Rapporto Rsf: In Italia la libertà di stampa è sempre meno garantita
Federico Orlando
In pratica, siamo più vicini all’Iran col suo 73° posto che a Danimarca, Norvegia, Finlandia e Svezia, saldamente attestati al primo posto (nonostante le minacce fondamentaliste).
Cara Europa, ho letto l'articolo di Giovanni Cocconi “I professionisti dell'antimafia”, che critica la faciloneria con cui grandi organi di informazione attaccano i contributi pubblici a giornali cooperativi, di partito, di idee (da Europa ad Avvenire, dal Manifesto all'Unità al Secolo d'Italia a Liberazione, costretta quest'ultima a chiudere dal 1 gennaio l'edizione cartacea). Definire i giornalisti censori “professionisti dell'anticasta”, mi sembra giusto, se, come nel caso denunciato da Cocconi, essi prendono a esempio di soldi mal spesi l'Avanti di Lavitola, una scandalosa truffetta, e dimenticano gli enormi contributi pubblici che la loro grande editoria riceve sotto varie voci: tariffe postali, credito d'imposta sulla carta, Iva agevolata su libri e dvd allegati, sconti sulle tariffe elettriche, ecc.) Il tutto, mentre Reporters sans frontieres, nella sua annuale classifica sulla libertà d' informazione in 176 paesi dell'Onu, sprofonda l'Italia al 49° posto. Non sarebbe il caso che il governo Monti affrontasse la questione? (Marcella De Masi, Pescara)
Sarebbe il caso, cara signora, e per ragioni che non sfuggiranno alla sensibilità del presidente del consiglio. Che fra noi giornalisti ci siano settori castali, è noto, com'è noto che fra gli ecclesiastici ci sono affaristi. Ciò non inficia le verità evangeliche, come i comportamenti di cattivi giornalisti non inficiano i valori della libertà: “L'America sarà quel che saranno i suoi liberi giornali” diceva Jefferson due secoli fa (e non mi stanco di ripeterlo) e oggi Reporters sans frontieres fa sapere che, con l'arrivo di Obama alla Casa Bianca – e speriamo ci resti – la libertà della stampa negli Usa è salita dal 40° al 20° posto nella classifica mondiale. Al contrario l'Italia, che nel 2007 era al 35° posto, è passata al 44° posto nel 2010 e al 49° nel 2011. In pratica, siamo più vicini all'Iran col suo 73° posto che a Danimarca, Norvegia, Finlandia e Svezia, saldamente attestati al primo posto (nonostante le minacce fondamentaliste). L'autoritarismo è una mala bestia, e lo conferma il paese culla dell'illuminismo e della rivoluzione, la Francia, che col suo 43° posto è molto più vicina a noi che agli scandinavi. Nel rapporto dei Sans frontieres, si legge che “in Italia ancora una dozzina di giornalisti sono sotto protezione; che con l'uscita di Berlusconi da palazzo Chigi il conflitto d'interessi ha voltato pagina, e tuttavia il suo posto in classifica porta ancora i segni del vecchio governo: quali “legge bavaglio”, filtraggio dei contenuti della Rete, proposte abbandonate solo in extremis”. Ma ai rilievi dei colleghi ci permettiamo di aggiungerne altri, come fanno la Federazione della Stampa, Articolo 21 e i giornali d'opinione che si vorrebbe far morire tagliando i finanziamenti pubblici. Basti pensare alla pesante penalizzazione dei giornali nel settore pubblicità, rastrellato dai monopoli pubblici e privato della televisione; monopoli che vorrebbero sottrarre all'Italia in crisi i 3 o 4 miliardi ricavabili dall'asta delle nuove frequenze tv, già promesse gratis da Berlusconi ai ras delle tv esistenti.(Martedì prossimo la Rai prorogherà per un anno Maccari (Pdl) al Tg1 e nominerà Casarin (Lega) al Tgr: con 5 voti contro 4, e il quinto è di Verro (Pdl) che, nominato deputato, dovrebbe già essere fuori della Rai). Ci pensi, il governo. E la ministra Fornero sia prudente, non dica che il giornalismo è una casta di privilegiati, confondendo fra i feldmarescialli dei giornaloni e le migliaia di “lavoratori invisibili” che scrivono per 4 euro ad articolo e portano il 50 per cento delle notizie rischiando le pallottole mafiose. Senza di loro non ci sarebbe informazione né stampata né su rete né in radio e in tv: ieri pomeriggio hanno manifestato davanti a Montecitorio per far parlare di sé come pescatori, tassinari, camionisti, coldiretti e altre “caste”di precari sfruttati. Come Pierpalo Tiziano della Gazzetta del Sud, suicidatosi a giugno, o Giovanni Tizian della Gazzetta di Modena, sotto scorta da dicembre 2010.
Post scriptum. Mentre le scrivo, cara signora, mi perviene una richiesta del giovane Dario Tescarollo, laureato, conoscenza dell'inglese, che mi rinnova la richiesta di poter fare almeno uno stage. In queste condizioni, caro Tescarollo,e con decine di richieste come la sua? Aspettiamo almeno che si chiariscano le cose, se cioè in Italia possano stampare solo le plutocrazie editoriali o anche i gruppi al servizio di idee.
Fonte: http://www.articolo21.org
26 Gennaio 2012