Precipita in Etiopia un aereo carico di progetti per l’Africa


Huffington Post


Lutto nel mondo del volontariato e della cooperazione italiana. Tra le 157 vittime della sciagura aerea in Etiopia, otto italiani e i vertici di Africa Tremila onlus.


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Un disastro aereo che coinvolge tutto il mondo, 157 vittime di 35 diverse nazionalità, fra cui 8 italiani. Lo schianto del Boeing 737 dell’Ethiopian Airlines appena sei minuti dopo il decollo da Addis Abeba ha distrutto un carico di progetti per l’Africa. I passeggeri erano diretti a Nairobi e molti di loro avrebbero dovuto partecipare al Forum ambientale più importante del mondo, l’Assemblea Onu sull’ambiente. Un vertice in cui si doveva discutere di come salvare il pianeta dai cambiamenti climatici e dal sovrasfruttamento delle risorse. Raccontano esperienze di progetti e di sogni per l’Africa le storie dei cittadini italiani che hanno trovato la morte sul volo della Ethiopian. Volontari di una onlus bergamasca, il presidente di una nota rete di ong, funzionarie Onu, l’assessore siciliano ai beni culturali. Uno dei peggiori disastri aerei con vittime italiane della storia.

Grande clamore e commozione ha suscitato la scomparsa di Sebastiano Tusa, archeologo e assessore ai Beni culturali della Regione Sicilia, dove era succeduto a Vittorio Sgarbi, che lo ricorda con affetto e stima. Uno studioso di fama internazionale, che dal padre Vincenzo, pure lui celebre archeologo, aveva ereditato la passione per lo studio dell’antichità. Da tempo aveva orientato la sua ricerca verso l’archeologia subacquea e si era subito affermato come un grande esperto. Aveva accettato la sfida dell’assessorato un anno fa, chiamato da Nello Musumeci, e aveva investito passione ed energia nel rilancio delle politiche culturali promuovendo tante iniziative. Lascia la moglie Valeria Patrizia Li Vigni, direttrice del museo d’arte contemporanea di Palazzo Riso a Palermo, inevitabilmente sconvolta dalla notizia, e due figli (Vincenzo, 28 anni, pure lui archeologo, vive a Londra, mentre Andrea, 24 anni, è paleoetnologo). Tusa era diretto in Kenya per partecipare a una conferenza internazionale promossa a Malindi dall’Unesco dopo le ricerche sottomarine condotte dal suo staff, di concerto con il direttore del Museo Nazionale di Malindi Caesar Bita, che avevano evidenziato grosse potenzialità nell’ambito dei ritrovamenti sotto la superficie dell’Oceano Indiano.

Il mondo delle ong italiane è in lutto. Nella lista dei passeggeri c’era Paolo Dieci, presidente della ong Cisp e di Link 2007, una rete di 14 ong che guardavano a progetti di sviluppo per l’Africa e non solo. A ricordarlo sul proprio sito web, il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp): “Il mondo della cooperazione internazionale – si sottolinea – perde uno dei suoi più brillanti esponenti e la società civile italiana tutta perde un prezioso punto di riferimento”. “Ho parlato con lui ieri sera verso le 11. Era a Fiumicino e stava partendo per Addis Abeba. Stamattina è poi salito su quel maledetto aereo per raggiungere Nairobi. Doveva proseguire per Mogadiscio, dove andava a seguire da vicino alcuni dei progetti di sviluppo che il Cisp sta realizzando in Somalia. Perdiamo una persona cara, ma è anche un’immensa perdita professionale” racconta, tra le lacrime, Nino Sergi, uno dei decani della Cooperazione italiana. Anche il vice ministro degli Esteri, Emanuela Del Re lo ricorda nel suo post di cordoglio su Facebook per “lo scambio costante per progetti di cooperazione nelle zone depresse del mondo”. Dieci viveva a Roma, aveva 56 anni, era sposato e padre di tre figli.

Da Roma arrivavano anche le giovani funzionarie del World Food Programme dell’Onu, Maria Pilar Buzzetti e Virginia Chimenti, di 31 e 30 anni, e Rosemary Mumbi. Maria, dopo essersi laureata a Tor Vergata e specializzata alla Luiss, è stata autrice di diverse pubblicazioni in campo internazionale e anche consulente per l’associazione di studio, ricerca e internazionalizzazione in Eurasia e Africa. Sul suo profilo Facebook campeggia una frase tratta dal celebre romanzo di Lewis Carroll, ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’ (“Alice ma tu ogni tanto impari qualcosa dalle tue esperienze passate o cosa?” “Cosa”). Virginia aveva frequentato l’università Bocconi, master a Londra, conosceva 4 lingue (inglese, francese, spagnolo e lingua birmana). Virginia aveva anche partecipato a campagne di volontariato della onlus italiana Twins International, che da oltre dieci anni sviluppa progetti per sostenere bambini orfani e nelle baraccopoli in Kenya. Era proprio questa la destinazione, mai raggiunta, dell’ultimo viaggio delle cooperanti italiane.

Durissime le perdite per la onlus Africa Tremila di Bergamo, un’associazione di volontari che opera nei Paesi in via di Sviluppo realizzando programmi umanitari a breve e medio termine: sull’aereo c’erano Carlo Spini, medico di 75 anni, presidente della onlus e la moglie Gabriella Vigiani. La coppia era di Arezzo, aveva quattro figli, ma trascorreva lunghi periodi dell’anno in Africa. Con loro il commercialista e tesoriere della onlus Matteo Ravasio. “I nostri tre volontari stavano raggiungendo la località di Juba, dove abbiamo costruito un ospedale”, spiega Roberto Spagnolo, presidente onorario di Africa Tremila onlus. La loro meta era un ospedale che la onlus sta realizzando in Sud Sudan, dove avrebbero dovuto consegnare le attrezzature mediche, in viaggio su alcuni camion. “Questa mattina Andrea, il figlio del nostro presidente Carlo Spini, mi ha contattato preoccupato perché aveva appreso di uno schianto aereo in Etiopia e voleva sapere il piano di volo di mamma e papà – ha aggiunto -. Purtroppo la Farnesina ci ha poi confermato che tra le vittime ci sono anche Carlo, Gabriella e Matteo. Per noi un dolore davvero molto grande, erano tre colonne portanti della nostra realtà associativa: tre cuori grandi, tre persone generose e altruiste”. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha ricordato il lavoro di Africa Tremila con tantissimi progetti in campo sanitario, scolastico e alimentare, in Africa, Asia e Sud America.

Sulle cause dell’incidente non c’è ancora chiarezza. I radar hanno evidenziato una “velocità verticale instabile” ed effettivamente il comandante ha contattato terra avvertendo che c’era qualcosa che non andava e ottenendo l’autorizzazione al rientro. Purtroppo, senza successo: alle 8.44 il Boeing si è schiantato al suolo, 60 chilometri a sud-est di Addis Abeba. “L’esplosione è stata fortissima e le fiamme si sono propagate con una forza tale che non siamo riusciti ad avvicinarci”, ha raccontato un testimone alla Bbc. Non c’è stato scampo per tutte le persone a bordo. “Era un aereo nuovo di zecca e il pilota aveva una grande esperienza di volo” hanno detto subito dalla compagnia aerea. Le immagini dal luogo del disastro, un grosso cratere, fanno presupporre che l’impatto abbia praticamente disintegrato l’aereo, lasciando sul terreno piccoli pezzi di rottami, in un’area grande quanto un campo di calcio. In questo scenario potrebbe complicarsi la ricerca delle scatole nere, fondamentali per ricostruire le ultime fasi del volo. La stessa Ethiopian ha invocato pazienza. “E’ troppo presto per fare illazioni, ci saranno ulteriori indagini”, ha spiegato l’ad della compagnia Tewolde Gebremariam, precisando che ci sarà l’assistenza di “tutte le controparti, inclusi il produttore Boeing, l’autorità dell’aviazione civile etiope e altri enti internazionali”. Gli Stati Uniti invieranno un loro team, ed anche l’Italia potrebbe chiedere di partecipare, perché suoi cittadini sono rimasti coinvolti.

Quanto al velivolo precipitato, si sa che era un Boeing 737-8 Max, consegnato alla compagnia a metà novembre. La sua ultima manutenzione era stata recente, risaliva al 4 febbraio, ed il comandante era considerato esperto, con oltre 8mila ore di volo all’attivo. C’è però un’analogia con un altro disastro accaduto di recente. Il 737-8 Max è lo stesso modello dell’aereo della compagnia privata indonesiana Lion Air inabissatosi nel Mar di Giava lo scorso ottobre, con 189 persone morte. Anche in quel caso, pochi minuti dopo il decollo, da Giakarta. Ancora oggi non è stata stabilita la causa di quell’incidente, a parte un malfunzionamento ricorrente nei quattro voli precedenti effettuati da quell’aereo, nel sensore della velocità. L’Ethiopian ha però chiarito che nel suo apparecchio non c’erano anomalie prima della partenza. Allo stesso modo, vari esperti di sicurezza ritengono prematuro confrontare i due incidenti fin quando non si saprà di più su quanto è successo in questa maledetta domenica nei cieli dell’Etiopia.

Fonte: huffingtonpost.it
11 Marzo 2019

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