Ue: 4,5 miliardi all’Africa nel 2009
Ismail Ali Farah - nigrizia.it
Il 9% del budget dell’Unione Europea è andato nel 2009 alla cooperazione. Gran parte dei fondi sono stati stanziati per i paesi Africa, Caraibi, Pacifico (Acp), nell’ambito degli accordi di Cotonou. Tajani: Africa come fonte privilegiata di materie prime.
Virtuosa la relazione annuale della Commissione Europea sui fondi destinati alla cooperazione dall’Unione Europea (Ue). Lo sembrerebbe, almeno nei numeri: 12 miliardi di euro, pari al 9% del budget totale Ue (143 miliardi di euro). Di questi, oltre 4,5 miliardi sono stati stanziati per il continente africano: 618 milioni per il nord Africa e 3,9 miliardi di euro per l’Africa sub-sahariana. Cifre già stabilite per il biennio 2008-2009 e che costituiscono “l’altra faccia” degli Accordi di Cotonou, rinnovati il 19 marzo scorso.
I trattati, siglati tra Ue e paesi dell’area Africa, Caraibi e Pacifico (Acp), regolamentano le relazioni politiche, commerciali , di investimento e di aiuto allo sviluppo tra i due soggetti, accompagnando gradualmente i paesi Acp verso la totale apertura dei loro mercati nell’economia globale. Per fare questo il Fondo europeo di sviluppo si è dotato di 22,7 miliardi di euro destinati, nel quinquennio 2008-2013, ad attenuare il grave impatto sociale che verrà dall’apertura di questi mercati. I paesi che più hanno usufruito di questi fondi sono stati l’Etiopia, il Mozambico, il Mali, lo Zambia e il Sudafrica.
Debole la voce degli aiuti che fa riferimento alla crisi economica mondiale: l’estate scorsa l’Ue ha deciso di stanziare appena 500 milioni di euro per aiutare i paesi Acp a sostenere i propri deficit di bilancio. Per quel che riguarda l’Africa, 11 paesi africani hanno ricevuto complessivamente 160 milioni di euro, tramite lo strumento V-Flex (Flex Vulnerability), creato per finanziare in modo diretto i budget statali. Sospesi da questo meccanismo Madagascar e Niger, dopo i golpe avvenuti nei paesi.
Riguardo il sostegno alimentare, l’Ue ha stanziato, tra il 2008 e il 2009, 1 miliardo di euro, mentre si è impegnata a fornire entro i prossimi due anni 2,4 miliardi per far fronte ai cambiamenti climatici.
Si tratta di cifre apparentemente in controtendenza con quanto avviene invece nei singoli paesi.
Secondo l’ultimo rapporto di Action Aid (“L’Italia e la Lotta alla povertà: Italia fuori gioco”, 2010), l’Italia, prima fra tutti a tagliare gli aiuti, ha destinato nel 2009 (anno della presidenza del G8), appena lo 0,16% del Pil in aiuto pubblico allo sviluppo. Ben lontano dall’obiettivo collettivo europeo dello 0,56%, il Belpaese avrebbe operato un taglio del 34% rispetto all’anno precedente.
Gli “affari” sembrano invece essere l’indirizzo di Roma, in qualche modo ben rappresentata a Bruxelles dall’on. Antonio Tajani, vice presidente della Commissione europea e responsabile per l’industria e l’imprenditoria. Secondo l’on. Tajani il continente africano sarebbe, infatti, un partner strategico da cui attingere materie prime: 14, per la precisione. Una lista redatta da esperti individuerebbe in queste, un elemento fondamentale per la sopravvivenza dell’economia europea. In cambio, il vice presidente della commissione offre ai paesi africani infrastrutture, indispensabili per trasportare le materie prime e facilitarne il processo di esportazione.
Un pragmatismo che cresce, in tempi di manovre economiche che promettono ‘lacrime e sangue’ per i prossimi anni. Pragmatismo che si è manifestato anche nel nuovo governo di coalizione britannico. Lo scorso mese, infatti, il conservatore Andrew Mitchell, neo segretario di stato per lo sviluppo internazionale, ha ammonito organizzazioni internazionali quali Onu, Banca Mondiale e Croce Rossa Internazionale: «Producano i risultati dei loro programmi o affrontino i tagli», così ha dichiarato a poche settimane dal suo insediamento. Più “morbido” il Foreign Office: «Gli aiuti non sono un dono del governo – ha detto il ministro degli esteri William Hague – ma il frutto della generosità dei cittadini britannici e contribuiscono a dare un’immagine positiva della Gran Bretagna».
Fonte: Nigrizia.it
1 luglio 2010