Piraccini, riflessioni e proposte per una Marcia da fare…
Piero Piraccini
Piero Piraccini del Centro per la pace di Forlì-Cesena ripercorre il percorso che ha condotto alla Marcia, e lancia una nuova sfida: "Si potrà prescindere dalla radicalità della pace?".
Così, l’incipit dello statuto provinciale: “La Provincia di Forlì-Cesena, nell’esercizio della sua attività, si ispira ai principi della Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza, ai contenuti dei trattati dell’Unione Europea e delle Convenzioni Internazionali sui Diritti Umani ratificate dallo Stato italiano (…). Per rispondere a tali fini promuove e sostiene la cultura della pace e dei Diritti mediante iniziative politiche e culturali di ricerca, d’educazione e di formazione, affinché tale cultura si sviluppi nella società civile, nel lavoro e nella scuola, nelle istituzioni”. Al momento del voto in Consiglio, il gruppo d’Alleanza Nazionale (naturalmente) tentò di eliminare il riferimento alla Resistenza con il consenso (detto a bassa voce, ma non per questo meno innaturale) di un importante esponente della sinistra. Per strade che sarebbe lungo richiamare lo statuto fu conosciuto da Maria Fida Moro- figlia dello statista ucciso dalle BR- allora consulente del comune di Palermo per i temi della pace e della legalità, che chiese un incontro per conoscere quale ambiente politico avesse prodotto uno statuto così avanzato. (Oggi, quella formulazione è riportata in alcuni specifici testi nazionali). L’incontro avvenne presso la sede romana dell’Unicef, non in una sede parlamentare, perché “Io con quelli là non voglio aver nulla a che fare”. Seguì, in accordo con insegnanti d’alcune classi dei licei scientifici di Cesena, Forlì e Palermo, un corso di formazione per gli studenti sulla legalità; i risultati furono poi presentati nel Salone delle Aquile, sala consigliare del comune di Palermo. Parlare di legalità in terra di mafia non è come parlarne a Cesena. Da noi nessuno, al termine di un siffatto incontro, si avvicina ad uno studente per chiedergli se lui è figlio del relatore e consigliargli, avutane una risposta positiva, di “stare attento”. Anche lo Statuto del comune di Cesena “riconosce nella Pace un diritto fondamentale dei popoli e promuove, in conformità ai principi costituzionali e alle norme del diritto internazionale, la cultura della Pace e la tutela dei Diritti Umani”. Solo parole? No, quegli statuti, ancorché sconosciuti anche agli addetti ai lavori, hanno oggi alcune conseguenze operative. In questi giorni c’è un gran via e vai in alcune scuole di Cesena e di Forlì che intendono confrontarsi con problemi di scarso impatto mediatico ancorché di grande rilievo. Il fatto è che a seguito di quei principi descritti, alcuni stranieri sono ospiti nei nostri territori e ci descrivono una diversa scala di priorità che, per dirlo con le parole di Riccardo Petrella presente nei giorni scorsi a Cesena, comporta una nuova narrazione del mondo dato che l’attuale è convinta non vi possano essere alternative al sistema capitalista per quanto siano nefaste le sue conseguenze in tanti paesi del globo. Questo diversa narrazione sta incontrando centinaia di ragazzi, i nostri ragazzi, che rinunciano ad alcune ore di scuola per conoscere ore di vita di altri, raccontate da chi (sconosciuti ai più) quelle ore le vive o le ha vissute. Si, perché Nur Yussuf ci descrive cosa significa insegnare in Somalia a bambini sordi e ciechi, spesso divenuti tali per denutrizione o per violenze dovute alla guerra. Ibrahim Ali ci racconta i diritti umani in Kenia, là dove centinaia di migliaia di persone vivono, se la parola si può usare, con quello che trovano nelle discariche. Ivonne Oviedo è una ragazza della Colombia che rappresenta i bambini lavoratori, loro che già a sei anni contribuiscono al sostegno della loro famiglia. Guzman Guevara e Rey Rosa ci parla dei ragazzi di strada in Guatemala: chi sono e che tipo di società li produce. Difficile che si muovano torme di giornalisti o di televisioni per incontrare queste persone e sentire i loro racconti. Quasi impossibile far sì che questi racconti si trasformino in una narrazione quotidiana che riesce a sovrapporsi ai rumori di fondo di una società pronta a discorrere di disagi prodotti dai lavavetri, mentre finge di ignorare che solo il riconoscimento dei diritti umani “uguali e inalienabili” costituisce fonte di giustizia e di sicurezza per tutti. Sembra un tentativo disperato quello della Tavola della Pace che ha organizzato nei giorni scorsi l’ONU dei Popoli e la Marcia Perugia-Assisi all’insegna di “Tutti i Diritti Umani per Tutti”, non essendo la pace solo assenza di guerra ma anche rispetto dei diritti, precondizione della pace. Invece è buona politica, antidoto dell’attuale antipolitica figlia della cattiva politica. Al Presidente del Consiglio, ai segretari dei partiti del centrosinistra presenti in Parlamento (gli altri non hanno accettato l’invito), ai candidati alla segreteria del Partito Democratico è stato consegnato il documento che sta alla base della Marcia e la richiesta al Governo di una maggior coerenza rispetto agli impegni assunti. In particolare: riduzione delle spese militari, finanziamenti alla cooperazione internazionale, confronto costante con la più grande rete d’associazioni esistente in Europa e nel mondo. “Siete il cuore del problema, ma siete alla periferia delle decisioni” ha detto Rosy Bindi. “Una sinistra che vuol essere una vera sinistra non può prescindere da voi” hanno dichiarato i quattro segretari della cosiddetta sinistra radicale”. Si sono poi svolti incontri con altri rappresentanti politici, Prodi compreso. Forse che si potrà prescindere dalla radicalità della pace? C’è chi lo farà, se ne può essere certi.