Siria, riprendono i negoziati di pace


La Stampa


Nel quinto anniversario della guerra siriana, che ha fatto oltre 250.000 morti, un rapporto denuncia che in questo conflitto le armi chimiche sono state usate almeno 161 volte, causando quasi 1.500 morti e 14.500 feriti.


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È sempre la sorte del presidente siriano Bashar al-Assad uno dei nodi ancora irrisolti dei negoziati di pace per il tormentato paese mediorientale. Negoziati che riprendono oggi ufficialmente a Ginevra, mentre da almeno due settimane sul piano militare la tregua tra le varie fazioni sembra reggere in modo relativamente soddisfacente. Come noto, alla tregua non aderiscono nè Daesh, lo Stato Islamico, né al-Nusra, la fazione jihadista legata ad al-Qaeda.

In concomitanza con i negoziati di Ginevra, oggi si terrà a Bruxelles l’incontro dei 28 ministri degli Esteri degli Stati membri per discutere dei temi più caldi di politica estera, a cominciare dalla Siria e dalla Libia

Come detto, sul piano militare si registra una sostanziale tregua, anche se mentre nella regione di Palmyra le truppe governative si sarebbero avvicinate a dieci chilometri soltanto dall’area archeologica conquistata a suo tempo (e forse devastata) dalle forse dell’Isis, che sarebbero in ritirata. Altri scontri militari vedono invece opposti gli alqaedisti di al-Nusra e l’opposizione anti-Assad della Free Syrian Army, che avrebbe subito qualche sconfitta nella Siria nordoccidentale. In difficoltà sarebbe soprattutto la 13esima Divisione, che a suo tempo aveva ricevuto aiuti militari consistenti da parte degli Usa.

Sul piano politico, il tema è sempre quello: il futuro ruolo di Bashar al-Assad. Secondo Mohammad Alloush, il capo negoziatore dell’opposizione siriana, «il periodo di transizione deve cominciare con la caduta o con la morte di Assad. Non può assolutamente prendere il via con la continuazione del regime, o con il fatto che alla guida di questo regime ci sia Assad». Sulla linea esattamente opposta c’è il governo ufficiale: per l’ambasciatore siriano all’Onu Bashar Jaafari, che guida la delegazione del regime a Ginevra, «è prematuro parlare di periodo di transizione. Discutere di un tema così esistenziale, che diffama il simbolo della sovranità della repubblica siriana, è in primo luogo un tentativo di far fallire i colloqui e gli sforzi delle Nazioni Unite per garantire il successo di questo nuovo round di colloqui». Ieri il segretario di Stato statunitense John Kerry aveva avvertito il regime: «è chiaro che bisognerà mettere in agenda una transizione e prima o poi, anche elezioni presidenziali».

L’apertura di questo nuovo round di colloqui coincide con il quinto anniversario della guerra siriana, che ha fatto oltre 250.000 morti secondo l’Onu e oltre 270.000 secondo le Ong locali. E secondo un nuovo rapporto della Syrian American Medical Society, in questo conflitto le armi chimiche sono state usate almeno 161 volte in questi 5 anni, causando quasi 1.500 morti e 14.500 feriti

Il rapporto dell’organizzazione, che chiede al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e alla comunità internazionale di identificare rapidamente i responsabili e di incriminarli, è finora l’elenco più completo di attacchi con armi chimiche effettuati in Siria.  

Il governo siriano è stato accusato di usare armi chimiche contro il suo popolo anche dopo che nel 2013 il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ordinò l’eliminazione del suo programma. Lo stesso Consiglio, lo scorso anno, ha condannato l’uso di sostanze chimiche tossiche come il cloro. Il regime ha sempre negato le accuse.

14 marzo 2016

Roberto Giovannini

Lastampa.it

 

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