Ucraina: ONU lancia appello sul nucleare
La redazione
Dopo che Ucraina e Russia si sono accusate vicendevolmente di bombardare la centrale nucleare di Zaporizhzhia, l’ONU lancia un appello per demilitarizzare l’area. E Putin aumenta i bombardamenti.
“Questo impianto non deve entrare in alcuna operazione militare. È necessario urgentemente un accordo a livello tecnico per stabilire un perimetro di sicurezza e demilitarizzazione, in modo da garantire la sicurezza dell’intera area”. Con questo appello il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha accompagnato l’ultima riunione del Consiglio di Sicurezza, convocata ieri pomeriggio per discutere della situazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, dopo che nei giorni scorsi Ucraina e Russia si erano accusate vicendevolmente di aver colpito la struttura durante le rispettive operazioni militari. Un appello che purtroppo difficilmente verrà ascoltato.
Minaccia nucleare?
La centrale nucleare di Zaporizhzhia è il più grande impianto nucleare sul suolo europeo e uno dei più grandi al mondo. È situato vicino alla località di Enerhodar, e dall’inizio di marzo si trova sotto il controllo delle truppe russe. Il suo funzionamento è stato però garantito dalla presenza di tecnici Ucraini, a cui è stato permesso di continuare a operare. Due lavoratori hanno però descritto a BBC News una situazione in cui “i soldati [russi] girano ovunque armati, e chiunque è di fatto tenuto sotto tiro”. Hanno inoltre raccontato di come alcuni tecnici siano stati rapiti dagli occupanti. La situazione presso la centrale atomica nel corso della riunione del Consiglio di sicurezza è stata definita da Rafael Mariano Grossi, direttore della Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), come “molto allarmante”, sottolineando che “queste azioni militari nei pressi della struttura possono portare a conseguenze molto serie”. Ricapitolando gli ultimi eventi, Grossi ha confermato che lo scorso 5 agosto l’impianto è stato colpito da diverse esplosioni, causando un arresto della potenza. Un reattore è stato così disconnesso dalla griglia elettrica, facendo scattare il sistema di emergenza e innescando i generatori ausiliari. Il direttore ha poi confermato che, nonostante i pompieri siano riusciti ad estinguere le fiamme, è necessario procedere a ulteriori verifiche per provvedere a riparare gli eventuali danni. Fortunatamente, la valutazione preliminare degli esperti IAEA ha concluso che non ci sia una immediata minaccia nucleare. Grossi ha però concluso il suo intervento chiedendo che entrambi i lati permettano all’Agenzia di condurre una missione a Zaporizhzhia il prima possibile.
Botta e risposta?
Ma, anche alla riunione del Consiglio di sicurezza, la Russia non ha fatto un passo indietro, continuando a sostenere che le forze Ucraine abbiano usato artiglieria pesante contro la centrale il 5 agosto e il giorno successivo, e incolpando Kiev di essersi rifiutata di siglare un documento trilaterale elaborato proprio dalla IAEA. Il rappresentante permanente russo, Vasyl Nebenzia, ha poi fatto sapere che il suo paese non è d’accordo con la proposta di creare una zona demilitarizzata attorno alla centrale di Zaporizhzhia. In risposta, il rappresentante ucraino ha insistito sul fatto che il ritiro delle truppe russe sia l’unico modo di garantire la sicurezza, sottolineando come la Russia abbia fatto di tutto per manipolare le condizioni per una ispezione ufficiale dello IAEA alla centrale, e sostenendo che una simile visita debba necessariamente includere anche esperti militari. Nel frattempo, Energoatom, la compagna ucraina che gestisce l’impianto, ha dichiarato che l’area circostante è stata attaccata altre cinque volte nella sola giornata di ieri. Alcuni colpi sarebbero arrivati addirittura vicino al deposito dove è custodito il materiale radioattivo. Insomma, molte battute e smentite, ma per ora nessun reale sviluppo per evitare una futura catastrofe.
E sugli altri fronti?
Nel frattempo, l’invasione dell’Ucraina è giunta ormai al 170esimo giorno, e la Russia sembra aver rinvigorito i propri sforzi, raddoppiando – secondo gli ufficiali Ucraini – il numero di attacchi aerei sulle posizioni militarie sulle infrastrutture civili. Il brigadiere Oleksiy Hromov ha però assicurato a Reuters che l’accuratezza dei bombardamenti è molto bassa, dato che i velivoli russi cercano di evitare la contraerea. Nel frattempo, è iniziata l’evacuazione della zona di Donetsk: il governo ucraino è infatti determinato a trasferire almeno 220.000 dei 350.000 residenti per paura che non siano in grado di riscaldarsi al sopraggiungere dell’inverno, a causa delle infrastrutture duramente danneggiate. Segno di come la retorica della riscossa immediata abbia lasciato il posto alla consapevolezza che il conflitto sia da mesi in sostanziale stallo, e una sua risoluzione sia ancora lontana. E a confermare una simile realtà sono sia la promessa di 26 paesi occidentali di fornire a Kiev finanziamenti, equipaggiamento e addestramento per un ulteriore valore di 1,5 miliardi di euro, sia le recenti affermazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha ammonito i membri dal suo governo e le alte cariche militari di smettere di parlare di tattiche strategiche con i giornalisti. Nonostante il suo governo abbia smentito ogni coinvolgimento nell’esplosione che ha colpito una base aerea russa in Crimea, è inevitabile pensare che un simile commento fosse stato innescato dalle rivelazioni del New York Times e del Washington Post, a cui degli ufficiali ucraini avrebbero anonimamente spiegato come l’esplosione fosse il risultato di una azione di gruppi guerriglieri ucraini. “Una guerra non è decisamente il momento per la vanità e per le affermazioni a squarciagola”, ha dichiarato Zelensky. Insomma, il tempo dei proclami è finito da un pezzo.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications.