Siria, farsa e tragedia: a Damasco si muore, a Ginevra si discute…


Fulvio Scaglione - famigliacristiana.it


Un’altra occasione in cui, pretendendo di decidere dall’esterno sulla pelle dei mediorientali, si aprirà la strada a nuovi conflitti e nuovi disastri.


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Pur con il massimo rispetto per gli sforzi del diplomatico italo-svedese Staffan de Mistura, inviato speciale dell’Onu per la Siria, ci vuole un bel coraggio a chiamare “colloqui di pace” quelli che cominceranno mercoledì (anche se le delegazioni sono già all’opera da venerdì) a Ginevra.

Da un lato ci sono il regime di Assad, la Russia e l’Iran (più l’Hezbollah libanese) che sanno perfettamente ciò che vogliono: nessun discorso, ora, su una cacciata di Assad; ora stop alle ostilità, poi avvio di un processo politico di dialogo tra le parti che porti a libere elezioni. Lì sarà il voto dei siriani a determinare il futuro del Paese. Ciò in cui spera l’asse russo-sciita è chiaro: impedire la spartizione della Siria (almeno Turchia, Israele, Giordania ne vogliono un pezzo) e, arrivati al momento del voto, presentare un personaggio nuovo, un volto diverso da quello di Assad, ormai troppo compromesso, che possa garantire al Paese una continuità nelle alleanze con Mosca e con Teheran.

Ma questi sono quelli che la propaganda americana e i grandi media descrivono come i “cattivi” della situazione. Sull’altro lato del tavolo delle trattative  i “buoni”. Anche loro, né più né meno di quegli altri, difendono precisi interessi. Ma lo fanno in un modo così ambiguo da minare alla base qualunque ipotesi di trattativa e da trasformarsi in complici più o meno consci del jihadismo.

Esagero? Sul terreno, cioè nel Nord della Siria, gli Usa collaborano con i combattenti curdi del Pyd (Partito dell’Unione Democratica), ai quali forniscono armi, mezzi, addestramento e intelligence. Ma questi curdi che combattono davvero l’Isis non piacciono alla Turchia, che ha posto il veto alla loro partecipazione ai colloqui di Ginevra. Gli Usa e l’Onu hanno subito chinato il capo davanti alla Turchia: esclusi quindi i curdi (che, ripetiamo, sono in prima linea contro l’Isis) dal tavolo di Ginevra. 

Ma non basta. La Nato, l’alleanza militare occidentale che ha negli Usa la guida politica e nella Turchia il membro con l’esercito più grande, si è precipitata a “difendere” il confine della Turchia con la Siria. Da chi? Forse dalle occasionali violazioni, vere o presunte che siano, degli aerei russi? Mah… Resta il fatto che la Nato va a “proteggere” proprio il confine attraverso cui, grazie alla generosa simpatia turca, l’Isis da anni riceve foreign fighters, armi, rifornimenti e abbondanti sovvenzioni con la vendita del petrolio. Qualche bello spirito ha provato a negarlo ma il Dipartimento per la prevenzione dei reati finanziari del nostro ministero del Tesoro calcola che dalla Turchia arrivino ai jihadisti, in cambio di greggio, 150 milioni al mese (come ben raccontato dalla Stampa del 25 gennaio 2016). Di fatto, quindi, la Nato corre a proteggere una delle arterie vitali per la sopravvivenza e la resistenza dell’Isis.

E poi al tavolo delle trattative, dei cosiddetti “colloqui di pace”, dovrebbero sedersi anche i gruppi ribelli fedeli all’Arabia Saudita, quelli raccolti nel cosiddetto High Negotiations Committee che ha sede appunto nella capitale saudita Riad. Il portavoce del Comitato è Mohammed Alloush, originario di Damasco, predicatore salafita e padre di quel Zahran Alloush, diventato dottore in Legge della Shari’aa presso l’Università saudita di Medina, che fondò il gruppo ribelle Jaysh al-Islam, finanziato e armato dall’Arabia Saudita, e lo ha diretto fino a quando, qualche settimana fa, è stato ammazzato da un missile russo. 

Jaysh al-Islam in Siria ha sempre combattuto e combatte al fianco di Al Nusra, la versione siriana di Al Qaeda. Al Nusra è sulla lista delle organizzazioni terroristiche del Dipartimento di Stato Usa (anche se solo dal 2014), che però in questo caso non batte ciglio ed è quindi disposto ad ascoltare, a Ginevra, la voce dei terroristi e/o dei loro complici. A questo proposito è interessante notare il riflesso della stampa internazionale dopo l’attentato contro il mausoleo sciita di Sayyida Zeinab, non lontano da Damasco, in cui un’autobomba e due kamikaze hanno ucciso almeno 50 persone. Tutti subito a dire che il colpevole è l’Isis, anche se da quella parti opera piuttosto Al Nusra con i suoi amici del Jaysh. Curioso no?

Per andare a Ginevra, i gruppi del Comitato pongono condizioni che nessuno potrà accettare. Chiedono infatti che l’esercito di Assad, in questa fase all’offensiva, interrompa le azioni militari e tolga l’assedio alle città occupate dai ribelli (mentre i ribelli non offrono di interrompere l’assedio alle città da loro bloccate, per esempio Aleppo). Che si ritiri, insomma. Assad, ovviamente, manco ci pensa.

E poi ci sono l’Isis e Al Nusra. Che non andranno a Ginevra a chiacchierare di pace ma che sul terreno sono ben presenti e attivi, a dispetto dei trionfalistici proclami lanciati di volta in volta dai portavoce della coalizione americo-saudita. Che fare con loro? Nessuno sa rispondere. Nel frattempo, come detto, si “puniscono” i curdi, si proteggono i protettori dell’Isis, si dà spazio a organizzazioni terroristiche o amiche dei terroristi.

In conclusione: l’ennesimo pasticcio. Un’altra occasione in cui, pretendendo di decidere dall’esterno sulla pelle del Medio Oriente e dei mediorientali, e trattando con assoluta noncuranza le realtà sul terreno, si aprirà la strada a nuovi conflitti e nuovi disastri .

Fonte: www.famigliacristiana.it

31 gennaio 2016

 

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