«Renzi, comincia bene, crea il ministero della Pace»
Alberto Chiara - Famiglia Cristiana
L’appello di Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII al convegno “La miglior difesa è la Pace”, svoltosi a Rimini, di fronte a centinaia di giovani, molti dei quali in servizio civile.
Vale per chiunque vada a Palazzo Chigi. Che sia il cattolico ed ex scout Matteo Renzi o un altro, non importa. Importa la novità. Il gesto di rottura. «Chiediamo al Governo che si formerà di istituire il ministero per la Pace, e che questo sia affidato ai giovani». Con questa richiesta Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, chiude il convegno “La miglior difesa è la Pace”, svoltosi a Rimini.
Ramonda si rivolge alle centinaia di giovani presenti in sala. Parla col cuore, in fedeltà al vangelo e alla storia personale e collettiva di tanti che hanno fatto a capo a don Oreste Benzi. In realtà detta l’agenda politica per il prossimo esecutivo che tra qualche tempo, non molto, dovrà fare i conti con i risultati della commissione conoscitiva sui cacciabombardieri F-35 e che dovrà confrontarsi con la mobilitazione di crescenti settori dell’opinione pubblica italiana, sempre più restia a riempire gli arsenali mentre si chiudono ospedali e le scuole vanno a pezzi.
«L’Italia», s’accalora Ramonda, «deve diventare una superpotenza della nonviolenza. Come Comunità ci impegniamo, presso le Nazioni Unite, a sostenere il riconoscimento del diritto alla pace come diritto umano fondamentale, secondo solo a quello alla vita. Le istituzioni riconoscano la possibilità di fare opzione fiscale (lasciando al cittadino contribuente la possibilità di scegliere alcune voci di spesa piuttosto che altre, ndr.); in mancanza di questo riconoscimento chiediamo a tutti di fare obiezione di coscienza fiscale alle spese militari. L’investimento economico sul servizio civile e sui progetti di intervento all’estero si deve intensificare: diamo un taglio ai privilegi, ridistribuiamo le risorse».
Ramonda va oltre: «Il corpo nonviolento di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII è disposto a intervenire con progetti mirati in Libano e in Siria. Stiamo aprendo a Baghdad,capitale di un Paese che dopo anni di conflitto conta 2 milioni di bambini mutilati e 3 milioni di vedove». Un impegno a tutto campo, cominciando da se stessi e dalle realtà in cui ognuno è inserito. «Diventiamo noi veri operatori di pace, uomini di giustizia, partiamo dalle nostre famiglie, non frammentiamo le energie, collaboriamo, portiamo avanti progetti condivisi. Usciamo da qui e portiamo la pace nella nostra vita quotidiana».
Tante le voci che hanno arricchito il dibattito in questi tre giorni di lavori. Voci istituzionali, politiche, di chi è impegnato sul campo ma soprattutto le voci di tanti giovani che hanno portato la loro esperienza e i loro sogni. «Sono questi», conclude Ramonda, «i semi di speranza in una società dove l’1% delle persone detiene il 40 % delle risorse. Sono loro la nonviolenza vissuta, la voce delle vittime, la testimonianza che la nonviolenza non è utopia”.
La Comunità Papa Giovanni XXIII da più di 20 anni è impegnata concretamente in situazioni di conflitto e di violenza strutturale, attraverso l’Operazione Colomba, il corpo nonviolento di pace, e il progetto di servizio civile all’estero dei Caschi Bianchi. Fino ad oggi sono partiti con la Papa Giovanni circa 350 Caschi Bianchi, 2500 gli obiettori di coscienza dal 1973. Un centinaio di Caschi bianchi erano anche obiettori. Con l’Operazione Colomba partono circa 130 volontari all’anno. Fino ad oggi l’Operazione Colomba ha “abitato” 15 conflitti. Oggi è attiva in Israele e Territori Palestinesi, Colombia, Albania, Libano.
Fonte: www.famigliacristiana.it
15 febbraio 2014