Tensione per apertura ambasciata Usa a Gerusalemme
Nena News
Dopo il settimo venerdì di protesta, i palestinesi annunciano manifestazioni contro il trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme previsto per il 14 maggio.
Nel settimo venerdì di protesta, al confine tra Gaza e Israele si sono registrati scontri e colpi colpi di arma da fuoco esplosi dall’esercito israeliano. A fine giornata il Ministero della salute parla di “731 palestinesi feriti oggi nelle proteste a Gaza” e un ragazzo ucciso: Jaber Salem Abu Mustafa (40 anni).
Ufficiali e attivisti palestinesi hanno annunciato proteste di massa contro il trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme nel distretto di Arnona (zona est e quindi occupato della città) previsto per lunedì 14. La cerimonia, a cui parteciperanno centinaia di rappresentanti americani e israeliani, coinciderà con il 70esimo anniversario della Nakba, “la catastrofe” palestinese rappresentata dalla nascita dello stato d’Israele.
Ieri l’Alto comitato arabo, che rappresenta i cittadini palestinesi con cittadinanza israeliana, ha detto che si è coordinato con i gruppi nazionali e religiosi palestinesi per protestare il 14 sotto lo slogan: “Gerusalemme è una città araba cristiana e islamica” e “No al trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme”. “Abbiamo indetto la manifestazione nello stesso luogo e alla stessa ora [della cerimonia ufficiale] per alzare la voce contro la politica Usa che sostiene l’occupazione israeliana e le colonie nel disperato tentativo di uccidere tutte le possibilità di creazione di uno stato palestinese indipendente e sovrano nei confini del 1967 con Gerusalemme come sua capitale” ha detto Mohammed Barake, il capo del comitato. “Sottolineiamo – ha aggiunto – che questa aggressione americana che porta con sé altre nazioni povere [il riferimento è in particolare al Guatemala e Paraguay che hanno dichiarato di seguire la decisione di Washington, ndr], così come il cosiddetto ‘affare del secolo’ progettato dai coloni sionisti all’interno della Casa Bianca, non funzioneranno”.
Grandi manifestazioni di protesta sono previste anche a Gaza sia il 14 che il 15 maggio.
Proprio dalla Striscia ieri il leader di Hamas, Yahya Sinwar, ha chiesto a centinaia di migliaia di palestinesi di violare “pacificamente” in quei giorni la barriera di recinzione al confine tra la piccola enclave assediata palestinese e Israele. Proprio in quest’area le proteste dei gazawi vanno avanti da sei settimane ogni venerdì: i palestinesi chiedono con forza la fine dell’assedio decennale israeliano (e recentemente egiziano) e il “ritorno” alle loro proprietà perdute con la creazione d’Israele (due terzi dei 2 milioni di abitanti di Gaza sono discendenti di palestinesi che sono fuggiti o sono stati espulsi dalle loro case con la fondazione dello stato israeliano). Per Tel Aviv, invece, queste manifestazioni non sono altro che un pretesto utilizzato dai “gruppi terroristici” locali per compiere attacchi anti-israeliani e violare il confine che separa i due territori.
Sinwar ha esortato i palestinesi a scendere in strada il 14 e il 15 in modo “pacifico”, ma anche avvisato che le proteste potrebbero sfuggire al controllo delle autorità: “La Striscia di Gaza è come una tigre affamata che è stata messa in una gabbia per 11 anni – ha detto – Ora la tigre è libera e nessuno sa cosa farà”. Sinwar ha poi spiegato che le proteste saranno “decisive” e che lui e altri dirigenti di Hamas sono “pronti a morire” pur di porre fine all’assedio israeliano del territorio gazawi. E sulle manifestazioni della “Grande marcia del Ritorno” che vanno avanti da 6 settimane (oggi è il “Venerdì dell’avvertimento”), il leader di Hamas ha detto che non possono essere fermate. “Le sosteniamo, le guidiamo perfino. Le proteste saranno come la tigre che corre in tutte le direzioni”. Secondo i dati del ministero della salute palestinese, in questi venerdì di mobilitazione l’esercito israeliano ha ucciso finora 47 palestinesi (5 erano bambini) e ne ha feriti 8.536 (793 bambini, 283 donne). Le condizioni di 166 gazawi vengono giudicate critiche.
Dal Cile, intanto, dove ha incontrato il suo pari cileno Sebastian Pinera, il presidente dell’autorità palestinese Mahmoud Abbas ha ieri ribadito che il suo governo parteciperà a futuri negoziati di pace solo se si baseranno su una soluzione a due stati. “In accordo all’iniziativa di pace araba e alla risoluzione dell’Onu 194, non vedo l’ora del giorno in cui finirà la sofferenza di sei milioni di palestinesi che da 70 anni sono rifugiati in molti paesi del mondo. Solo così si raggiungerà la pace, la sicurezza e la stabilità nella regione” ha detto Abbas.
Nena News
14 maggio