Sudan, scontri a Khartoum
L'Osservatore Romano
Dopo i violenti scontri di ieri a Khartoum, fra forze di sicurezza e manifestanti, il cui bilancio è salito a 35 morti e centinaia di feriti, il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunisce questo pomeriggio su richiesta di Germania e Regno Unito, per affrontare la difficile situazione del paese africano.
Dopo i violenti scontri di ieri a Khartoum, fra forze di sicurezza e manifestanti, il cui bilancio è salito a 35 morti e centinaia di feriti, il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunisce questo pomeriggio su richiesta di Germania e Regno Unito, per affrontare la difficile situazione del paese africano.
I negoziati per il nuovo governo di transizione tra le forze militari e i rappresentanti della protesta civile sono giunti a un punto morto, con una tensione in costante crescita a partire da sabato scorso, quando già un manifestante era rimasto ucciso durante i sit-in. Ieri, i leader della protesta e anche rappresentanti diplomatici presenti sul luogo hanno puntato il dito contro il Consiglio militare di transizione (Tmc), affermando che le forze di sicurezza hanno attaccato i manifestanti davanti al ministero della difesa, aprendo il fuoco contro di loro e bruciando alcune tende che da tempo erano state montate di fronte all’edificio.
All’intervento delle forze di sicurezza è seguito il lancio di sassi da parte dei civili. Stamattina il capo del consiglio militare sudanese ha dichiarato che parte della colpa delle violenze avvenute ieri è da far ricadere anche sui leader della protesta che avrebbero tentato di esacerbare le operazioni negoziali cercando di tenere fuori dal prossimo esecutivo ad interim alcuni settori della società sudanese.
Il generale Abedel-Fattah Burhan ha quindi dichiarato la fine delle trattative e l’annullamento di tutti gli accordi raggiunti finora, convocando nuove elezioni entro 9 mesi. I manifestanti, in risposta, hanno annunciato la sospensione dei colloqui e hanno invitato il popolo sudanese a uno sciopero generale e alla disobbedienza civile. «Questo è un punto critico della nostra rivoluzione: il consiglio militare ha scelto l’escalation e lo scontro», ha affermato il portavoce dell’Associazione dei professionisti sudanesi, Mohammed Yousef al-Mustafa, che ha guidato le proteste. «Questi sono criminali che avrebbero dovuto essere trattati come Al-Bashir» ha continuato. «Ora la situazione è: o loro o noi, non c’è altro modo», ha concluso.