Quarto Forum Internazionale "Colombia" Vive!
La redazione
Documento conclusivo del quarto Forum Internazionale organizzato dalla Rete Italiana di Solidarietà Colombia Vive! che si è svolto a Treviso il 12, 13, 14 ottobre di 2007.
Quando lo Stato non garantisce la giustizia
Treviso 12, 13, 14 ottobre di 2007
Documento conclusivo
Dal 12 al 14 ottobre 2007, si è realizzato nella città di Treviso (Italia) il 4° Forum Internazionale Colombia Vive! che ha avuto due obiettivi principali:
– l’analisi dell'attuale congiuntura colombiana nella cornice della persistente violazione dei diritti umani, dell'impunità, della "smobilitazione" paramilitare e della crescente relazione mafiosa tra Italia e Colombia;
– la riflessione sulle Zone umanitarie ed i processi di autodeterminazione che, per la protezione della popolazione civile che vive in mezzo al conflitto armato, sono state realizzate dalle comunità indigene, contadine ed afrodiscendenti che resistono in maniera nonviolenta alla guerra e allo sfollamento forzato.
Il Forum è stato organizzato dalla Rete Italiana di Solidarietà Colombia Vive!.
Dopo avere ascoltato attentamente le testimonianze dei rappresentanti colombiani delle Comunità in resistenza civile e delle Organizzazioni che operano in difesa dei diritti umani,
Enti Locali, Istituzioni ed Organizzazioni sociali
provenienti dall'Inghilterra, Spagna, Belgio, Austria, Francia, Italia e Stati Uniti,
riaffermiamo
la decisione di rafforzare i nostri legami di amicizia e solidarietà con le Comunità ed Organizzazioni sociali che portano avanti processi di resistenza civile e di difesa dei diritti umani in Colombia.
Considerando
• Che, – nonostante l'esistenza in Colombia di un conflitto politico, sociale ed armato che da più di 40 anni dissangua il paese – , si è verificato nell'ultima decade il progressivo consolidamento di una geografia della speranza, formata dalle Comunità rurali che hanno definito propri piani di vita con i quali contrastano in maniera creativa e nonviolenta le espressioni più drammatiche del neoliberismo;
• La costruzione, da parte di queste Comunità, di spazi di protezione per la popolazione civile che vive in mezzo alla guerra, di pratica reale della democrazia e della partecipazione, di applicazione del Diritto Internazionale Umanitario, di trasmissione della conoscenza ancestrale, di riaffermazione del diritto proprio e della difesa della vita degna, del territorio e della cultura;
• Il non-riconoscimento delle Zone Umanitarie delle Comunità in resistenza civile da parte del Governo colombiano il quale, in questo modo, disconosce il diritto legittimo della popolazione civile a non essere inclusa nella guerra e, di conseguenza, il principio fondamentale di distinzione tra combattenti e non combattenti;
• L'esistenza di una politica di persecuzione contro le Comunità in resistenza civile, attuata attraverso la violenza diretta – sia con azioni delle forze militari e di polizia che con azioni dei gruppi paramilitari – , la persecuzione giudiziaria, la diffamazione attraverso i mezzi di comunicazione da parte di alti funzionari dello Stato, i blocchi economici, la persecuzione dei loro accompagnatori, le minacce permanenti, i tentativi di coartazione attraverso supposti programmi socioeconomici effettuati con tecniche di proselitismo per creare divisione comunitaria e per militarizzare gli spazi di vita civile;
• L'intreccio di relazioni tra narcotraffico, paramilitarismo, potere politico e controllo territoriale evidenziate dalle investigazioni che la Corte Suprema di Giustizia sta portando avanti sulla parapolitica;
• Il processo contro il leader paramilitare Salvatore Mancuso che ha dimostrato l'articolazione del narcoparamilitarismo colombiano con la Ndrangheta calabrese ed il significativo fatto che siano stati nominati per incarichi diplomatici presso l'ambasciata colombiana in Italia, personaggi vincolati con detto leader paramilitare;
• La posizione di rifiuto da parte del Governo colombiano, di realizzare lo scambio umanitario che permetta la liberazione di membri della forza pubblica, di leader politici e di altri cittadini in mano alla guerriglia; il consolidamento dell'impunità come meccanismo di negazione del diritto delle vittime alla verità, alla giustizia e alla riparazione;
• L'esistenza di molteplici forme di solidarietà internazionale espresse con l’accompagnamento fisico sul campo, l’appoggio politico, morale ed economico;
• Il valore universale assunto dalla lotta nonviolenta delle Comunità in resistenza civile colombiane che hanno definito forme di economia solidale e vita degna attraverso le quali contribuiscono in modo concreto alla costruzione di un mondo distinto.
All' Unione Europea ed ai suoi Stati membri
• Sospendere la vendita di armi e l'aiuto militare alla Colombia, considerato che nel paese si vive un forte conflitto armato e si verifica la violazione impune dei diritti umani;
• Attivare un efficace vigilanza sulle risorse destinate alla cooperazione con la Colombia per garantire che non siano utilizzate per il consolidamento dell'apparato militare, che non favoriscano lo sfruttamento illegale ed illegittimo delle risorse naturali ed, in generale, non contribuiscano all'acutizzazione della guerra;
• Appoggiare la realizzazione dell’ "Accordo Umanitario" che permetta la liberazione dei sequestrati;
• Impegnarsi maggiormente nelle iniziative promosse dalla Società civile colombiana ed in modo particolare dalle Comunità in resistenza civile in favore della difesa integrale dei diritti umani;
• Condizionare la cooperazione e gli accordi commerciali con la Colombia al rispetto dei diritti umani ed ai risultati concreti delle investigazioni sui crimini commessi contro i membri delle Comunità in resistenza civile e delle Organizzazioni sociali vittime della violenza politica colombiana. In questo senso, esiste già una clausola approvata dal Parlamento Europeo nel febbraio del 2006 che con urgenza dovrebbe essere trasformata in direttiva dagli organismi esecutivi dell'Unione Europea responsabili della politica estera;
• Specificamente al Governo italiano e all'Ambasciata italiana a Bogotà, appoggiare la relazione solidale che espressioni organizzate della società civile italiana hanno con le Comunità in resistenza civile e le Organizzazioni che difendono i diritti umani in Colombia. Allo stesso modo sollecitiamo l'Ambasciata italiana, ad unirsi alla missione diplomatica che appoggia la Comunità di Pace di San José di Apartadó.
Al Governo della Colombia
• Cessare immediatamente qualunque tipo di violenza e persecuzione contro le Comunità contadine, afrodiscendenti ed indigene che con la loro resistenza civile contribuiscono a rompere il ciclo vizioso della violenza colombiana;
• Sospendere ogni forma di persecuzione contro le Organizzazioni della società civile impegnate nella difesa dei diritti umani e del diritto delle vittime alla verità, alla giustizia e alla riparazione;
• Garantire il diritto Costituzionale che appartiene alle Comunità indigene ed afrodiscendenti alla proprietà collettiva dei loro territori;
• Difendere con politiche chiare il patrimonio comune dei colombiani ed evitare il proseguimento del saccheggio delle risorse naturali da parte delle imprese multinazionali;
• Non interferire nelle investigazioni che la giustizia colombiana realizza sul legame di un importante numero di parlamentari e funzionari pubblici con gruppi paramilitari, autori per molti anni di migliaia di violazioni ai diritti umani e di crimini contro l'umanità.
Al Governo della Colombia ed ai gruppi armati di opposizione
• Trovare quanto prima un'uscita negoziata al conflitto politico, sociale ed armato;
• Realizzare lo scambio umanitario per la liberazione dei sequestrati;
• Riconoscere e rispettare le Zone umanitarie delle Comunità in resistenza civile (spazi di Assemblea Permanente nel caso delle Comunità Indigene del Nord del Cauca) come spazi di protezione della popolazione civile in mezzo al conflitto armato;
• Rispettare la decisione di autonomia di fronte agli attori armati, manifestata dalle Comunità che in maniera nonviolenta si rifiutano di partecipare alla guerra e di abbandonare il proprio territorio.
Ai Governi dell'Italia e della Colombia
• Attivare meccanismi che combattano efficacemente la relazione tra le organizzazioni criminali Ndrangheta italiana e paramilitari colombiani. Allo stesso modo, contrastare i possibili appoggi che, da istanze ufficiali, funzionari pubblici dei due Paesi potrebbero offrire a queste pericolose organizzazioni illegali
Ci impegniamo a
1. Continuare ad appoggiare i processi che le Comunità in resistenza civile, il Movimento Nazionale di Vittime dei Crimini dello Stato, il Collettivo di Avvocati José Alvear Restrepo e le altre Organizzazioni Sociali colombiane, realizzano per la memoria, la verità, la giustizia e la riparazione;
2. Continuare a denunciare con forza le violazioni che contro la popolazione civile, vengono perpetrate da tutti i gruppi armati, legali ed illegali;
3. Lavorare per la protezione tanto dei processi di resistenza nonviolenta alla guerra, quanto delle persone che coraggiosamente ne sono protagonisti e di quelle che li accompagnano;
4. Continuare a diffondere, attraverso attività di sensibilizzazione che convochino solidarietà concrete, le buone pratiche di resistenza alla guerra, alla difesa della vita degna, del territorio e della cultura, realizzate dalle Comunità in resistenza civile;
5. Rafforzare la Rete Europea di appoggio alla Comunità di Pace di San José di Apartadó, creata col patto di gemellaggio tra i municipi di Westerlo (Belgio), Alburquerque (Spagna), Burgos, (Spagna) e Narni (Italia), che a loro volta, sono gemellati con questa Comunità di pace;
6. Promuovere e facilitare patti di gemellaggio tra municipi italiani e le Comunità in resistenza civile di CAVIDA ed ACIN;
7. Promuovere la visibilità ed il riconoscimento delle Zone Umanitarie e della Guardia indigena del Cauca, come espressioni legittime di resistenza civile contemplate dal Diritto Internazionale Umanitario.
Treviso, 14 ottobre di 2007