Unesco: “Hebron è patrimonio palestinese dell’umanità”


NEAR EAST NEWS AGENCY


Con dodici voti a favore la città vecchia, colonizzata e militarizzata da Israele, entra nella lista dei siti protetti. La nuova risoluzione dell’agenzia Onu fa infuriare Israele che parla di oltraggio


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Dopo la Basilica della Natività di Betlemme, dopo il villaggio di Battir in Cisgiordania e dopo la risoluzione sulla difesa di Gerusalemme, l’Unesco fa di nuovo infuriare Israele. Affatto disturbata dalle minacce di taglio dei fondi che negli ultimi anni Tel Aviv ha mosso, appoggiato dagli Stati Uniti, l’agenzia dell’Onu ha ieri approvato una risoluzione altrettanto storica e per certi versi ancora più potente di quella sulla Città Santa.

Con dodici voti a favore, tre contrari e sei astenuti, l’Unesco ha riconosciuto la città di Hebron patrimonio palestinese dell’umanità e affermato che i suoi siti religiosi e storici sono “in pericolo”. Ha riconosciuto la Moschea di Abramo (chiamata da Israele la Tomba dei Patriarchi), divisa in due e militarizzata dopo il massacro di 29 fedeli musulmani in preghiera nel 25 febbraio 1994 per mano di un colono estremista, Baruch Goldstein. Ha riconosciuto la città vecchia, gioiello di architettura, luogo che racconta le tante epoche storiche trascorse dalla sua fondazione, nel quarto millennio prima di Cristo.

Dal 1967 Hebron è occupata militarmente come il resto dei Territori, è stata la prima città a veder sorgere una colonia – Kiryat Arba, costruita un anno dopo la guerra dei sei giorni – e a subire un ulteriore assedio a partire proprio dalla strage del 1994: la divisione della città in due aree, H1 e H2 (una sorta di Area A e Area C), ha distrutto il tessuto sociale ed economico della città vecchia. Oggi chiusa da oltre 100 blocchi interni, controllata da duemila soldati israeliani a difesa di qualche centinaio di coloni che hanno occupato palazzi e ora puntano a congiungerli con un’unica cintura di colonie, ha visto crollare il numero di palestinesi residenti, chiudere migliaia di negozi, perdere Shuhada Street, la via commerciale e culturale dell’intera Hebron.

Preda delle mire israeliane da decenni, Hebron rappresenta molto per l’ultranazionalismo di destra che ha scalato le vette del governo di Tel Aviv. Per questo è comprensibile l’ira che ha accompagnato ieri la notizia del riconoscimento Unesco, che l’intervento dell’ambasciatrice Usa all’Onu, Nikki Haley, pareva aver scongiurato: sembra che il rappresentante di Israele all’Unesco, Carmel Shama-Hacohen abbia aggredito la scrivania del presidente della sessione dopo il voto accusandolo di aver fatto saltare il voto palese chiesto da Tel Aviv.

Da Israele intanto si alzava la voce del ministro dell’Educazione, il colono Naftali Bennett, che ha definito l’agenzia l’Onu “uno strumento politico e non un’organizzazione professionale”: “La connessione ebraica con Hebron risale a migliaia di anni fa – ha aggiunto – Hebron, il luogo dove è nato il regno di re David, e il sito della Tomba dei Patriarchi sono le nostre più antiche eredità”.

Molto diversa la reazione palestinese: la ministra del Turismo dell’Anp, Rula, Maayah, ha parlato di “sviluppo storico perché riconosce che Hebron appartiene storicamente al popolo palestinese”. La speranza, non sottaciuta, è quella di una protezione internazionale della città soffocata da decenni di occupazione e colonizzazione interna. Una protezione resa difficile dalla posizione israeliana nei confronti dell’Unesco e, in generale, delle missioni dell’Onu, spesso bloccate o impedite, in alcuni casi addirittura rispedite indietro con un divieto di ingresso nel paese.

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