Ucraina: escalation militare e guerra di nervi


La redazione


Macron in pressing su Mosca e Kiev, che avverte “non oltrepassare le linee rosse”. E all’escalation militare si accompagna la guerra di nervi.


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MacronPutin

Prosegue febbrilmente l’attività diplomatica attorno alla crisi ucraina. Ieri l’incontro tra il presidente francese Emmanuel Macron e l’omologo russo Vladimir Putin è durato ben cinque ore al termine delle quali il leader del Cremlino ha dichiarato – tra le altre cose – che né lui né Macron vogliono una guerra Russia-Nato, che “non avrebbe vincitori”.

Ma in molti ieri, e non solo sui social, hanno ironizzato sull’immagine dei due presidenti, seduti al lungo tavolo che il protocollo del Cremlino impone per limitare i rischi di contagio, come a simboleggiare sia l’incomunicabilità tra Russia ed Europa, sia la distanza di prospettive sul futuro della sicurezza comune.

Da un lato quella dell’Occidente, che rifiuta di cedere sulla politica della ‘porta aperta’ nei confronti dei paesi, anche dell’ex blocco sovietico, desiderosi di entrare nell’alleanza; e quella di Mosca, decisa a fermare un’ulteriore espansione a est della Nato, avvertita come una minaccia sempre più prossima ai suoi confini.

Putin, che durante il colloquio ha attaccato l’Alleanza definendola “un’organizzazione tutt’altro che pacifica”, auspica tuttavia di “proseguire gli sforzi diplomatici per trovare soluzioni di compromesso”. Un incontro dagli esiti incerti, interpretato in maniera opposta da Politico, a cui è sembrata “una riedizione dell’umiliazione subita da Josep Borrell lo scorso anno” e dal Financial Times, secondo cui Putin avrebbe promesso a Macron di ritirare dalla Bielorussia 30mila soldati entro metà febbraio, e di “non avviare nuove iniziative militari”. Un dialogo “imprescindibile” per raggiungere stabilità e sicurezza secondo Macron, che al termine dell’incontro ha detto che “non ci sarà sicurezza per gli europei se non ce ne sarà per Mosca”.

Compromessi o linee rosse?

Dopo il vertice di Mosca, Emmanuel Macron ha proseguito il suo tour diplomatico a Kiev dove ha in programma un incontro con il presidente Volodymyr Zelensky. “L’Ucraina non vede l’ora di dialogare con Macron e ascoltare le notizie che ha portato da Mosca, ma non sarà costretta a superare le proprie linee rosse”, ha chiarito da parte sua il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, precisando anche quali siano le linee rosse di Kiev: nessun compromesso sull’integrità territoriale dell’Ucraina; nessun negoziato diretto con i separatisti, e nessuna interferenza nella sua politica estera.

Una dichiarazione che suona come una risposta alle voci sempre più insistenti negli ambienti diplomatici di Kiev e non solo, che la soluzione diplomatica che Macron starebbe cercando di portare a casa ruoti attorno agli accordi di Minsk. Nella sostanza, il presidente francese potrebbe chiedere a Zelensky di accettare l’interpretazione della Russia degli accordi di Minsk concedendo, di fatto, alle autorità separatiste del Donbass, un diritto di veto sulle relazioni future dell’Ucraina con l’Ue o con la Nato. Un simile accordo rappresenterebbe l’esito più temuto da parte di diversi paesi dell’Europa orientale che aspirano o sono già parte dell’Ue e della Nato.

Nelle stesse ore, i segnali di unità tra gli alleati in arrivo da Washington non convincono poi tanto. Nel corso di una conferenza stampa congiunta con il presidente Joe Biden dalla capitale statunitense, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato l’invio di altri 350 soldati in Lituania e dichiarato con fermezza che, in caso di intervento militare russo, “adotteremo tutte le misure necessarie. Saremo uniti insieme ai nostri alleati e partner”. Ma alla minaccia di Biden – secondo cui in caso di invasione “non ci sarà più un Nord Stream 2” – Scholz si è mostrato molto più cauto e ha fatto in modo di non nominare mai esplicitamente il gasdotto. È mancata, insomma, quella presa di posizione decisa e coraggiosa che gli americani avrebbero voluto da parte tedesca, per fare pressione su Mosca. La polemica riguardo al gasdotto che dovrebbe raddoppiare le forniture sull’asse Mosca-Berlino, aggirando l’Ucraina e rendendola quindi più esposta a eventuali pressioni russe, non poteva che infiammare Kiev. Ieri un incontro tra il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock e il presidente ucraino Zelensky è stato annullato seccamente, a causa di un errore di programmazione. Tuttavia, la stampa di Kiev riferisce che l’incontro sarebbe saltato a causa della riluttanza tedesca ad impegnarsi a sostenere militarmente l’Ucraina e a giocare la carta del Nord Stream 2, se la Russia dovesse procedere a un’invasione.

Guerra di nervi?

All’escalation militare in corso sulla frontiera orientale dell’Ucraina, si accompagna una guerra di nervi che accomuna tutti i leader coinvolti in questa crisi che, in modo diverso, stanno mettendo in gioco il proprio capitale politico e vogliono un ritorno sul loro investimento. Anche se non ha ancora formalmente annunciato la sua candidatura, Macron a un paio di mesi dalle elezioni si gioca un secondo mandato all’Eliseo. Dall’esito della sua mediazione dipenderà la sua immagine di statista internazionale capace di sostituirsi ad Angela Merkel nel traghettare l’Europa fuori dalla minaccia di un conflitto appena al di là dei suoi confini. Olaf Scholz invece ha sfruttato l’opportunità della prima visita alla Casa Bianca per rafforzare la sua autorità dopo un inizio traballante del proprio cancellierato, il primo dell’era post-Angela Merkel. Poi c’è Joe Biden, che, come osserva la Cnn, con l’avvicinarsi delle elezioni di medio termine e il ricordo ancora fresco della débacle in Afghanistan, ha bisogno di proiettare un’immagine di forza in patria e all’estero. Infine, Vladimir Putin. Dopo aver attirato l’attenzione del modo intero mobilitando le truppe al confine con l’Ucraina, il presidente russo è ora al centro di un’assidua staffetta di telefonate e incontri diplomatici. La settimana scorsa gli è bastata una visita a Pechino per evocare lo spettro di un asse Cina-Russia, in antagonismo con la Nato e gli Stati Uniti. Oggi, come ha ammesso Biden, solo il leader russo sa se invaderà o meno l’Ucraina.

Draghi chiama Putin

Dall’Italia intanto, anche il presidente del consiglio Mario Draghi parla con Putin. Al centro dei colloqui, secondo l’Ansa, sarebbero stati “gli ultimi sviluppi della crisi ucraina e le relazioni bilaterali”. Il premier italiano ha sottolineato l’importanza di adoperarsi per una de-escalation delle tensioni “alla luce delle gravi conseguenze che avrebbe un inasprimento della crisi”. Nella telefonata – riporta l’agenzia stampa Tass – Putin ha anche confermato l’intenzione di “continuare a sostenere stabili forniture di gas all’Italia”. Il presidente russo ha anche chiesto che l’Ucraina adempia “ai propri impegni, in particolare per quanto riguarda gli aspetti politici della risoluzione del conflitto” e insistito sull’importanza di rispettare “il principio fondamentale dell’indivisibilità della sicurezza”, ritenendo che “l’Occidente non dovrebbe costruire la propria sicurezza a spese di quella russa”. I due leader, fa sapere Palazzo Chigi, hanno concordato un impegno comune “per una soluzione sostenibile e durevole della crisi e l’esigenza di ricostruire un clima di fiducia”.

Fonte: ISPI

9 febbraio 2022

 

 

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