Pyongiang, dopo nuove sanzioni avanti col nucleare
Junko Terao
La Corea del Nord reagisce male alla nuova risoluzione Onu approvata venerdì che inasprisce le sanzioni a suo danno e risponde con nuove provocazioni: "tutto il plutonio per uso militare".
«Abbandonare il nucleare è diventata una scelta impossibile». Così Pyongyang replica alla risoluzione Onu approvata venerdì all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza che allarga le sanzioni a suo danno e avverte che, d’ora in poi, «tutto il plutonio estratto sarà utilizzato a scopi militari». Non solo: la Corea del Nord annuncia anche che è pronta ad iniziare il processo di arricchimento dell’uranio. Proclami che riportano l’orologio indietro nel tempo e che vanificano definitivamente e in un colpo solo i pochi progressi raggiunti nell’ambito dei colloqui a sei, il tavolo negoziale sul nucleare nordcoreano, proceduti negli ultimi anni a ritmo di un passo avanti e uno indietro. Il test atomico del 25 maggio scorso, il secondo messo a punto da Pyongyang, ha suscitato la dura reazione internazionale sfociata nella nuova risoluzione e la conseguente risposta provocatoria di Pyongyang, che considererà qualsiasi blocco nei suoi confronti come «un atto di guerra», alza ulteriormente il clima di tensione. Un nuovo test missilistico potrebbe già avvenire il 16 giugno, quando il presidente sudcorano Lee Myung Bak incontrerà Barack Obama alla Casa Bianca. Il Dipartimento di Stato americano ha reagito invitando la Corea del Nord a smetterla con le «provocazioni» e la «retorica» e a tornare, invece, al tavolo dei colloqui a sei senza condizioni. Intanto, però, Seoul ha rafforzato la presenza militare nel Mar Giallo, inviando più di 600 uomini sulle isole di Yeonpyeong e di Baekryeong che si trovano sulla frontiera marittima con il Nord. La nuova risoluzione, numero 1874, fortemente voluta da Stati Uniti e Giappone e approvata dopo due settimane di discussioni, inasprisce le sanzioni decise nel 2006, all’indomani del primo test atomico nordcoreano, e mira a colpire in particolare il programma nucleare di Pyonyang, vietando in primo luogo tutte le esportazioni di armi dal “Regno eremita” e buona parte delle importazioni di materiale bellico. Il commercio di armi per Pyongyang, che non produce molta altra merce da esportare, è una risorsa importante di valuta straniera. Si stima che la vendita dei missili frutti al governo di Kim Jong Il circa 1,5 miliardi di dollari all’anno. Inoltre, la risoluzione Onu invita – ma non obbliga, nel qual caso Cina e Russia non avrebbero approvato la misura – tutti i Paesi membri a sottoporre a ispezioni velivoli, imbarcazioni e mezzi di trasporto di terra i cui carichi risultino sospetti. Nel caso in cui una nave cargo in mare aperto rifiuti l’ispezione, questa potrebbe essere condotta allo scalo più vicino e sottoposta ai controlli dalle autorità locali. Gli Stati membri, inoltre, non potranno fornire viveri o carburante alle navi nordcoreane sospettate di trasportare armi. Da punto di vista delle sanzioni finanziarie, la nuova risoluzione allunga la lista delle entità nordocoreane i cui beni all’estero verranno congelati. «Un pacchetto molto robusto, con denti che morderanno», secondo l’ambasciatore americano all’Onu Susan Rice, soddisfatta per l’approvazione di sanzioni «innovative e senza precedenti». Il Giappone, l’altro artefice delle pressioni per una risposta molto dura al test del 25 maggio, ha invitato la Corea del Nord a «prendere sul serio il duro messaggio della comunità internazionale e a rispettarlo» e, intanto, pensa a una possibile legge che consenta alle Forze navali di autodifesa – la Marina militare nipponica – di effettuare le ispezioni. Per Tokyo un nuovo pretesto per liberare, a forza di leggi speciali e misure straordinarie, il raggio d’azione del suo esercito, per ora ancora limitato dalla costituzione pacifista. Anche Cina e Russia hanno votato la risoluzione, ma su quanto saranno disposte ad accoglierne le raccomandazioni ci sono dei dubbi. Del resto ogni Paese membro deciderà se e come mettere in pratica le sanzioni, sulla cui efficacia Rosella Idèo, docente di storia politica e diplomatica dell’Asia Orientale all’università di Trieste, è molto scettica: «innanzitutto c’è la Cina che, pur non potendone più di Pyongyang, non può permettersi di colpire in alcun modo il regime rischiando di farlo crollare. Altrimenti si calcola che circa tre milioni di nordcoreani si riveserebbero nelle regioni cinesi al confine con la Corea del Nord». Per Idèo l’unica via di uscita da questa condizione di stallo in cui tra Pyongyang e Washington rimbalzano continue provocazioni, è una politica più chiara da parte degli Stati Uniti: «Nel mostrarsi forte con Pyongyang, Obama vuole lanciare un messaggio anche all’Iran. Ma, in realtà, quello che dovrebbe fare è prendere in mano la questione dell’intera penisola coreana, a cominciare dalla firma della pace, e tenere quella nucleare separata da altre questioni. Anche Seoul ha ripreso una politica nei confronti di Pyongyang che è totalmente fallimentare. Stanti così le cose, quello che possiamo aspettarci saranno nuovi “incidenti” tra Nord e Sud e nuovi lanci missilistici».
Fonte: Lettera22 e il Riformista
14 giugno 2009