Quale futuro per i diritti umani?


Ottavio Olita - articolo21.org


Due momenti di riflessione in Sardegna. Centinaia di persone si sono incontrate per ragionare sulla Costituzione Italiana e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. “Entrambe hanno 60 anni, entrambe stanno subendo attacchi, sprezzanti violazioni, tentativi di impoverimento dei loro alti valori”.


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Quale futuro per i diritti umani?

Un Paese che ha voglia di parlare e di ascoltare. La dimostrazione non sono solo le decine di migliaia di persone riunitesi in Piazza Navona; sono anche le centinaia di uomini e donne che in due torride giornate – il primo luglio e l’8 luglio – si sono riunite a Cagliari e ad Iglesias per discutere di due fondamentali strumenti di democrazia elaborati e scritti subito dopo un’epoca di aberrazioni, violenze e lutti per l’umanità che furono il nazifascismo prima, la seconda guerra mondiale poi: la Carta Costituzionale italiana; la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani voluta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Entrambe hanno 60 anni, entrambe stanno subendo attacchi, sprezzanti violazioni, tentativi di impoverimento dei loro alti valori.
 La prima occasione di riflessione è stata offerta dalla Cgil e da Articolo 21 che, per sottolineare la formidabile attualità della carta fondamentale della Repubblica, hanno voluto ricordare la grande figura umana, sindacale e politica di Giuseppe Di Vittorio, da bambino-bracciante a militante socialista, da parlamentare antifascista a confinato, da combattente della guerra di Spagna a partigiano nella Resistenza, fino a padre Costituente attraverso l’instancabile studio e uno strenuo impegno sul campo, senza pardere mai il contatto con i lavoratori. Di Vittorio fu uno dei suggeritori di quell’articolo 1 della Costituzione che indica nel lavoro il fondamento stesso dell’Italia democratica. Una vita leggendaria cominciata nel 1892 a Cerignola e conclusa a Lecco nel 1957 a 65 anni d’età, raccontata in modo profondo e commovente dal film di Carlo Lizzani e Francesca Del Sette proiettato al termine di due ore e mezzo di discussione nella quale si sono alternate le indicazioni di quanti diritti tutelati dalla Carta Costituzionale sono oggi sotto attacco: lo studio, l’informazione, la magistratura, le garanzie per i lavoratori. Ne hanno parlato un magistrato del lavoro, Mauro Grandesso, di Magistratura Democratica; un’insegnante del Cidi, Gianna Lai, una sindacalista Luisa Sassu, della Cgil, un costituzionalista, Gianmario Depuro. Articolo 21 ha sottolineato che tra i soggetti di tutela della democrazia, anche il Parlamento e i singoli esponenti eletti nelle liste della maggioranza stanno scegliendo – o stanno subendo – la limitazione di una delle principali funzioni di garanzia democratica.

Una settimana più tardi, ad Iglesias, la Società Operaia di Mutuo soccorso, l’Umanitaria, l’Arci e Articolo 21 hanno proposto un altro tema centrale “Quale futuro per i diritti umani?” La relazione introduttiva è stata svolta da Gianni Manca, responsabile regionale di “Amnesty International” che ha ricordato come oggi 81 nazioni del pianeta sono in condizioni degradanti, due miliardi di persone sono costrette a vivere al di sotto della soglia di sostentamento, il due per cento della popolazione del mondo gestisce il 50 per cento delle ricchezze del pianeta. Questo accade perché sono tantissime le violazioni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani votata dall’Onu il 10 dicembre 1948 e fa paura, ha sottolineato Manca, che tra i giovani, su questo tema, siano diffuse ignoranza e indifferenza, se non si dichiara vero e proprio fastidio perché non si vogliono vedere messi in discussione un egoistico stile di vita che non conosce la solidarietà. Franco Uda dell’Arci, Francesca Ticca e Giampaolo Diana, segretari regionali di Uil e Cgil, hanno poi ragionato su quel che accade in Italia per quanto riguarda immigrati, rom e mondo del lavoro. Articolo 21 ha sottolineato le responsabilità di una comunicazione televisiva diseducativa e che non informa. Un esempio? Basta guardare le principali trasmissioni di  intrattenimento destinate ai giovani, o i principali telegiornali nei quali nessun corrispondente dalle capitali delle grandi democrazie informa su come quei Paesi affrontano questioni su cui da noi il dibattito si sta imbarbarendo, come i controlli sui Rom o i soldati nelle città per garantire maggiore sicurezza. L’ultima, drammatica riflessione del dibattito, durato tre ore e mezzo, è stata relativa ad un dato fornito da Amnesty International: se la quantità di denaro impiegata nelle guerre in Iraq e Afghanistan fosse stata impegnata per l’acquisto di medicine si sarebbe potuta vaccinare tutta la popolazione mondiale contro le principali malattie. Questo in una realtà economica universale di povertà sempre più diffusa e di crescente insostenibilità di sviluppo dei consumi. E di fronte alla necessità di interventi  urgenti, il G8 concluso in Giappone ha deciso di rinviare al 2050 qualunque ipotesi di soluzione.
 
Centinaia di persone, in caldissimi pomeriggi estivi, come le migliaia di persone in Piazza Navona per dare un segnale di presenza, di ascolto, di partecipazione. Qualunque valutazione si voglia dare di Grillo e Sabina Guzzanti, perché non guardare con maggiore attenzione a questa parte dell’Italia che vuole esserci ora per impegnarsi, discutere, darsi una strategia, programmare iniziative culturali rivolte soprattutto ai giovani?

Fonte: Articolo21

10 luglio 2008 

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