Sempre meno libertà. Più di due miliardi senza diritti nel mondo
Umberto De Giovannangeli - L'Unità
Due miliardi e trecento milioni di persone. Senza diritti, senza libertà. Dal Medio Oriente all’Africa, dall’Asia alle repubbliche dell’ex Unione Sovietica. Libertà civili e diritti umani sempre più in crisi a livello mondiale.
Per la quarta volta consecutiva, negli ultimi 40 anni di storia, si registra un peggioramento sostanziale delle libertà nei cinque continenti. A certificarlo è Freedom House, l'autorevole osservatorio americano fondato da Eleanor Roosevelt che, dal 1972, si occupa di registrare ogni piccola variazione sul fronte del rispetto e della tutela dei diritti in tutti i Paesi del pianeta. È un quadro inquietante, drammatico, quello che emerge dal rapporto annuale di Freedom House, «Freedom in the world 2010». I risultati di quest'anno riflettono le crescenti pressioni sui giornalisti e sui blogger, le restrizioni alla libertà di associazione, la repressione esercitata sugli attivisti civili impegnati a promuovere le riforme politiche e il rispetto dei diritti umani. Il Medio Oriente – comprensivo dell'Iran – resta la regione più repressiva del mondo, l'Africa quella che ha subito il calo (di libertà) più significativo. I miglioramenti più rilevanti, rispetto all'anno precedente, si sono registrati in Asia, in virtù delle elezioni democratiche svoltesi in India, Indonesia, Giappone, a fronte, però, di un peggioramento registrato in Afghanistan, con le contestate elezioni presidenziali, e nelle Filippine, dopo il massacro di civili e di giornalisti e la successiva dichiarazione delle legge marziale. «Nel 2009 – dice a l'Unità Jennifer Windsor, direttrice esecutiva di Freedom House – abbiamo assistito ad una preoccupante erosione di alcune libertà fondamentali, la libertà di espressione e di associazione, e ad innumerevoli attacchi contro gli attivisti in prima linea in questi settori». «Dalla brutale repressione a Teheran agli arresti dei dissidenti in Cina, agli omicidi di giornalisti e attivisti dei diritti umani in Russia – rimarca la direttrice di Freedom House – abbiamo registrato un ulteriore, pesantissimo giro di vite nei confronti di donne e uomini che nel mondo si battono per far valere quei diritti umani riconosciuti dalla Dichiarazione dell'Uomo delle Nazioni Unite e dalle più importanti Convenzioni internazionali». In un anno segnato dall'intensificarsi della repressione contro i difensori dei diritti umani e attivisti civili, un declino delle libertà è stato registrato in 47 Paesi in Africa, America Latina, Medio Oriente, e le repubbliche dell'ex Unione Sovietica, che rappresentano il 20% del totale dei sistemi politici del mondo. Stati autoritari come l'Iran, la Russia, il Venezuela sono diventati ancor più repressivi. Un declino delle libertà si è registrato anche in quei Paesi che avevano registrato un andamento positivo negli anni precedenti, tra i quali il Bahrein, la Giordania, il Kenya e il Kirghizistan, La maglia nerissima tra i 47 Paesi classificati «Not Free»- negazione dei diritti politici e delle libertà civili – spetta a Birmania, Guinea Equatoriale, Eritrea, Libia, Corea del Nord, Somalia, Sudan, Turkmenistan e Uzbekistan. Nel complesso, oltre 2,3 miliardi di persone vivono in società nelle quali fondamentali diritti politici e le libertà civili non vengono rispettati. La Cina rappresenta la metà di questo universo illiberale. Inoltre è calato il numero di democrazie elettive, passato da 119 a 116, il più basso dal 1995 a questa parte. Ad aggravare la situazione i tanti fronti di guerra e la violenta repressione delle proteste di piazza dei dissidenti, dall'Iran alla Cina. Ci sono poi gli attentati terroristici in Pakistan, Afghanistan, Iraq, Somalia e Yemen. «I dati registrati nel 2009 sono motivo di reale preoccupazione – ci dice Arch Puddington, direttore responsabile del settore ricerca di Freedom House -. Il calo è globale e interessa Paesi con il potere militare ed economico, investe Paesi che in precedenza avevano mostrato segni di potenziali riforme, e mette in evidenza una maggiore persecuzione dei dissidenti politici e giornalisti indipendenti. A peggiorare le cose, i più potenti regimi autoritari sono diventati ancor più repressivi, più influenti sulla scena internazionale, più intransigenti». Pochi i segnali positivi: nel 2009 appena 16 Paesi, su 194 monitorati, sono più liberi rispetto al passato. Tra questi alcuni Paesi dei Balcani, tra cui Kosovo, Montenegro, Croazia, Moldavia e Serbia. In questa lista compaiono anche Libano, Malawi e Togo. Il numero dei Paesi designati da «Freedom in the World» come “ Free” nel 2009 ammonta a 89, che rappresentano il 46% di 194 Paesi del mondo e il 46% della popolazione mondiale. Il numero dei Paesi “Partly Free” (Parzialmente liberi) è sceso a 58, il 30% di tutti i Paesi valutati nel sondaggio. Il numero dei Paesi “ Not Free” è aumentato a 47, il 24% del numero totale di Paesi. Ad essere declassata è anche la Russia, seguita a ruota da tutti i Paesi del Mar Baltico e dell'ex Unione Sovietica, tra cui il Kazakistan e il Kirghizistan. In America Latina, l'Honduras ha perso lo status di democrazia elettorale a causa del colpo di stato, un significativo calo degli standard democratici hanno riguardato Guatemala, Nicaragua e Venezuela. Quanto all’Europa, il rapporto cita le tensioni culturali e sociali collegate al grande flusso di immigranti provenienti da Paesi musulmani. Migrazioni che, sostiene Freedom House, «sfidano la tradizione europea fatta di tolleranza e tutela delle libertà civili». «Preoccupazioni sull'immigrazione – conclude il rapporto – hanno portato all'avanzata elettorale dei partiti di destra che propongono maggiori restrizioni al fenomeno». L'incremento delle politiche anti-immigrazione ha portato al declassamento di Svizzera e Malta.
dossier a cura di Umberto De Giovannangeli
Fonte: l'Unità
15 gennaio 2010