San Suu Kyi: “C’è democrazia quando il popolo controlla il governo”
Radio Vaticana
Migliaia di sostenitori per il primo discorso ufficiale della leader dell’opposizione birmana Aung San Suu Kyi. Intervista ad Anna Violante, coordinatrice in Italia per il Myanmar di Amnesty International.
Acclamato oggi da migliaia di sostenitori il primo discorso ufficiale della leader dell’opposizione birmana Aung San Suu Kyi liberata ieri dopo circa 15 anni di arresti domiciliari. “Non c’è democrazia senza libertà di espressione” ha detto la donna, premio Nobel per la pace, parlando a Yangon davanti la sede del suo partito, la Lega nazionale per la democrazia. Nelle sue parole, che segnano il ritorno sulla scena politica, ribaditi il ruolo di leader e l’impegno per il Paese, con un forte appello alla speranza e all’unità.
La notizia della liberazione di Aung San Suu Kyi è stata accolta con gioia in tutto il mondo. Il presidente statunitense, Barack Obama, ha dichiarato che è stata liberata un’eroina e ha rivoto un appello al governo del Paese asiatico affinché siano rilasciati tutti i prigionieri politici. Soddisfazione dal governo di New Dehli che afferma: è un primo importante passo verso la riconciliazione e il cambiamento. Per un commento sulla liberazione di Aung San Suu Kyi, Eugenio Bonanata ha intervistato Anna Violante, coordinatrice in Italia per il Myanmar di Amnesty International:
Il valore della liberazione di Aung San Suu Kyi è per la popolazione birmana certamente una grande cosa. E’ una grande cosa non tanto per la fiducia che possono ora riporre nella mossa del governo. Le autorità politiche del Paese hanno sicuramente fatto una mossa di tipo opportunistico poiché, liberando Aung San Suu Kyi, la comunità internazionale allenta la morsa intorno alla giunta e alle violazioni dei diritti umani. Ci si occupa quindi meno di tutte le violazioni che rimangono. Ma essendo Aung San Suu Kyi – figlia di Aung San, eroe nazionale del Paese – il più grande simbolo della Birmania ed essendo il simbolo di una forza d’animo spaventosa, la sua stessa liberazione ha un valore simbolico molto potente per la popolazione birmana. Aung San Suu Kyi, inoltre, non intende mollare la lotta per la democrazia. E questo, certamente, è molto importante!
La liberazione di Aung San Suu Kyi non deve far dimenticare che nel Paese vi sono altri prigionieri politici…
Nel Paese vi sono 2.200 prigionieri politici, che oltretutto nel 99,9 per cento dei casi sono prigionieri di coscienza. Sono in prigione unicamente per aver espresso le proprie idee. Sono, tra l’altro, condannati a pene gravissime che vanno dai 60 ai 90 anni di prigione in base a leggi molto vaghe e interpretabili arbitrariamente. Non dimentichiamoci che in prima istanza sono stati arrestati ingiustamente, come del resto la stessa Aung San Suu Kyi.
Bisogna quindi continuare con la pressione sulla giunta militare al potere…
Bisogna sicuramente continuare con la pressione sulla giunta militare al potere. Bisogna anche continuare con la pressione sui Paesi dell’Asean, così come sulla Cina, sull’India e sulla Thailandia che sono gli Stati che, più di tutti gli altri, hanno interessi economici nel Paese.
Questi Paesi potrebbero fare molto di più rispetto all’Occidente?
Potrebbero fare molto di più rispetto all’Occidente anche perché le sanzioni dell’Occidente sono sanzioni che riguardano il commercio del legname, delle pietre preziose e non toccano – ad esempio – lo sfruttamento dell’energia. Sappiamo, inoltre, che le compagnie di assicurazioni hanno le loro agenzie in Birmania, e che non sono assolutamente toccate.
Fonte: Radio Vaticana
14 novembre 2010
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Aung, primo giorno di lavoro
Obiettivo: legalizzare il partito
La leader democratica birmana torna in ufficio a Rangoon. In agenda il resinderimento della Lega nazionale per la democrazia nel sistema politico, dopo il bando a seguito della mancata registrazione alle ultime elezioni
RANGOON – Primo giorno di lavoro per Aung San Suu Kyi, la leader dell’opposizione birmana liberata sabato 1, che questa mattina ha raggiunto il suo ufficio presso la sede della Lega Nazionale per la Democrazia (Lnd), il suo partito. Il primo impegno della “Lady”, che ha trascorso gran parte degli ultimi 20 anni agli arresti, sarà quello di riportare attivamente sulla scena politica la Lnd, diventata una formazione illegale in seguito alla mancata registrazione alle elezioni del 7 novembre.
Il partito aveva vinto le elezioni del 1990, annullate dalla giunta militare tuttora al potere. La sua leadership ha deciso di non partecipare al voto di otto giorni fa per protestare contro la legge elettorale, la quale prevede che i partiti registrati non possano avere leader con precedenti penali, imponendo di fatto le dimissioni della San Suu Kyi. “Martedì presenteremo un ricorso per riportare alla legalità Lnd”, ha spiegato Nyan Win, portavoce del partito.
Lnd dovrà anche decidere che linea da seguire in merito alle contestate elezioni del 7 novembre, che hanno consegnato circa l’80 per cento dei 1.159 seggi delle tre camere al partito vicino alla giunta, l’Unione della Solidarietà e dello Sviluppo. La Suu Kyi ha preferito per ora non rilasciare commenti espliciti sul voto, spiegando di voler prima leggere un rapporto dettagliato in merito.
Fonte: Repubblica.it
15 novembre 2010