Tornando a Baghdad


Santo Della Volpe - articolo21.org


Nel suo "Diario di un viaggio nella guerra infinita" Santo della Volpe racconta: “E già si capisce com’è questa guerra: vale a dire che l’intera Baghdad è zona rossa, cioè a rischio autobomba o agguati militari o rapimento per giornalisti o funzionari occidentali".


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Tornando a Baghdad

“Allacciatevi le cinture e restate seduti: siamo entrati in Iraq, se sentite un fischio prolungato,sappiate che dovete avvicinarvi all’uscita d’emergenza, poco prima della cabina del pilota”.Con la cuffia allentata e a voce alta per coprire il rumore del C130,l’ufficiale dell’Aereonautica militare ci sta dicendo che siamo entrati nella zona del pericolo, cioè di guerra. Volo speciale,a bordo  siamo in pochi,il generale vice comandante della NATO,un gruppo di 3 ragazzi iracheni che studiano all’accademia militare italiana (tornano in vacanza  a Baghdad) e noi due, Claudio Rubino, telecineoperatore del Tg3 ed io, col cuore in gola sorvolando terre che ho conosciuto ed attraversato più volte dalla guerra del golfo del 1991, sino alla vigilia dell’ultima guerra del 20 marzo 2003, quella ufficialmente conclusa, in realtà mai finita.

Ed arrivando a Baghdad si capisce perché: innanzitutto perché l’atterraggio è veloce e con un rapida discesa,per evitare colpi possibili da terra. E poi perché da subito sulla pista,elicotteri atterrano e partono in continuazione, sbarcano soldati americani armati di tutto punto, occhi stanchi,in silenzio, si appisolano per lo stress sulle panche della sala d’attesa di un capannone  prefabbricato, Intorno bunker di cemento armato,alte recinzioni a “T” coperte di filo spinato, delimitano stretti corridoi di passaggio, Il tenente Mancini, della Nato,nostra guida ed angelo custode,ci aspetta.Ad un suo cenno cordiale ma deciso,dobbiamo indossare giubbotti antiproiettile pesanti e un elmetto bianco che la Rai ci ha fornito per l’occasione.

Fa già caldo,sudiamo,ma dobbiamo muoverci in fretta; gli elicotteri americani sono già sulla pista a motori accesi,saliamo velocemente:il convoglio è composto da 3 elicotteri,in testa ed in coda i due Apache armati ,noi in centro, Volo tattico, perché c’è il generale Nato con noi (lo conosceremo poi,una persona squisita),; vuol dire  con tre tappe intermedie per evitare agguati. SI sale e si scende in basi fortificate con persone armate con mitragliere pesanti   in ogni angolo, si fa per evitare possibili agguati,perché si da il tempo di identificare chi a terra potrebbe armare un RPG o lanciarazzi; Perché stiamo attraversando la zona rossa; Che poi dall’alto appare come l’intera città.

E già si capisce com’è questa guerra: vale a dire che l’intera Baghdad è zona rossa, cioè a rischio autobomba o agguati militari o  rapimento per giornalisti o funzionari occidentali. La zona verde,quella delle ambasciate, delle basi americane, dei 2 bar per truppe Usa,della sede ONU  e del sopravvissuto Hotel Al Rasheed,è in realtà un fortino di poche miglia quadrate,controllato da autoblindo armate ed elicotteri, con check-point da 3-4 controlli e lunghi anche 500 metri,nei quali i mitra sono sempre con il colpo in canna, in questo momento controllati da soldati “mercenari” peruviani oppure  iracheni sempre molto nervosi e sospettosi,soprattutto la sera e di notte. Quindi gli iracheni sono tutti,o quasi,nelle zone a rischio, noi atterriamo con l’elicottero in una zona che si attraversa da una parte all’altra in pochi minuti,con strade semivuote e poche abitazioni dove la gente vive quasi con vergogna perché è additata come possibile “collaborazionista”.

Vietato fare riprese televisive ai posti di blocco, vietato avvicinarsi alla zona rossa, il tenente Sonia Mancini (una collega per altro,ha lavorato alla 7,prima di fare per sua scelta questa esperienza come addetta ai media della Nato in Iraq) ci avvisa. Toglietevi il giubbotto antiproiettile ma quando sentite l’avvertimento,indossatelo in 4 secondi e buttatevi pancia a terra. In 5 secondi il colpo di mortaio arriva e colpisce chi colpisce. Diciamo che il primo impatto è stato un po’ duro, cordiale per Sonia, decisamente hard per la città. Arriviamo al Raseed hotel a metà pomeriggio. La città dei miei ricordi, illuminata e trafficata anche degli anni dell’embargo, non c’è più. Un silenzio ovattato rotto ad intermittenza da raffiche di mitra e qualche scoppio, poco traffico,elicotteri che alzano una polvere calda ed appiccicosa. E mi viene in mente un antico detto arabo:”un passo dopo l’altro ed arrivi a Baghdad” che significa,più o meno,che tutte le strade portano a Roma. Ma la Baghdad delle mille ed una notte, non esiste più.

Qui ci sono 100.000 blocchi di cemento,4 milioni di profughi hanno lasciato l’Iraq,chi resta non ha acqua potabile dai rubinetti e solo 3 o 4 ore di energia elettrica al giorno. Ed anche gli ospedali sono in crisi. I medici più bravi o stanchi di anni di guerre,se ne sono andati all’estero; le medicine sono care.

Per un dollaro ci vogliono 1000 dinari iracheni. Una follia,come la guerra cominciata 5 anni fa.

Cominciò con le menzogne di Bush ( una ricerca degli studiosi americani  Charles Lewis e Mark Reading-Smith ha calcolato  che tra l’11 settembre 2001 2d il 20 marzo 2003,Bush ed i suoi collaboratori hanno mentito ben 935 volte sull’Iraq e le sue presunte armi di distruzioni di massa). Ed è continuata, questa guerra, con una ubriacatura di sangue costata 3994 morti tra gli americani, 650mila vittime tra i civili iracheni (secondo uno studio della Università John Hopkins pubblicato nell’ottobre scorso),69mila feriti tra la coalizione americano-inglese,un numero imprecisato di feriti tra gli iracheni,che nessuno ormai conta più. Entri nell’albergo per preparare il primo servizio per il tg3 e subito pensi ai nostri morti di Nassiryia: mai ricordati abbastanza, morti per  bugie altrui e accoramenti nostrani. Ma non c’è tempo: mentre montiamo il primo servizio una esplosione abbastanza forte da essere notata, una colonna di fumo e subito 4 poi 5 elicotteri che volteggiano. Altri morti in questo 20 marzo 2008, 5 anni dall’inizio del “lavoro” di Bush e soci,qui in Iraq. A domani, il viaggio è appena incominciato.

Fonte: Articolo21

30 marzo 2007 

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