Sistemi d’arma “green”, all’unanimità!


Il Fatto Quotidiano


Sia alla Camera che al Senato la relazione è stata approvata all’unanimità. A beneficiare di una parte dei 209 miliardi di euro in arrivo da Bruxelles anche il settore militare che potrà ricevere soldi europei per produrre nuovi mezzi e sistemi d’arma ‘green’.


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BianiGreen

La vignetta di Biani per Repubblica

 

 

Transizione ecologica, lotta al cambiamento climatico, digitalizzazione. Le linee guida del Next Generation Eu indirizzeranno i governi dei 27 Stati membri dell’Unione europea nell’elaborazione del proprio Piano nazionale di ripresa e resilienza, come è stato ribattezzato in Italia, per un rilancio economico sostenibile dei Paesi colpiti dalla crisi dovuta alla pandemia di coronavirus. Le indicazioni dovranno essere seguite in tutti i settori che riceveranno i fondi dell’Ue, ma le commissioni Difesa di Camera e Senato hanno deciso che a beneficiare di una parte dei 209 miliardi di euro in arrivo da Bruxelles deve essere anche il settore militare che potrà, in caso di via libera definitivo, ricevere soldi europei per produrre nuovi mezzi e sistemi d’arma ‘green’.

A denunciare la nuova linea, dopo il voto favorevole e unanime del 10 marzo sulla relazione da parte delle commissioni parlamentari, è la Rete Italiana Pace e Disarmo che, in un comunicato, parla di “un tentativo di greenwashing, di lavaggio verde, dell’industria delle armi” ad opera delle istituzioni.

Nel testo licenziato dalla Camera si raccomanda infatti di “incrementare, considerata la centralità del quadrante mediterraneo, la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare, promuovendo l’attività di ricerca e di sviluppo delle nuove tecnologie e dei materiali, anche in favore degli obiettivi che favoriscano la transizione ecologica, contribuendo al necessario sostegno dello strategico settore industriale e al mantenimento di adeguati livelli occupazionali nel comparto”. Al Senato si aggiunge che “occorre, inoltre, promuovere una visione organica del settore della Difesa, in grado di dialogare con la filiera industriale coinvolta, in un’ottica di collaborazione con le realtà industriali nazionali, think tank e centri di ricerca”. Viene inoltre ipotizzata la realizzazione di cosiddetti “distretti militari intelligenti” per attrarre interessi e investimenti.

Se l’approvazione all’unanimità in entrambe le commissioni fa pensare che la linea adottata corrisponda anche a quella dell’esecutivo, a confermarlo arriva l’intervento del sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulé (Forza Italia) che dopo l’approvazione ha manifestato “apprezzamento per la bozza di parere della Commissione che, nei contenuti e perfino nella scelta dei vocaboli, corrisponde alla visione organica che del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha il Governo”. Senza nascondere che questa mossa non ha solo l’intento di rinnovare e modernizzare le strutture militari, ma anche di incrementare la spesa per la Difesa, mettendo “in rilievo come il parere odierno non rappresenti un punto di arrivo, ma costituisca solo un primo passo. L’interlocuzione con il dicastero proseguirà senza alcun dubbio. Quando, poi, il Piano sarà maggiormente consolidato, il Governo riferirà nuovamente alla Commissione tutte le novità. Si compiace che la commissione lavori con spirito unitario e sostenga in maniera trasversale la necessità di incrementare la spesa della Difesa fino a raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil“.

Una posizione che, se confermata dal benestare di Draghi e del resto della squadra di governo che dovrà redigere il nuovo Recovery Plan, rappresenta, come spiega Rete Italiana Pace e Disarmo, un punto di rottura rispetto alla linea intrapresa dal precedente governo Conte: “Diversamente dalle bozze implementate dal precedente Governo, in cui l’ambito militare veniva coinvolto nel Pnrr solo per aspetti secondari come l’efficienza energetica degli immobili della Difesa e il rafforzamento della sanità militare, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) potrebbe quindi destinare all’acquisizione di nuove armi i fondi europei per la rinascita dell’Italia dopo la pandemia – si legge nel comunicato – Un comparto che, è bene ricordarlo, già riceverà almeno il 18% (quasi 27 miliardi di euro) dei Fondi pluriennali di investimento attivi dal 2017 al 2034″. L’eventuale proposta del governo, comunque, dovrebbe ricevere l’approvazione di Bruxelles per potersi tradurre in un concreto trasferimento di fondi Ue.

Anche i Verdi chiedono al presidente del Consiglio di rivedere la posizione sui finanziamenti al settore della Difesa attraverso i fondi del Next Generation Eu: “Auspico che il presidente Draghi non prenda minimamente in considerazione la richiesta contenuta nella relazione della Camera dei Deputati sul Pnrr che prevede di incrementare con i fondi europei la capacità militare e l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare – ha dichiarato il coordinatore nazionale dei Verdi Angelo Bonelli – Il Pnrr serve per curare, non per fare la guerra e sarebbe incomprensibile, oltre che eticamente inaccettabile, che i fondi europei non siano utilizzati per la sanità, l’istruzione, il sociale, il trasporto pubblico e la transizione ecologica per essere invece distratti in spese militari”.

Gianni Rosini
Il Fatto Quotidiano
1 aprile 2021

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