RD Congo: 2,4 milioni profughi, stupri e violenze


Rita Plantera


L’ultimo conflitto tra l’esercito e i rivoltosi del movimento M23 si lascia dietro una striscia di sangue e violenze sulle donne e tanti congolesi costretti a fuggire dalle loro case.


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Gli scontri nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo tra i ribelli del 23 March Movement (M23) e l’esercito nazionale hanno causato lo sfollamento di migliaia di uomini, donne e bambini portando il numero dei profughi interni a novembre a circa 2,4 milioni (fonti ONU).

A seguito degli attacchi dei gruppi del movimento M23, composto da soldati dell’esercito nazionale che si sono ammutinati ad aprile, nella regione congolese del North Kivu i villaggi vengono saccheggiati e distrutti, gli uomini vengono massacrati, le donne sono violentate e i bambini sono reclutati con la forza, secondo quanto riportato dall’UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA).

Nella sola regione del Masisi i profughi sarebbero circa 35,000. A lanciare l’allarme è l’Onu citando un rapporto dell’United Nations Organization Stabilization Mission in the DR Congo (MONUSCO).

Stando ai dati diffusi da MONUSCO a seguito di perlustrazioni condotte nella regione di Masisi tra il 26 e il 31 dicembre scorso, un numero crescente di incidenti etnici e azioni di gruppi armati si sono verificati nella regione del Masisi colpendo soprattutto le località di Buabo, Banyungu, Biiri and Bapfuna. L’ondata di violenza ha raggiunto il suo apice tra il 3 e il 29 novembre, quando attacchi armati contro le località di Shoa, Buabo, Banyungu, Biiri Masisi-centre and Kihuma hanno provocato la morte di 40 persone.

L’aumento crescente di casi di violenza tra gruppi etnici diversi a partire da settembre ha causato una crisi umanitaria di seria portata, questo in sintesi quanto riportato nel rapporto MONUSCO.

27,800 profughi interni vivono nei 4 campi allestiti a Kilimani, Kalinga, Lushebere Bihito, altri 8,000 si sono stabiliti in un campo aggiuntivo a Masisi-centro, e un vasto imprecisato numero è ospitato da famigli e o trova rifugio in posti pubblici. Vivono in dure condizioni e subiscono violenze a cui si aggiunge anche l’ostilità delle comunità locali che li sospettano di avere legami con i gruppi armati.

Dopo due settimane di viaggio su strade impervie, camion di viveri sono finalmente riusciti a fornire loro una prima assistenza alimentare il 30 dicembre.
Sono due i principali gruppi etnici coinvolti in questo nuovo conflitto scoppiato nella Repubblica Democratica del Congo. Da un lato i diversi gruppi armati alleati degli Hutus e dall’altro i gruppi di etnia Hunde che compongono le fila del Mai Mai Nyatura, l’Alliance patriotique pour un Congo libre et souverain (APCLS), le Forces democratiques Congolaise (FDC), il Maï Maï Kikokota e il Maï Maï Rahiya Mutomboki.

Quello dei gruppi armati che imperversano nei territori congolesi è un problema di lunga data che è riesploso nel corso del 2012 quando combattenti armati del 23 March Movement (M23) hanno occupato Goma, la capitale del North Kivu, dopo scontri con le forze armate congolesi conosciute come Forces d’Armees de la Republique Democratique du Congo (FARDC).

I guerriglieri M23 hanno preso la città di Goma il 19 novembre dopo scontri con le forze armate governative e si sono ritirati dopo 11 giorni di occupazione in conformità con le disposizioni dell’International Conference on the Great Lakes Region (ICGLR) e sotto il monitoraggio di peacekeepers MONUSCO presenti nella città.

E all’International Conference on the Great Lakes Region (ICGLR), si è rivolta due giorni fa il Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti, Zainab Hawa Bangura, chiedendo di intervenire a sostegno della Repubblica Democratica del Congo per risolvere il grave problema dei reati di violenza sessuale legati ai conflitti che dilaniano le popolazioni civili, in conformità con quanto stabilito dalla Declaration of Heads of State and Government of Member States of the ICGLR on the Prevention of Sexual and Gender-Based Violence del 2010 e dal Protocol on the Prevention and Suppression of Sexual Violence against Women and Girls del 2006.

L’ICGLR è una organizzazione intergovernativa dei Paesi della regione africana dei Grandi Laghi formata da 11 Paesi membri, vale a dire: Angola, Burundi, Repubblica Centrafricana, Republica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Kenya, Uganda, Rwanda, Sudan, Tanzania and Zambia. Nata a partire dal 2000 quando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con le risoluzioni 1291 e 1304, sostenne la riunione di una Conferenza sulla pace, la sicurezza, la democrazia e lo sviluppo nella Regione dei Grandi Laghi, la sua istituzione si è basata sul riconoscimento che l’instabilità politica in questa regione ha una notevole dimensione regionale e quindi richiede uno sforzo concertato per promuovere la pace e lo sviluppo.

Inoltre, il Rappresentante Speciale Zainab Hawa Bangura ha invitato, come riportato da fonti ONU, il primo ministro della Repubblica Democratica del Congo, Matata Ponyo Mapon, a indagare e a perseguire i combattenti delle FARDC di stanza a Minova, nella provincia del South Kivu, e a Munigi e Goma, nel North Kivu, che nel novembre del 2012 si sono resi responsabili di reati di violenza sessuale contro le popolazioni civili.

Secondo un rapporto del 6 dicembre 2012 pubblicato dall’Integrated Regional Information Networks (IRIN) e riportato da fonti dell’Office of the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), giorni dopo l’arrivo delle truppe FARDC a Minova, 54 km a sudovest di Goma, a fine Novembre, donne del posto hanno cominciato a presentarsi negli ospedali locali riportando lesioni da stupro.

Secondo le testimonianze raccolte nel rapporto, i soldati dell’esercito governativo (FARDC) di giorno si rendono responsabili di stupri nei campi e nella notte entrano nelle case.

Un portavoce delle FARDC, il Colonnello Olivier Hamuli, ha detto all’agenzia stampa dell’Onu IRIN che molti soldati sospettati di stupro e furto sono stati arrestati e trasferiti a Kinshasa per il processo.

Il portavoce dei gruppi ribelli, Vianney Kazarama, ha invece negato le accuse e criticato gli autori per non aver riportato i nomi delle presunte vittime o altre prove attraverso cui verificare le accuse. Secondo un rapporto UNICEF di dicembre, l’Ospedale di Minova aveva registrato 72 casi di stupro dall’inizio dell’ultima ondata di violenza.

Un rapporto dell’UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) illustra una situazione umanitaria estremamente preoccupante e riporta di continui casi di saccheggi, stupri, esecuzioni sommarie e di reclutamento dei bambini. La notte tra l’1 e il 2 dicembre si sono verificati saccheggi e stupri da parte di uomini armati nel campo profughi di Mugunga III, notizia confermata da UNICEF e da Hope in Action che ha fornito cure mediche a 12 sopravissuti (comprese tre bambine) alle violenze sessuali. I fatti di Mugunga destano gravi preoccupazioni per i circa 130,000 profughi nei campi e nei siti intorno a Goma.

Anche se a Minova i 36 centri di clorurazione continuano a funzionare, la situazione si è deteriorata a Bweremana dove da molti mesi non si effettua alcuna clorurazione. In entrambe le città c’è urgente necessità di latrine e docce nei siti collettivi. 671 i bambini non accompagnati registrati. Il loro ricongiungimento alle famiglie rimane difficile a causa dei continui spostamenti delle popolazioni del posto da quando il conflitto è riesploso.

Tutto questo, come riporta OCHA, in un Paese in cui 4,5 milioni di persone soffrono a causa dell’insicurezza alimentare, 1 milione di bambini sotto i 5 anni soffre di malnutrizione acuta grave e si sono registrati 27.000 casi di colera nel 2012.

Fonte: http://nena-news.globalist.it
10 gennaio 2013

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