Siria, la farsa presidenziali è in scena


Roberto Prinzi - Nena News


Il 3 giugno in Siria si voterà per eleggere il Presidente che dovrà portare il Paese alla “vittoria”. Intanto a Washington si indaga su nuove “prove” che dimostrerebbero l’uso del cloro da parte del regime.


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assad2014

 

Nella tragedia siriana c’è una farsa che da tre anni corre parallela al bagno di sangue quotidiano. L’ultimo atto (ma il copione è ancora lungo) ha visto protagonista nuovamente il Presidente siriano Bashar Assad, “dittatore” e “macellaio” per gli oppositori, “liberatore dai ratti” per i suoi sostenitori (dove i roditori indicano indistintamente i “ribelli”).

Ieri, infatti, il Presidente del Parlamento siriano Mohammed al-Lahham ha annunciato che le elezioni presidenziali si terranno in Siria il 3 giugno mentre all’estero il 28 maggio. Al-Lahham ha anche aggiunto che i candidati (udite, udite) potranno registrarsi dal 1 maggio. Il voto, ovviamente, sarà “libero e corretto e sotto la totale supervisione giudiziaria”.

Sprezzante della sofferenza e dell’intelligenza dei suoi cittadini, al-Lahham ha invitato i siriani “a recarsi alle urne per dare voce alla loro volontà partecipando al processo democratico ed eleggendo chi riuscirà a guidare la Siria alla vittoria”. “Siamo certi – ha continuato – “che voi sosterrete chi sarà pronto a difendere la Siria, a proteggere la sua sovranità e i suoi principi assicurandole un futuro migliore dove tutti i siriani, senza distinzioni, potranno godere dei loro diritti”.

Difficile davvero poter indovinare chi sia questo candidato che possa portare il Paese alla “vittoria”. Un indizio ce lo abbiamo. Lo scorso gennaio Assad dichiarò all’Agenzia France-Presse che c’erano “buone possibilità” che avrebbe corso per la Presidenza. Se così fosse, farebbe bene a studiare le “ferree” regole per partecipare. I candidati (sic!) devono vivere in Siria da almeno dieci anni. Quindi, in pratica, le figure principali dell’opposizione che vivono all’estero non saranno candidabili.

L’annuncio di ieri di al-Lahham segna un clamoroso autogol per il regime siriano. Se Assad parla di legittimità attraverso le urne e cerca di apparire “democratico” all’Occidente, il suo tentativo è goffo e ridicolo e fornisce un assist alle opposizioni che non hanno perso tempo a definire le Presidenziali di giugno una “farsa”. In effetti come dar loro torto: chi potrà votare quando nell’intero paese infuriano ancora i combattimenti? I cittadini assediati della città vecchia di Homs o i palestinesi del campo profughi di Yarmouk che continuano a morire di inedia?

Ma soprattutto di quale Siria Damasco parla? Quella che fu prima del marzo del 2011 (data di inizio delle proteste popolari), o quella attuale (e molto probabilmente futura) divisa tra governativi, jihadisti, curdi e “ribelli moderati” in aree di influenza dove il regime riesce a controllare a stento un terzo? Nella Siria attuale l’arma delle elezioni – utilizzata storicamente dall’occidente per legittimare le sue nefandezze nei paesi coloniali mostrando così quanto fossero tangibili i “progressi democratici” degli occupati – invece di apparire uno “strumento civile” volto a migliorare internazionalmente l’immagine di Assad macchiata di sangue, può diventare un boomerang per il regime perché ne evidenzia tutta la sua arroganza ed il suo cinismo. Sorprende che un uomo astuto e uno stratega eccellente come Assad abbia commesso una tale ingenuità.

Ma la farsa siriana, ahimè, non ha solo un interprete. E’ un coro variegato di voci dove tutti, però, svolgono la loro parte in modo impeccabile assicurandone lo svolgimento senza intoppi. Uno di questi è Lakhdar Brahimi, inviato di pace dell’Onu e della Lega Araba per risolvere il conflitto, che ieri, tramite il suo portavoce Stephane Dujarric, ha detto che “[le Presidenziali, nr] danneggeranno il processo politico e ostacoleranno una soluzione politica di cui ha tanto bisogno il Paese”. Brahimi ha avvertito Damasco che il voto potrebbe chiudere le “porte” a future negoziazioni di pace.

Andrebbe chiesto a Brahimi, autore dei fallimentari incontri di Ginevra II di qualche mese fa, di quali “porte” parla e che cosa intenda precisamente per “processo politico”. E’ in corso un “processo politico” attualmente in Siria e non ce ne siamo accorti? Siamo noi ad essere miopi e a vedere solo la distruzione di un paese, milioni di rifugiati, centinaia di migliaia di morti, bombe a barile piovere sui “terroristi”, opposizione “moderata” dialogare con i qa’edisti di al-Nusra che litiga con i “fratelli del jihad” del Fronte islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL)?

O forse il “processo politico” a cui fa riferimento Brahimi sono gli accordi sottobanco tra l’opposizione “moderata” ed Israele che prevedono la cessione del Golan ad Israele in cambio dell’“aiuto” di Tel Aviv contro il “dittatore” come ha proposto ripetutamente Kamal al-Labwani (senza mai essere smentito o quanto meno cacciato da altri suoi compagni di merende a Istanbul)?

In questo clima di farsa non poteva mancare Washington. Il Dipartimento di Stato statunitense fa sapere, infatti, di avere “prove” che un elemento chimico tossico, forse il cloro, è stato usato in Siria questo mese e sta esaminando la responsabilità di Damasco a riguardo. Noi, come nel caso delle elezioni siriane, “azzardiamo” già da ora la risposta: alla fine, dopo attente analisi per carità, sarà provata la colpevolezza di Assad.

Colpisce la tempistica delle “nuove scoperte” statunitensi. Poche settimane fa, l’articolo del noto giornalista investigativo Hersh (prima “grande firma” per molti esperti e commentatori occidentali, ora giudicato “inaffidabile”) sosteneva come l’attacco del 21 agosto a Ghuta (Damasco) fosse stato causato dai “ribelli” e non dal regime e fosse stato pianificato a tavolino da Ankara (con complicità statunitense).

Tempistica “stranamente” e nuovamente protagonista: alla vigilia dei colloqui di Ginevra 2 di qualche mese fa un articolo del britannico “The Guardian” riportava uno studio di tre importanti giudici “senza macchia” (commissionato da Doha però) dove venivano testimoniati circa 11.000 casi di detenuti torturati e uccisi nelle carceri del regime siriano. Vero o meno lo studio, così come la presunta presenza di cloro, è incredibile come questi “scoop” escano sempre in momenti dove l’opposizione che l’Occidente sostiene soffra una crisi di credibilità e identità evidenti e necessita pertanto di un “incoraggiamento” da parte della comunità internazionale.

Mentre Bruxelles e Parigi “si preoccupano” per l’attacco di armi chimiche, mentre Wasghinton indaga e commentatori ed analisti dibattono con furore le loro “verità” sugli eventi di agosto, ci si dimentica che in Siria la principale causa di morte è rappresentata dalle armi tradizionali che però continuano a fluire tranquillamente. Secondo l’Osservatorio dei Diritti Umani, venerdì sono morte 203 persone, 201 soltanto ieri. Più di 45 erano civili.

Fonte: http://nena-news.it

22 aprile 2014

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