e di qualità;
Dobbiamo e possiamo dire no ad un agenda negoziale che favorisce i grandi gruppi nella loro fuga verso Paesi che non pongono loro alcuna regola, né di concorrenza né di convivenza su questo Pianeta;
Dobbiamo e possiamo dire no ad un accordo che potrebbe danneggiare irrimediabilmente l'economia reale di questo Paese.
 
Campagna per la Riforma della Banca Mondiale/Mani Tese, Centro Internazionale Crocevia, l'equosolidale Fair e Fondazione Responsabilità Etica, che da anni monitorano l'andamento dei negoziati promuovendo l'Osservatorio italiano sul commercio internazionale Tradewatch,
– chiamano alla mobilitazione tutte le forze sociali, della società civile e di movimento perché tengano alta l'attenzione su scelte tanto importanti che discretamente saranno negoziate a Ginevra;
– chiedono a tutti di tempestare le email dei ministri italiani direttamente coinvolti nei negoziati Franco Frattini (segreteria.frattini@esteri.it, fax 0636912006) , Adolfo Urso (segreteria@mincomes.it, fax 0659647504) e Luca Zaia (ministro.capo.segreteria@politicheagricole.gov.it, fax 067446178) con un semplice messaggio: Non firmate l'accordo WTO
– chiedono a tutti i gruppi, le organizzazioni, i movimenti e i cittadini di aderire e far circolare l'appello alla mobilitazione promosso dalle nostre organizzazioni in coordinamento con la rete internazionale Our World Is Not For Sale, di promuovere iniziative di sensibilizzazione e di protesta, di seguire l'andamento dei negoziati e delle iniziative sui siti di CRBM (www.crbm.org) e Fair (www.faircoop.it/fairwatch.htm) che verranno aggiornati in tempo reale;
– chiedono ai rappresentanti del nostro Governo di levare alta nel CAGRE e a Ginevra la preoccupazione del nostro Paese rispetto agli impatti certi di questi accordi;
– chiedono ai rappresentanti del nostro Governo di sfiduciare pubblicamente il Commissario al Commercio Peter Mandelson e di non firmare alcun accordo che possa danneggiare ancora di più la nostra società come quella dei Paesi più poveri nel mondo.

WTO: IL GOVERNO ITALIANO NON FIRMI
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I ministri di decine di Paesi, tra cui gli USA, UE, Brasile, India, Indonesia, Filippine, Sud Africa, Kenya ed Egitto, si incontreranno a Ginevra il 21 luglio per far giungere a conclusione i negoziati dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) lanciati a Doha nel 2001. Dopo anni di negoziati, di Conferenze Ministeriali inconcludenti, di fallimenti e ripartenze come a Seattle, Cancun e Hong Kong, questa è l'ultima chance prima delle elezioni statunitensi. I Governii sono in cerca di un accordo a tutti i costi tenendo volutamente in secondo piani le reali emergenze del pianeta come la crisi alimentare, i prezzi dell'energia, il surriscaldamento del pianeta, la povertà globale e il debito.
Se il Doha Round verrò concluso, i principali beneficiari della liberalizzazione saranno le grandi imprese, ma con pesanti ripercussioni sull'ambiente e sui lavoratori, gli agricoltori, le donne, i consumatori di tutto il pianeta. Sebbene definito "Round per lo sviluppo", un accordo sul Doha Round avrebbe come conseguenze reali:
– Perdita di posti di lavoro, de-industrializzazione di intere aree, che rimarranno precluse ad un vero sviluppo sociale ed ambientale per i decenni a venire. I Paesi ricchi chiedono ai cosiddetti paesi in via di sviluppo l'apertura di "nuovi accessi al mercato," che significa abbattimento dei dazi su manufatti e sullo sfruttamento delle risorse naturali;
– Lo sviluppo rurale, la sovranità alimentare, la stessa sopravvivenza dei contadini saranno ancora più sotto pressione. Mentre Stati Uniti ed Europa continuano a sovvenzionare i loro esportatori agro-alimentari, mettono milioni di piccoli agricoltori in casa propria e nei Paesi in via di sviluppo a rischio sostenibilità. Una politica scandalosa, soprattutto se sostenuta di fronte a una crisi alimentare globale.
Maggiore privatizzazione e deregolamentazione dei servizi, anche in settori chiave come la finanza e l'energia. La recente instabilità sui mercati mondiali dimostra la necessità di un maggiore intervento e di una supervisione del mercato finanziario globale, non di una maggiore deregolamentazione.
Una maggiore capacità d'intervento della WTO si tradurrebbe in maggiori ostacoli nella lotta ai cambiamenti climatici, perché il profitto verrebbe sempre messo al primo posto rispetto alla nostra salute, come dimostrano i milioni di euro in sanzioni commerciali che ogni anno l'Europa paga agli Stati Uniti per essersi rifiutata di importare carne agli ormoni cancerogena.
I maggiori perdenti saranno i Paesi più poveri e quelli in crisi come il nostro. Le proiezioni economiche nel caso di un eventuale accordo si tradurrebbero, secondo diversi think thank tra cui la stessa Banca Mondiale, in una progressiva perdita di posti di lavoro, in una riduzione dello spazio politico e nella perdita di entrate tariffarie per i Paesi in via di sviluppo che saranno di gran lunga superiori ai presunti benefici che deriveranno dal Development Round.
Non ci possiamo permettere il rischio di una conclusione del Doha Round. I movimenti sociali e le organizzazioni della società civile di tutto il mondo devono unirsi per opporsi all'agenda delle multinazionali e della Wto.

Per questo come Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Crocevia, Fair e Fondazione per la Responsabilità Etica, aderenti alla rete globale Our World Is Not For Sale vi invitiamo a seguire giorno per giorno lo svolgimento dei negoziati sui nostri siti www.crbm.org, www.faircoop.it/fairwatch.htm e sul sito dell'Osservatorio italiano sul commercio internazionale www.tradewatch.it e a far sentire più forte possibile il vostro dissenso.

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