Ritorno del passato a Kabul


Emanuele Giordana - Lettera22


Tornano vecchi caporioni e fantasmi a preparare il futuro governo del presidente, che sarà probabilmente Karzai. Tra tensionie minacce si chiude la campagna elettorale afgana.


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Ritorno del passato a Kabul

“Afghan Vintage”. A due giorni dal voto, qualche ironico osservatore le ha già definite così queste elezioni arrivate al termine della campagna elettorale chiusa ieri ufficialmente. Tra minacce talebane – che hanno recapitato alla sede di Al Jazeera, un palazzetto nuovo ed elegante vicino al centro, i volantini in cui si afferma che la guerriglia taglierà i nasi, le orecchie e le dita di chi si recherà a votare – e un palpabile clima di tensione, l'antico e il ritorno di vecchi protagonisti della storia afgana hanno segnato l'ultimo scorcio della propaganda dei candidati.
Hamid Karzai, capo dello Stato uscente, ha chiuso la campagna con una conferenza stampa in cui si è fatto bello esibendo i candidati che si sono ritirati in suo favore. Otto su 41 senza contare l'ultimo colpo largamente annunciato: il ritorno dell'ex signore della guerra, generale col filosovietico Najibullah e ministro con Karzai, Abdul Rashid Dostum. Il suo sostegno, e cioè il pacchetto di voti della regione trucofona del Nord, non è di poco conto e gli si può dunque perdonare di avere sul groppone un mandato per omicidio che lo aveva costretto a un breve esilio in Turchia. Dostum riveste comunque la carica – ancorché abbastanza simbolica – di capo di stato maggiore delle forze armate, possiede media e una milizia fedelissima oltre a un fortissimo potere sulle aree attorno a Mazar-i-Sharif, suo feudo personale. La “casetta” di Kabul è un palazzone con una parabola grande quanto quelle della Nato, sorvegliata da un manipolo di miliziani che tengono lontani curiosi e giornalisti. E' chiaro che solo il presidente poteva far cestinare o sospendere le accuse contro di lui ed è dunque scontato il suo appoggio a Karzai che spera di farcela al primo turno. Ma non è l'unico ritorno old style.
Il suo sfidante più pericoloso, Abdullah Abdullah, che nelle ultime settimane è cresciuto vertiginosamente nei sondaggi, si è giocato la campagna facendo ricorso alla retorica dell'eroe del Panjshir, quell'Ahmad Shah Massud il cui viso, con quello di Karzai, campeggia nello stadio nazionale dopo essere stato santificato come eroe nazionale. E infatti Abdullah ha chiuso la campagna elettorale proprio nello stadio di Kabul, quello in cui i talebani facevano i loro perfidi esercizi di sharia, in qualche modo – e certo con una scelta molto controversa sul piano della propaganda – rivendicati nei truculenti manifestini anti elettorali sparsi soprattutto nella campagne del Sud.
Su un altro fronte riappare anche un'altra vecchia conoscenza: Gulbuddin Hekmatyar (anche lui con una sfilza di prefissi “ex” all'attivo), ex primo ministro afgano quando i mujaheddin conquistarono Kabul e fondatore del partito islamista Hezb-e Islami. Hekmatyar, che si è alleato con tutti e contro tutti. Dice di essere disposto ad “aiutare” la coalizione internazionale nel caso in cui si stabilisse una data per il ritiro delle truppe straniere dall'Afghanistan. Un vecchio refrain e non del tutto inascoltato se è vero che con Hekmatyar, alleato “tattico” dei talebani, già da tempo parlano gli emissari di Karzai.
Se in Afghanistan si attende il voto con un certo nervosismo, che ha costretto alla fine anche Karzai ad andare a un faccia a faccia televisivo (sdegnosamente rifiutato per giorni), in Europa i nervi non sono meno tesi. I talebani sono diventati “più aggressivi” e per questo la situazione in Afghanistan è “peggiorata”, dice il ministro della Difesa tedesco, Franz Josef Jung, confermando allo stesso tempo l'impegno della Germania in Afghanistan. Riflette, l'intervista che ha dato al domenicale Welt am Sonntag., il deteriorarsi del consenso nei paesi che sostengono l'operazione Isaf-Nato dove la fronda, specie nell'opinione pubblica, è guidata dalla Gran Bretagna in cui la polemica è ormai davvero acuta.
In Italia invece si registra una novità, in parte già emersa in altre dichiarazioni del ministro La Russa che ieri ha detto che “l'impegno del contingente internazionale va nella direzione di avvicinare il momento in cui sarà possibile affidare completamente agli afghani il controllo del territorio, con il ritorno dei nostri soldati”. Detto in altre parole, finalmente ce ne potremmo andare. Tra spese, pezzi di ricambio e intralci leghisti, l'Afghanistan comincia a diventare un incubo anche per il ministro che più di tutti ama la mimetica.

Fonte: lettera22.it
18 Agosto 2009

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