Il treno che trasforma Gerusalemme
Nena News
Approvato il piano israeliano di estensione del percorso del convoglio dallo scalo di Tel Aviv alla Città Vecchia, parte di un più vasto piano di turisticizzazione della storia e di mummificazione dei flussi turisti, costretti in percorsi predeterminati
È notizia di lunedì l’approvazione della nuova straordinaria meraviglia tecnologica che attraverserà Gerusalemme: le autorità israeliane hanno approvato il controverso piano per l’estensione fino alla Città Vecchia del treno veloce che collega l’aeroporto di Tel Aviv con la città santa. Lo ha annunciato martedì l’ufficio del ministro dei Trasporti, Bezalel Smotrich.
Attualmente il treno veloce collega lo scalo aeroportuale con il centro della città di Gerusalemme, mentre il piano prevede che i turisti arrivino direttamente dall’aeroporto di Ben Gurion al Muro occidentale. Il progetto prevede la costruzione di altre due stazioni e l’estensione del tunnel sotterraneo di circa tre chilometri.
Avevamo già avuto modo di parlare della turisticizzazione di Israele e dei passaggi fondamentali per la realizzazione di un piano infrastrutturale per incentivare il turismo e di come esso si collochi in una strategia di apartheid ben precisa.
Nell’ambito del grande piano per la turisticizzazione di Gerusalemme e, contestualmente, della necessità di controllare i flussi in arrivo, non solo nella fase di accesso al Paese, ma soprattutto negli itinerari e nei luoghi ai quali i turisti possono accedere, per poter lavorare con il turismo di massa e concretizzare al massimo le entrate derivanti da un turismo facilmente indottrinabile sono in lavorazione nuovi progetti: il National Infrastructure Committee (NIC) ha approvato la richiesta del piano per la costruzione di una funivia nella Città Vecchia. Il progetto, che andrà a modificare il maniera sostanziale l’aspetto della città avrà ripercussioni economiche, culturali e politiche per la Città Vecchia e non solo.
Anche il progetto della Funivia, così come il treno veloce, di cui è stato dato recente annuncio, sorte vuole che arrivi al Muro del Pianto, certamente luogo simbolo della cultura ebraica. Ma le risoluzioni Onu non ritengono Gerusalemme capitale di Israele e anzi sollecitano a considerarla luogo aperto a tutte le sue confessioni.
Se fossimo malpensanti ci toccherebbe dare ragione al buon Gideon Levy che in un articolo di Internazionale del 19 luglio 2018 commentava la legge sullo Stato-nazione: “La legge mette fine anche alla farsa di uno Stato israeliano ‘ebraico e democratico’, una combinazione che non è mai esistita e non sarebbe mai potuta esistere per l’intrinseca contraddizione tra questi due valori, impossibili da conciliare se non con l’inganno. Se lo Stato è ebraico non può essere democratico, perché non esiste uguaglianza. Se è democratico, non può essere ebraico, poiché una democrazia non garantisce privilegi sulla base dell’origine etnica. Quindi la Knesset ha deciso: Israele è ebraica. Israele dichiara di essere lo Stato nazione del popolo ebraico, non uno Stato formato dai suoi cittadini, non uno Stato di due popoli che convivono al suo interno, e ha quindi smesso di essere una democrazia egualitaria, non soltanto in pratica ma anche in teoria. È per questo che questa legge è così importante. È una legge sincera.”
Cosa c’entra il nuovo treno super veloce con tutto questo? Ne è una manifestazione, una delle tante conseguenze. Israele non ha intenzione di far conoscere la storia di Gerusalemme, l’unica storia che può essere raccontata è quella del popolo ebraico ed è questa storia che i turisti conosceranno, atterrando all’aeroporto, prendendo un comodo treno veloce che li porterà a scoprire solo un pezzo di città, modificato ad hoc perché il racconto non possieda nulla di “arabo”, musulmano o cristiano.
Così come per la funivia, anche il percorso del treno terminerà proprio nei pressi della Città di David e lì torna prepotente il nome del Kedem Center all’ingresso di Silwan.
L’organizzazione nazionalista israeliana Elad, proprietaria del Kedem Center e del sito archeologico “La città di Davide” ha come obiettivo principale la colonizzazione del quartiere palestinese di Silwan e gestisce siti turistici e archeologici: in particolare a Silwan gestisce quella che viene chiamata “La Città di David”.
Scopo dichiarato di Elad è fare di Gerusalemme una città ebraica in cui la storia e il patrimonio ebraico sia predominante: questo comporta, in maniera più o meno dichiarata, a seconda delle circostanze, la necessità di sradicare qualsiasi altro tipo di cultura presente sul territorio, quella palestinese per prima. Elad impiegava 97 lavoratori a tempo pieno nel 2014 e, secondo Haaretz, ha ricevuto donazioni per oltre 115 milioni di dollari tra il 2006 e il 2013, diventando così una delle più ricche Ong israeliane.
Verrà così a essere costituita una nuova rotta di trasporto turistico, con una capacità di 3mila persone all’ora per la Città Vecchia e capace di produrre enormi profitti per i gestori che determineranno percorsi e contenuti. Gli organismi che trarranno vantaggio da questo progetto saranno Elad, che gestisce la città di David e il Centro Kedem e la Western Wall Heritage Foundation, che gestisce i tunnel del Muro occidentale.
E sarà l’ennesima esperienza indirizzata dal nazionalismo israeliano, i visitatori non saranno più liberi di muoversi all’interno di un tessuto urbano occupato e diversificato, ma saranno “incanalati” in siti come i tunnel della Città di David e del Muro occidentaledove, oltre ad addebitare un vero e proprio costo d’entrata alla città, il turista sarà anche indirizzato ancor di più verso una narrazione “chiusa”, modellata secondo le opinioni nazionali e religiose, basate putativamente su reperti archeologici selezionati tra quelli trovati, nascondendo del tutto le parti non ebraiche del passato di Gerusalemme.
L’uso dell’archeologia è dunque un ennesimo metodo di espulsione della cittadinanza palestinese, una narrazione data in pasto con facilità a un turismo sempre più distratto e superficiale.
Gerusalemme da città di vita dei suoi abitanti e della sua storica comunità a “città museo” a cielo aperto, con la peculiarità che quel museo sarà esclusivamente gestito dagli israeliani, così come da loro è gestita la totalità dell’income turistico, anche perché detengono il controllo dell’unico scalo aereo.
Al meccanismo di controllo si somma il fatto che, controllando le masse di turismo in entrata, il governo israeliano può controllare nel dettaglio anche la narrazione sulla città, sulla storia, sui siti archeologici, ampliando così in maniera velocissima la propria “pubblicità” e raccontando la propria versione della storia a una sempre crescente quantità di persone.
I percorsi turistici concepiti nel nuovo piano della Gerusalemme occupata raccontano una storia parziale, per usare un eufemismo, riesumando “prove” archeologiche che non tengono conto della stratificazione delle civiltà ma solo quelle che risultano utili per la narrazione imposta.
La prima e più banale delle modifiche è stata una vera e propria modifica del giro della città e della sua storica entrata. L’intento, da qui a qualche anno, così come sta già avvenendo, è di non far più passare i turisti per locali e luoghi frequentati e gestiti da palestinesi, con un duplice riscontro in termini economici: le tipologie di commercio storiche, gestite dai palestinesi, erano servizi per la cittadinanza, panifici, piccoli fruttivendoli, negozi che riparano scarpe, artigiani; Israele, lavorando attivamente per incentivare il turismo di massa, cambia la toponomastica della città in modo da indirizzare i flussi per nascondere del tutto l’esistenza dei palestinesi e aumentare esponenzialmente il fenomeno di mummificazione della città, ottemperando, in questo meccanismo, nel medesimo momento a più obiettivi.
Da un lato quello di arricchire esponenzialmente i centri commerciali e i nuovi negozi che nascono a uso e consumo dei turisti a Gerusalemme, dove si sentono coccolati da forme e marche che conoscono, da fast food internazionali, marchi vegan, locali fusion, uguali in tutto il mondo; dall’altra parte distruggere una parte sostanziale della memoria di una città millenaria, legata al popolo palestinese.
La mummificazione della città, il suo svuotarla della vita, è un meccanismo fisiologico di ogni massiccia turisticizzazione cittadina, un fenomeno studiato nel dettaglio dall’autorità israeliana e utilizzato esattamente alla stregua di quei meccanismi di controllo di cui parla diffusamente Neve Gordon nel testo “Israel’s occupation”, un controllo non solo sulle masse palestinesi, ma, ora, anche sulle masse provenienti da fuori, per un indottrinamento subito in maniera del tutto inconsapevole dai turisti che percorrono le vie di Gerusalemme. Nena News