Tunisia: le notizie volano sul web, ma la censura continua a colpire


Bruna Iacopino


Come già successo per l’onda verde iraniana anche la protesta tunisina, visto l’elevato livello di censura e controllo sui mezzi di informazione è costretta a passare attraverso canali semi-clandestini, e trova nei social network un valido supporto…


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Tunisia: le notizie volano sul web, ma la censura continua a colpire

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come già successo per l’onda verde iraniana anche la protesta tunisina, visto l’elevato livello di censura e controllo sui mezzi di informazione è costretta a passare attraverso canali semi-clandestini, e trova nei social network un valido supporto. Blog, twitter e facebook sono a tutti gli effetti le migliori piattaforme per far viaggiare velocemente e diffondere a macchia d’olio le immagini degli scontri, le manifestazioni di piazza, i morti e feriti il cui numero continua ad essere incerto. Circolano così decine e decine di video, alcuni ripresi con telefoni cellulari, scene filmate per strada o all’interno degli ospedali, dove di corsa continuano ad essere portati i feriti, mentre la gente, nonostante l’imposizione del coprifuoco sciama ininterrottamente per le strade. Quasi a dire: da qui non si torna indietro.

La denuncia internazionale…

Il silenzio internazionale, le timide prese di posizione non convincono e anzi spaventano la popolazione tunisina e il popolo del web: “Il macabro conteggio prosegue. Governi d'occidente diteci per cortesia qual'è il vostro prezzo? A quale numero di vittime dobbiamo arrivare prima che smettiate di appoggiare i vostri protetti! Quanti morti sono necessari al Quai d'Orsay, e ad altri corrotti burattinai, perchè entriate in azione? Per favore diteci di quanti litri di sangue avete bisogno! Quanti! Signori, qual'è il numero di assassini che vi sarà sufficiente ?” Scrive così uno dei tanti blogger tunisini immediatamente censurato, la cui denuncia appariva ieri sulle pagine di Global voices. E il numero dei morti, stando al responsabile della Federazione Internazionale per i Diritti Umani, Souhayr Belhassen, sarebbe salito, ad oggi a quota 66, di contro ai 23 riportati dalle fonti ufficiali. Belhassen denuncia che nel paese è in corso un vero e proprio massacro. E di uccisioni sommarie e tortura parla anche l’alto commissario ONU per i diritti umani. "Stiamo cercando di accertare il numero delle persone uccise", ha dichiarato Navy Pillay. "Le organizzazioni umanitarie riferiscono di quasi quaranta morti, pertanto e' chiaro che si tratta del risultato dell'adozione di misure eccessive, come per esempio il ricorso ai cecchini della polizia, e l'uccisione indiscriminata di manifestanti pacifici". Per questo l’Onu chiede al Governo tunisino di avviare un’inchiesta circostanziata che faccia chiarezza sulla violenza perpetrata a danno di manifestanti pacifici.
E mentre per strada i manifestanti cadono sotto i colpi d’arma da fuoco c’è anche chi racconta (e condivide tramite social network come il gruppo FB Diamo voce alla Tunisia dato che i media non ne parlano ) di spedizioni notturne, retate per stanare i rivoltosi, funerali volutamente fermati e devastazioni inscenate dalle forze dell’ordine per poi accusare i manifestanti.

Bloggers e giornalisti sotto attacco

È di Reporters sans frontieres invece l’ennesima denuncia su sparizioni o arresti a carico di giornalisti e blogger una lista che continua ad allungarsi a riprova del fatto che come anche dimostrato ieri dall’aggressione condotta ai danni della troupe del tg3, il regime teme l’informazione libera.
Ieri, denuncia Rsf è stato prelevato dalla sua abitazione , Hamma Hammami, direttore del giornale Alternatives, e portavoce del Partito comunista dei lavoratori tunisini. E ciò dopo che su FB era stato fatto circolare un suo intervento attraverso ilo quale chiedeva le dimissioni di Ben Ali. Nello stesso giorno però sarebbero ugualmente stati arrestati Mohamed Mzem, avvocato e moderatore del gruppo "Il nous faut 25 milles tunisiens pour que l’ATI réouvre FACEBOOK", e  Monia Abid, insegnante. Mentre, continua il comunicato di RSF, non si hanno ancora notizie di Nizar Ben Hassen, giornalista di Radio Kalima (tra le prime a fornire il numero dei manifestanti uccisi) arrestato l’11 gennaio.

E sempre dal sito di RsF parte in queste ore un forte appello alla comunità internazionale ( all'UE e all'ONU) affinchè ci sia una forte reazione di condanna e vengano tutelati i diritti umani.

Fonte: Articolo21

13 gennaio 2011

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