Siria. L’Ucraina influenzerà il dialogo USA-Russia?
Michele Giorgio - Near Neast News Agency
La prospettiva è che Mosca e Washington spostino il loro confronto a distanza sul campo di battaglia siriano, incoraggiando con nuovi e ingenti rifornimenti di armi i rispettivi alleati, dentro e fuori il Paese.
Il sorriso stampato sul volto di Benyamin Netanyahu, l’altra sera alla Casa Bianca, raccontava tutta la soddisfazione del premier israeliano. Non erano i Territori occupati palestinesi l’argomento delle risposte date da Obama ai giornalisti al termine dell’incontro con Netanyahu ma l’Ucraina, la frattura diplomatica con la Russia, il pericolo di una escalation militare in Crimea. Puro relax per il primo ministro israeliano.
Eppure la crisi in Ucraina potrebbe presto avere ricadute importanti in Medio Oriente. Non tanto per la questione israelo-palestinese, quanto per la guerra civile siriana. È fantascienza immaginare, oggi, che Washington e Mosca possano in breve tempo organizzare una nuova conferenza, «Ginevra 3», con l’obiettivo di riportare il governo di Bashar Assad e l’opposizione siriana a un tavolo di trattativa.
La prospettiva è quella che Usa e Russia spostino il loro confronto a distanza sul campo di battaglia siriano, incoraggiando, con nuovi e più ingenti rifornimenti di armi, i rispettivi alleati, dentro e fuori la Siria, non a ricercare soluzioni politiche di compromesso bensì a dare il massimo per vincere la guerra.
L’analista Olena Bagno-Moldavsky, esperta della politica di Mosca in Medio Oriente, è cauta sulle mosse che la Russia e gli Stati Uniti potrebbero muovere nell’immediato. «Tuttavia – ci spiega – una escalation in Ucraina finirebbe per spingere le due parti a colpire gli interessi dell’avversario in altri scenari di crisi, senza vederle coinvolte sul terreno». Bagno-Moldavsky esclude che Mosca possa impegnare truppe per proteggere la sua unica base navale nel Mediterraneo, a Tartus, in Siria, come sta facendo in Crimea. «Putin- dice l’analista – sa che l’Ucraina e la Siria sono contesti diversi e per ora è convinto che l’impegno del suo Paese nella regione mediorientale non debba andare oltre l’azione protettiva che già svolge alle Nazioni Unite a favore del suo alleato Bashar Assad e la fornitura di aiuti».
Allo stesso tempo, aggiunge Moldavsky, «Mosca considera di eccezionale importanza i suoi interessi strategici in Medio Oriente e non è disposta a farsi da parte senza agire, quindi aiuterà in modo sempre più visibile i suoi alleati». Gli Usa non stanno certo a guardare e il loro impegno «segreto» per armare le formazioni armate anti-Damasco dovrebbe ulteriormente crescere nel prossimo futuro. Sarebbero state proprio le forniture di armi pesanti, pagate dall’Arabia saudita alleata Usa, a consentire negli ultimi mesi la preparazione dell’offensiva in direzione di Damasco che è sul punto di lanciare l’ «Alleanza Meridionale», una cinquantina di formazioni armate, non poche le jihadiste, come il potente «Fronte islamico», sorto alla fine dello scorso anno proprio per volontà di Riyadh. Con 60 mila uomini, comandata da Bashar al-Zoubi, leader della Brigata Yarmouk che mantiene stretti legami con il Fronte al Nusra (al Qaeda in Siria), l’AM ha già strappato all’Esercito diverse posizioni intorno a Deraa e Quneitra, a ridosso delle Alture del Golan occupate da Israele, approfittando della scarsa partecipazione dei combattenti libanesi di Hezbollah, alleato di Damasco.
Secondo quanto riporta la stampa araba, l’impegno americano e saudita a sostegno di questa campagna militare si starebbe facendo massiccio. L’imminenza di questa offensiva ha costretto l’Esercito governativo a spostare verso sud uomini e risorse sottraendoli alla battaglia in corso per la conquista di Yabroud, ultima roccaforte dei ribelli nella regione di Qalamoun. Spostamenti che ritardano la conclusione dell’offensiva governativa in una regione di vitale importanza per riaprire i collegamenti tra Damasco e la costa mediterranea e interrompere le vie di rifornimento per le forze ribelli.
Ieri comunque i governativi hanno conquistato Sahel, un villaggio a 2 km da Yabroud e ora spingono verso Flita, l’unico punto di uscita per jihadisti e ribelli in direzione di Arsal, città sunnita in territorio libanese. Nena News
Fonte: http://nena-news.it
5 marzo 2014