Torre Maura. C’è chi dice no


Avvenire


Non si arrestano polemiche e scontri alla periferia di Roma. In strada sono scesi gli abitanti contrari alla deriva xenofoba: «Qui non siamo razzisti». A sera la nuova provocazione degli estremisti


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«Il quartiere non è quello che si è visto in questi giorni. Ci dispiace tantissimo. In questo quartiere si è sempre praticata l’accoglienza e la solidarietà in qualsiasi contesto socio-culturale, dalle scuole alle parrocchie».

Sono due insegnanti, Gianluca e Francesca, a dare voce agli “altri” residenti di Torre Maura, quelli che non ci stanno a vedersi appiccicata l’etichetta di razzisti, dopo le violente proteste di alcune centinaia di cittadini, fomentati da gruppi di estrema destra, contro il trasferimento di una settantina di rom in una struttura di via dei Codirossoni. Un atto rispetto al quale, dopo gli scontri, il Campidoglio ha fatto marcia indietro, disponendo un nuovo spostamento, a piccoli gruppi, delle famiglie rom. Un annuncio che ai manifestanti non è bastato.

Davanti all’ex clinica trasformata in struttura d’accoglienza e presidiata dalla Polizia, il presidio di protesta è proseguito anche ieri, nonostante la pioggia battente, con decine di residenti e alcuni militanti di Casapound, impegnati in dirette social col telefonino. «Fino a quando non se ne saranno andati tutti, da qua non ci muoviamo», ripetono i manifestanti. E qualcuno di loro, per la seconda volta in tre giorni, ha bloccato gli addetti che portavano il pane all’interno delle struttura: le loro buste sono state fatte sparire e qualche pezzo di pane è stato gettato a terra, com’era avvenuto martedì.

Gesti che feriscono l’animo di chi, nel quartiere, è impegnato quotidianamente nella solidarietà. Don Morrel Querickiol, parroco della comunità di Nostra Signora del Suffragio e Sant’Agostino di Canterbury, spiega che il gruppo della Caritas parrocchiale assiste chi ha bisogno «e anche i rom che sono stati oggetto della rivolta venivano spesso in parrocchia per pacchi viveri e capi di vestiario».

E sul rischio che le proteste di Torre Maura possano attecchire altrove, il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti considera: «Mi auguro che non sia un problema nazionale». E il segretario generale della Cei, monsignor Stefano Russo, invita a «evitare guerre tra poveri» e ad «attenzionare l’ambiente a tutto tondo, perché parliamo sempre di persone».

Nelle scorse ore, davanti al numero 16 di via dei Codirossoni, si è fatto vedere pure chi non intende passare per xenofobo. Come Simone, il 15enne ripreso mercoledì in un video (giovedì diventato virale sul web) mentre ribatte a un esponente del movimento di estrema destra Casapound: «State a fa’ leva sulla rabbia della gente per racimolare voti. Questa cosa di anda’ sempre contro le minoranze a me nun me sta bene», argomenta il quindicenne: «Per me, il problema è se mi svaligiano casa, non se lo fa un rom. Nessuno deve essere lasciato indietro, né italiani, né rom, né africani, né nessun altro». L’esponente di Casapound prova a incalzarlo: «Ti sembrano una minoranza i rom in Italia?». «Mi pare proprio di sì – ribatte il ragazzo –, siamo 60 milioni».

I due insegnanti, Gianluca e Francesca, sono fieri di lui: «Simone è stato anche nostro alunno». E la sindaca pentastellata Virginia Raggi lo addita ad esempio: «Ecco i veri cittadini di #TorreMaura. Grazie Simone. I giovani sono il nostro futuro – scrive su Facebook –. A Roma non c’è spazio per gli estremismi di Casapound e Forza Nuova». La prima cittadina usa parole sferzanti: «Scontri a Torre Maura causati da militanti di Casapound e Forza Nuova, sono bestie – affonda –. Non ci sto alla narrazione di una città e un quartiere razzisti, sto dalla parte dei cittadini».

Per il vicepremier Luigi Di Maio, «ci sono tensioni sociali da sgonfiare». E Raggi sul dietrofront si giustifica: «Una scelta amministrativa sbagliata, per la quale sto già prendendo provvedimenti disciplinari ». Ma Forza Nuova non desiste e annuncia per oggi una fiaccolata a Torre Maura: «Alle 19 saremo in piazza con saluti romani e le nostre bandiere», annunciano. Domani, sarà la volta di una manifestazione di Casapouund.
Rispetto alle violenze di martedì (con auto e cassonetti bruciati) gli investigatori della Digos stanno visionando immagini, su delega della procura di Roma, che indaga per danneggiamenti, minacce e istigazione all’odio razziale. Ieri, altri 16 rom sono stati trasferiti dalla struttura (dove rimangono in 40, comprese diverse donne con bambini). «Siamo ostaggi, sequestrati dal Comune», lamentano. E fra i 15 spostati due giorni fa, diversi avrebbero rifiutato la nuova sistemazione, chiedendo agli operatori comunali di essere lasciati in strada. Ieri, a lungo, la monovolume della sala operativa sociale è stata parcheggiata nella struttura, mentre all’interno si tenevano i colloqui in vista del trasferimento.

Avvenire

5 aprile 2019

Vincenzo R. Spagnolo

 

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