Terzi: più armi a ribelli. Bombe a Damasco, 60 morti
NEAR EAST NEWS AGENCY
Farnesina proporrà a Usa maggiori “forniture” a ribelli. Oggi nuovi devastanti attentati jihadisti a Damasco. Secondo alcune fonti i morti sarebbero almeno 60.
Il titolo fatto oggi dal Corriere della Sera – “Piu’ aiuti militari ai ribelli siriani. Italia in prima fila, lo diro’ a Kerry” – non piace alla Farnesina secondo la quale non rifletterebbe le dichiarazioni rilasciate al quotidiano dal ministro degli esteri Giulio Terzi.
Eppure Terzi è stato fin troppo chiaro nell’intervista su ciò che pensa si debba fare in Siria: aumentare gli aiuti militari ai ribelli sunniti che combattono il regime di Bashar Assad. E lo dirà agli Stati Uniti alla riunione del Gruppo di alto livello sulla Siria che si terrà giovedì prossimo proprio a Roma.
Al vertice parteciperanno gli 11 Paesi più coinvolti nella gestione della crisi siriana, compreso il neosegretario di Stato americano, John Kerry.
Il titolare della Farnesina dice che gli “europei” vogliono che gli aiuti militari “non letali” vengano estesi fino a comprendere l’assistenza tecnica, l’addestramento e la formazione, in modo da “consolidare l’azione della coalizione” che combatte contro il governo di Damasco.
L’Italia spinge per aggravare la guerra civile invece di impegnarsi per una soluzione negoziata del conflitto che insaguina la Siria. Oggi i jihadisti anti-Assad hanno compiuto nuovi attentato a Damasco. Alcune utobomba sono scoppiate di fronte alla sede del partito Baath, nel quartiere centrale di Mazraa, tra via della Rivoluzione e piazza Shahbandar. Poco dopo un’altra esplosione in un altra zona seguita da una sparatoria nel quartiere di Barzeh. I morti, quasi tutti civili, sono stati almeno 60.
Dopo i colpi di mortaio di martedì contro uno dei palazzi dei della presidenza sempre a Damasco, ieri due salve di mortaio, sparate con ogni probabilità dai ribelli, sono cadute sullo stadio di Tishrin, nel quartiere Baramkeh della capitale, uccidendo Yusef Suleiman, un calciatore della squadra di Homs dell’al-Wathba durante una seduta di allenamento in vista dell’incontro contro il team del Nawait di Hama.
Una morte assurda come quella dei 31 civili di Aleppo, tra i quali 14 bambini e quattro donne, che ad inizio settimana sono rimasti sepolti sotto le macerie dei palazzi di Jabal Badro, colpiti e distrutti in apparenza da missili Scud. Un attacco attribuito alle forze armate governative impegnate in un’offensiva volta a ricacciare indietro le formazioni armate islamiste decise a prendere il controllo dell’aeroporto della seconda città siriana.
Un missile ieri ha centrato a Douma, alla periferia nord di Damasco, il quartier generale della Brigata islamista Liwa al-Islam e ferito gravemente il fondatore e leader del gruppo, lo sceicco Zahran Alloush. La zona è teatro da tre settimane di un’offensiva su vasta scala dei ribelli guidati da Liwa al-Islam. Nel nord e nell’est del paese invece a condurre le operazioni sono i jihadisti del Fronte al-Nusra, di cui fanno parte miliziani provenienti da Libia, Egitto, Tunisia, Marocco, considerati i combattenti più duri dall’esercito governativo.
È una escalation che avviene di pari passo con le iniziative diplomatiche in corso per tentare di arrivare ad una soluzione politica. A fine mese andranno in Russia per colloqui il capo dell’opposizione Muaz al-Khatib e il ministro degli esteri Walid Mualem. Un incontro diretto tra i due al momento è da escludere. In ogni caso pochi credono che le parti in conflitto potranno trovare punti di intesa. A cominciare forse proprio da Mosca, alleata di Assad, che due giorni fa ha inviato a Latakia, città marittina roccaforte del regime, aerei da trasporto per evacuare decine di cittadini russi in Siria.
Sono troppi gli attori di questa crisi che spingono per una soluzione militare. Secondo as-Safir, uno dei quotidiani storici della sinistra libanese e araba, la recente decisione dell’Ue di non revocare l’embargo delle armi alle parti in conflitto in Siria, sarebbe solo una copertura. In realtà, ha scritto due giorni fa l’editorialista Mohammed Ballout, Francia, Gran Bretagna e Italia continueranno ad aiutare in più modi i ribelli anti-Assad in contrasto con la linea di altri paesi europei più cauti.
Fonte: Nena News
21 febbraio 2013