Vittime non intenzionali


L'Osservatore Romano


Sono 1300 i civili uccisi nei raid compiuti dalla coalizione internazionale in Siria e in Iraq, cifra sottostimata secondo diverse ong.


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Oltre 1.300 «vittime non intenzionali»: così la coalizione militare, guidata dagli Stati Uniti per scardinare il sedicente stato islamico (Is) in Medio oriente, ha definito i civili morti nei raid aerei condotti in Iraq e Siria dal 2014.

Nel comunicato rilasciato ieri la coalizione ha parlato anche di «morti non deliberate». I numeri forniti sono discrepanti rispetto ai dati raccolti da altre organizzazioni. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, il bilancio delle vittime sarebbe, infatti, di 3.800 morti, di cui circa un migliaio bambini deceduti solamente in Siria.

Questi dati si incrociano con i numeri forniti dall’ong Airwars, che in questi anni ha monitorato la portata degli scontri insieme ad Amnesty international: il loro rapporto, rilasciato un mese fa, ha rivelato che oltre 1.600 civili sono stati uccisi soltanto nell’offensiva del 2017 sulla città siriana di Raqqa, di fatto quartier generale dell’Is. Per Donatella Rovera, consulente per la gestione delle crisi di Amnesty international, la coalizione militare alleata «nega profondamente» i numeri effettivi dei civili morti, e chiede la «necessità di indagini più approfondite per esaminare se gli attacchi siano conformi al diritto internazionale umanitario».

Dai dati emerge che il picco di civili coinvolti si è verificato nella seconda metà del 2017, quando la coalizione ha bombardato Raqqa, e tra ottobre 2018 e marzo 2019, quando sono aumentati i raid sulla città di Hajin, nella Siria orientale. Lynn Maalouf, direttore dell’ufficio di ricerche per il Medio oriente, già tempo fa aveva sottolineato l’importanza di una seria investigazione circa le vittime civili provocate dalle forze della coalizione, «perché se non si impara dagli errori, tali fatti rischiano di ripetersi continuamente». D’altra parte — ha aggiunto — anche il governo di Assad e i suoi partner internazionali hanno una pesante responsabilità per decine di migliaia di vittime.

Osservatore Romano

01 giugno 2019

 

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