Sindrome Iraq
Giulia D’Agnolo Vallan - il Manifesto
Nella base di Fort Hood in Texas un veterano dell’ Iraq uccide 4 persone e ne ferisce 16, prima di suicidarsi. Ogni settimana mille militari registrano disordini psichici da stress post traumatico
Non ci sono ancora indicazioni circa i motivi della sparatoria nella base militare di Fort Hood di mercoledì sera. Nel corso dell’agguato hanno perso la vita quattro persone e ne sono rimaste ferite altre sedici. Si sa però che Ivan Lopez, il soldato ritenuto responsabile dell’attacco improvviso, era in cura presso un psichiatra dell’esercito e forse affetto da sintomi di disordine post traumatico.
Lopez, che aveva servito nove anni nella Guardia nazionale del Porto Rico prima di arruolarsi nell’esercito, non aveva partecipato a missioni di combattimento, ma nel 2011 era stato stazionato in Iraq come camionista. L’anno seguente era stato incaricato nella Penisola del Sinai. «Era un soldato che aveva molta esperienza», ha detto di lui il capo dello Stato maggiore americano generale Raymond Odierno.
Anche dopo il referto della visita psichiatrica, non ci sarebbero state ragioni di pensare che fosse incline a commettere atti di violenza, ha riferito il segretario dell’esercito John McHugh all’Armed Service Committee del Senato: i medici avevano deciso di continuare a monitorarlo e gli avevano prescritto una terapia per combattere l’insonnia, l’ansia e la depressione.
Non ci sono indizi «che colleghino Lopez a nessun tipo di gruppo estremista» ha affermato ancora McHugh. Si tratta di un dato che differenzia Lopez dall’autore di un’altra strage avvenuta nella stessa base militare texana, il 5 novembre del 2009, quando il maggiore Nidal Malik Hasan, uno psichiatra dell’esercito, aveva aperto il fuoco contro soldati disarmati e impiegati all’interno del Soldier Readiness Processing Center, l’ufficio ammissioni, ammazzando tredici persone e ferendone piu’ di trenta. Le autorità Usa avevano decretato che si trattava di un atto di terrorismo. Processato da un tribunale militare Hasan (un musulmano che aveva avuto rapporti con l’Imam yemenita militante Anwar al-Awlaki, ucciso da un drone nel settembre 2011) è stato condannato a morte da un tribunale militare ed è attualmente in una prigione del Kansas in attesa di essere giustiziato.
L’eco di quella strage (e di un attacco sventato, sempre a Fort Hood, nel 2011, quando un soldato musulmano in attesa di essere distaccato in Afghanistan, è stato sorpreso in un hotel vicino alla base con delle armi semiautomatiche e i componenti per fabbricare una bomba) era decisamente presente quando la notizia della nuova sparatoria è apparsa nelle news serali. La base, riferivano i giornalisti, era ancora in «lock down». Lopez, che non viveva all’interno dell’installazione militare, sarebbe arrivato armato di una Smith & Wesson calibro 45 che aveva acquistato, per uso personale, nei dintorni. L’arma non era registrata, ma ai soldati che non risiedono nella base non è richiesto di farlo. Avrebbe cominciato a sparare prima in un edificio e poi da un autoveicolo. Una volta sceso, trovatosi di fronte a un ufficiale della polizia militare, Lopez si è sparato in testa.
«Qualsiasi sparatoria è grave. Questo caso, ovviamente, in più riapre la piaga di quanto è successo a Fort Hood cinque anni fa. Conosciamo questa famiglie, il servizo incredibile che rendono al paese e i sacrifici che fanno. I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con l’intera comunità», ha dichiarato Barack Obama mercoledì sera. «La situazione è ancora fluida ma il mio team per la sicurezza nazionale è in stretto contatto con il ministero della difesa e anche l’Fbi. Stannno lavarando per capire esattamente cosa è successo e per garantire che tutti siano al sicuro».
Il presidente americano è stato poi attaccato — da destra — dalle televisioni di Murdoch. La critica è che se nella base fosse stato permesso di possedere un’arma, Ivan Lopez, si dice, sarebbe stato fermato prima della strage.
Dal dipartimento per i veterani di guerra i dati relativi ai postumi delle guerre e in Iraq e Afghanistan sono estremameente preoccupanti. Secondo quanto riportato ieri da Usa Today, ogni settimana circa mille veterani registrano diagnosi positive per disordine da stress post traumatico, ottocento per depressione. Gravissimi anche i dati sul suicidio tra veterani: secondo uno studio effettuato nel febbraio 2013 si tratterebbe di una media di ventidue al giorno.
Fonte: il Manifesto
4 marzo 2014