Proiettili, revolver, fucili… una love story tutta americana
Vittorio Zucconi
Usa, la Corte Suprema conferma il diritto a possedere armi. La vera lobby non è la Nra ma quei 200 milioni di cittadini già a mano armata.
"UN diritto individuale che appartiene a tutti gli Americani". Bang bang. Caso chiuso. Tutti noi cittadini degli Stati Uniti, ovunque viviamo, a Beverly Hills come in una rustica valle dei Monti Appalachi, abbiamo da oggi il sacrosanto, inalienabile, americanissimo e costituzionalmente garantito diritto di andare dall'armaiolo come si va al supermercato e comperare, tenere in casa e, in alcuni Stati, portare con noi nella borsetta, nel portaoggetti dell'auto o nella tasca della giacca, un'arma da fuoco.
Duecentodiciassette anni dopo la scrittura del controverso "secondo emendamento" della Costituzione che nel 1791 garantì ambiguamente "il diritto di portare armi, al fine di mantenere una ben regolata milizia", e quasi settanta anni dopo un'altra sentenza della Corte Suprema che nel 1939 aveva messo in dubbio l'applicabilità universale e individuale di quel diritto, la solita, strettissima maggioranza di 5 voti contro 4 dei nove "Supremes" ha letto lo stesso articolo costituzionale in maniera assolutamente permissiva e rigorosamente letterale.
Il secondo emendamento è chiaro, nelle intenzioni dei padri fondatori come le ha lette il giudice supremo che ha scritto le 157 pagine della sentenza. Esso intende mettere nelle mani di ogni cittadino un'arma "in caso di confronto". Abbiamo diritto al nostro Mezzogiorno di fuoco. Tutti gli sforzi, le acrobazie, i divieti escogitati negli ultimi decenni da amministratori locali, governatori, sindaci, sceriffi, capi della polizia, per contenere o limitare la diffusione e il possesso di pistole e fucili (resta escluso il diritto assoluto di possedere "armi d'assalto" di tipo militare) e ridurre la strage quotidiana che nei tardi anni '80 aveva portato a centinaia i morti nelle città principali, sono dunque incostituzionali.
Peggio ancora, essi sono profondamente antiamericani, perché, come argomenta il giudice Antonin Scalia, leader della fazione più conservatrice dentro la Corte Suprema, "le pistole sono il mezzo più popolare scelto per difendere se stessi e la propria casa". La gente, il popolo, ha già da tempo espresso la propria opinione sul quesito posto dalla Costituzione, scegliendo di armarsi.
Arma populi, arma Dei. E se lo stesso Scalia, il falco in toga nera che già si era opposto con veemenza alla decisione – a maggioranza invertita, 4 contro 5, di riconoscere ai sequestrati di Guantanamo la protezione costituzionale – esibisce qualche attimo di ripensamento quando scrive che "anche questo diritto, come tutti i diritti, non è illimitato" e infatti ai "criminali condannati e ai malati di mente" sarebbe opportuno non mettere in mano una machine pistole come quella usata per far strage fra le bambine Amish in Pennsylvania o fra gli studenti del Politecnico della Virginia, la identificazione del possesso di armi con la storia, e quindi la natura profonda, di questa nazione è reale. "Non tocca a noi cancellare quanto è stato scritto e voluto in quell'emendamento".
Sa di avere ragione, il giudice, italo americano e dunque come tanti immigrati e figli di immigrati, americano due volte, nel leggere un popolo che vede, esattamente come i padri dei padri nella ribellione contro l'Impero britannico, nella unificazione sul sangue della Guerra Civile e poi nella conquista delle terre degli indiani, i proiettili, la polvere da sparo, la canna del fucile come il simbolo più autentico di una civilizzazione che non conobbe spade, pugnali, picche, daghe, ma soltanto acciarini, polvere, pallottole. E fu costruita con la Costituzione in una mano e "the gun", l'arma, nell'altra, assai più che con la Bibbia e i codici.
Chi vuole impedire ai cittadini di impugnare una pistola commette peccato contro l'America e deve essere fermato, come gli amministratori di Washington, la capitale, che avevano osato introdurre, insieme a città come New York o Chicago, da ieri fuori legge, norme restrittive o addirittura proibizioni contro gli arsenali privati.
Si possono leggere e studiare scaffali di studi e ricerche per dimostrare che la diffusione capillare di revolver, pistole, mitragliette, fucili, non protegge, ma al contrario ferisce e uccide coloro che cadono nella tentazione di trasformarsi in "gun slingers", in pistoleri da Dodge City, ma invano. Si può ricordare che sono molti più i caduti e i feriti innocenti, in casa e sul lavoro, i bambini trafitti nel classico incidente del "padre che puliva l'arma", le liti domestiche o di vicinato finite a revolverate anziché in tribunale o a schiaffi, di quanti siano i reati impediti o i criminali fermati da una pallottola. Non serve.
Le seimila persone innocenti abbattute, e le ventimila ferite ogni anno da pistole che non intendevano colpirle, gli 800 bambini ricoverati d'urgenza con ferite gravissime e spesso mortali (secondo l'Associazione Pediatrica Americana) da armi da fuoco, la certezza che quelle pistole finiranno per far male più facilmente a chi le possiede piuttosto che a un aggressore (come certificano tutte le ricerche), non sono mai stati deterrenti contro la secolare "love story" fra l'America e quelle armi, quegli archibugi, quei moschetti, quelle carabine a ripetizione, quei fucili semiautomatici, che l'hanno fatta.
E' qualcosa di molto più radicato della illusione di potersi difendere dal male, del "se avessi avuto in mano una Colt non mi avrebbero aggredito", quello che muove la mano dei 5 giudici contro 4 (una maggioranza minima che non ha sollevato nessuna obiezione a destra, dopo lo scandalo manifestato per la stessa maggioranza numerica a proposito di Guantanamo). E' la certezza di essere ben dentro il solco maestro di una storia che sussulta e rabbrividisce occasionalmente, di fronte ai delitti politici più sensazionali o alle stragi più atroci, ma poi torna laddove la famosa battuta di Charlton Heston l'aveva portata, quando aveva detto di essere disposto a lasciar cadere il fucile soltanto dalle "dita fredde", da morto.
La responsabilità di questo stranamore, non è la lobby dei fabbricanti e dei fan del proiettile, che né Barack Obama né certamente John McCain, si sognano di sfidare se non vogliono perdere la corsa, quella sinistra lega di danarosi fanatici che le docufictions alla Michael Moore raccontano. La Nra, la National Rifle Association è la figlia, non la madre, della vera lobby dei 200 milioni di americani già a mano armata e dei milioni che da domani, quando le proibizioni locali cadranno, andranno, con moglie e figli, a fare shopping dall'armaiolo. E non dimenticare la scatola dei proiettili, amore.
Fonte: Repubblica.it
27 giugno 2008