Un patto di amicizia e di alleanza


L’Osservatore Romano


Nel primo anniversario del documento sulla fratellanza umana.


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A fondamento del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune — di cui abbiamo la gioia e ci assumiamo la responsabilità di celebrare il primo anniversario — ci sono preghiera intensa e sincera, riflessione ponderata e condivisa, impegno convinto e profetico. Lo si evince dal singolare peso spirituale che il documento esibisce e, di conseguenza, dal peso culturale e politico — nel senso alto della parola che c’invita a essere cittadini della cosmopoli che si va non senza fatica e resistenze delineando all’orizzonte — che in prospettiva il documento riveste.

Non si tratta, dunque, d’un atto diplomatico congiunturale, ma di una dichiarazione solenne che esprime una presa di coscienza nuova e un impegno di significato strategico e universale da parte di due istituzioni rappresentative di una porzione considerevole, anzi della porzione la più ampia e diffusa, della famiglia umana.

Un simile atto presuppone, da un lato, il mettersi di fronte a Dio dei due partner che ne hanno sigillato l’impegno per chiederGli, nella disponibilità piena a obbedire al Suo volere: “che cosa Tu vuoi da noi oggi?”. E, dall’altro, un attento discernimento, alla luce della propria rispettiva fede nel progetto di Dio sulla storia umana, del drammatico e per tanti aspetti cruciale momento che oggi attraversa l’umanità, per chiedersi e insieme dare risposta alla domanda: “Che cosa dobbiamo fare noi, oggi, per essere fedeli al disegno di amore di Dio per servire nella pace, nella giustizia, nella solidarietà tutta la famiglia umana?”.

Per la Chiesa cattolica — come ha scritto Benedetto XVI — i documenti del concilio ecumenico Vaticano II che, pur nella loro brevità, sono stati di fatto i più ricchi di conseguenze per la missione della Chiesa in questa nuova epoca della storia sono il decreto Nostra aetate sul rapporto tra la Chiesa e le altre religioni e il decreto Dignitatis humanae sulla libertà religiosa.

Si tratta di due documenti che, idealmente, sono strettamente legati l’uno all’altro e il cui spirito ha spinto con forza Papa Francesco a firmare, da parte cattolica, il Documento sulla fratellanza umana. Una delle rappresentazioni più eloquenti dell’immagine evangelica di Chiesa propiziata dal concilio — come ha sottolineato san Giovanni Paolo II — è stata in effetti quella che il mondo ha contemplato nella Giornata mondiale di preghiera per la pace delle religioni vissuta ad Assisi nel 1986, che è diventata l’icona luminosa d’una pagina nuova nella storia dell’incontro tra le religioni e del loro servizio alla famiglia umana.

Il documento siglato da Papa Francesco e dal Grande imam di al-Azhar segna un’ulteriore, incancellabile pagina in questo cammino di realizzazione del messaggio profetico del Vangelo di Gesù rilanciato dal Vaticano II.

Il punto nevralgico attorno a cui gravita il Documento sulla fratellanza umana l’ha sottolineato Papa Francesco nell’udienza generale del mercoledì seguita al viaggio ad Abu Dhabi: «In un’epoca come la nostra, in cui è forte la tentazione di vedere in atto uno scontro tra le civiltà cristiana e quella islamica, e anche di considerare le religioni come fonti di conflitto, abbiamo voluto dare un ulteriore segno, chiaro e deciso, che invece è possibile incontrarsi, è possibile rispettarsi e dialogare, e che, pur nella diversità delle culture e delle tradizioni, il mondo cristiano e quello islamico apprezzano e tutelano valori comuni: la vita, la famiglia, il senso religioso, l’onore per gli anziani, l’educazione dei giovani, e altri ancora».

Se infatti — per i cristiani e per i musulmani — Dio è il Creatore e il garante misericordioso e provvidente di ogni espressione della vita nella casa comune che ci ospita, noi di conseguenza siamo membri di un’unica famiglia, fratelli e sorelle, responsabili gli uni degli altri. E come tali dobbiamo riconoscerci. È questo il criterio fondamentale che la fede ci offre per gestire e promuovere la convivenza umana, per interpretare le diversità che sussistono tra noi, per disinnescare i conflitti, per costruire la pace.

La novità che segna lo spirito del Documento sulla fratellanza umana è quella che san Paolo VI — con la visione alta e lunga dell’uomo di Dio — sintetizzava nell’enciclica programmatica del suo pontificato, l’Ecclesiam suam, quando scriveva che la missione della Chiesa, oggi, prende il nome di dialogo.

Perché aprirsi all’altro, scoprire i valori di cui egli vive e farsi testimone presso di lui dei valori in cui ognuno di noi crede, camminare insieme e cooperare per la giustizia e la pace, significa credere e annunciare la verità e la vita che vengono da Dio: quella verità e quella vita che, come cristiani, contempliamo e accogliamo da Dio in Gesù il Messia e Signore.

Questo implica vivere la nostra identità — ci dice Papa Francesco con indomita energia — nel «coraggio dell’alterità». È questa la soglia che oggi ci è chiesto di attraversare. Solo così la fedeltà a Dio si fa principio di storia nuova, fondamento sincero della costruzione di una civiltà dell’alleanza che abbraccia nella pace e nello scambio dei doni la ricchezza delle differenze: di fede, di cultura, di pensiero e di prassi.

Bisogna aver fede insieme — di questo è limpida testimonianza il Documento sulla fratellanza umana — che ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio: e che l’unica forza capace di trasformare il mondo è la misericordia di Dio e, in presa diretta da essa, l’amore per Dio e per i fratelli e le sorelle che si fa amore reciproco tra loro.

In questo spazio di apertura, di sincerità, di collaborazione si potranno e si dovranno sciogliere, con pazienza, prudenza, discernimento e coraggio, i nodi che ancora ci sono e che dobbiamo affrontare con fede in Dio e reciproca fiducia tra noi.

La luce la darà Dio. E Dio è là, e solo là, dove regna l’amore. Anche nella prova e nelle difficoltà.

Le religioni non sono un sistema chiuso, dato una volta per tutte, ma sono in cammino verso Dio e le une verso le altre: lo Spirito di Dio c’incalza e noi siamo chiamati ad ascoltarlo e ad assecondare con slancio la sua ispirazione e la sua guida.

Le prospettive che si aprono davanti a noi sono di enorme portata per la storia dell’umanità!… se sapremo cogliere e apprezzare lo spirito che anima il documento e interpretarne creativamente le proposte e incarnarne nella concretezza del nostro impegno le esigenze. Sono soprattutto due le prospettive che concretamente c’impegnano.

In prima battuta, la prospettiva di educarsi ed educare a una cultura dell’incontro, della fraternità, della pace. È prioritario pertanto rivedere, in questa luce, i percorsi di educazione e di studio che viviamo nelle nostre comunità, nelle nostre scuole, nei nostri istituti di formazione, nelle nostre università.

Come ha scritto Papa Francesco nel suo discorso al Founder’s Memorial di Abu Dhabi: «Alla celebre massima antica “conosci te stesso” dobbiamo affiancare “conosci il fratello”: la sua storia, la sua cultura e la sua fede, perché non c’è conoscenza vera di sé senza l’altro. Da uomini, e ancor più da fratelli, ricordiamoci a vicenda che niente di ciò che è umano ci può rimanere estraneo. È importante per l’avvenire formare identità aperte, capaci di vincere la tentazione di ripiegarsi su di sé e irrigidirsi».

Un’occasione propizia ci è proposta quest’anno, in felice sintonia con lo spirito e l’impegno del Documento sulla fratellanza umana: la celebrazione del Global Compact of Education che vedrà riuniti a Roma, il 14 maggio prossimo, esponenti delle religioni, delle nazioni, delle istituzioni educative da tutto il mondo: «Si tratta — ha sottolineato Papa Francesco nel discorso ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede il 9 gennaio scorso — di un incontro volto a “ravvivare l’impegno per e con le giovani generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta ed inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione. Mai come ora, c’è bisogno di unire gli sforzi in un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna”».

In seconda battuta si tratta di lavorare, a tutti i livelli, per la giustizia e la solidarietà nella logica appunto della fraternità universale: con il cuore e la mente aperti al mondo intero, ma con le mani nella pasta delle concrete situazioni che viviamo qui oggi. Ci esorta Papa Francesco: «Le religioni siano voce degli ultimi, che non sono statistiche ma fratelli, e stiano dalla parte dei poveri; veglino come sentinelle di fraternità nella notte dei conflitti, siano richiami vigili perché l’umanità non chiuda gli occhi di fronte alle ingiustizie e non si rassegni mai ai troppi drammi del mondo».

Nell’anniversario della firma del Documento sulla fratellanza umana siamo chiamati ad aderire con gioia e convinzione a questo impegno. Stringendo tra cristiani e musulmani un patto di amicizia, di più un patto di alleanza: sotto lo sguardo di Dio, a cui chiediamo con fede la sovrabbondante benedizione della Sua misericordia. E volgendo il nostro sguardo alla Vergine Maria che per noi tutti, cristiani e musulmani, è il modello, anzi la forma viva dell’apertura e dell’obbedienza senza condizioni alla volontà ostinata di bene e di pace di Dio.

di Piero Coda

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