Pakistan, strage quotidiana


Emanuele Giordana - Lettera22


Almeno 25 morti in diverse aree del paese. Il pericolo dell’esportazione della guerra dalle aree tribali in altre regioni del paese.


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Pakistan, strage quotidiana

Un attentato sventato ma tre andati a segno e con un alto bilancio di vittime. E una nuova lista di militanti uccisi nella zona operativa del Waziristan. Giornata di ordinario terrore, ieri in Pakistan.
La scia di sangue comincia all'esterno del Pakistan Aeronautical Complex (PAC) di Kamra, circa 80 chilometri a Ovest della capitale Islamabad. Sette i morti, tra cui due addetti alla base, e una dozzina di feriti dopo che il kamikaze si è fatto saltare in aria appena fermato per un controllo di sicurezza. Più Ovest, nella capitale della provincia della Frontiera (Nwfp) – Peshawar – è invece un'autobomba a cercare la strage. L'auto, parcheggiata fuori da un ristorante nel quartiere periferico di Hyatabad, ferisce una quindicina di persone. Nessuna vittima fortunatamente ed è difficile capire quale sia la mano dietro l'attentato. Poco dopo la deflagrazione la polizia ingaggia un conflitto a fuoco con sconosciuti. E' il primo serio attentato a Peshawar da che l'esercito pachistano ha iniziato l'offensiva che agisce su due fronti: principalmente le zone tra lo Swat e il Nord delle aree tribali (Fata) e nel Waziristan del Sud, considerato il rifugio per eccellenza e il quartier generale dei paktalebani, la recente formazione islamista armata che sta creando sempre maggiori preoccupazioni vista la sua capacità di estendere il raggio d'azione – l'attentato a Kamra ne sarebbe la prova – anche oltre la turbolenta Provincia della Frontiera del NordOvest.
Ma è il terzo attentato della giornata a far il maggior numero di vittime e a riportare le aree tribali al centro dell'attenzione. Avviene nell'area di Mohmand, agenzia tribale a Nord di Peshawar. Una mina posta sulla strada e che forse aveva un obiettivo militare colpisce invece un pulmino di persone dirette a un matrimonio. I morti sono almeno 18 tra cui donne e bambini. Ma altri passeggeri sono in gravi condizioni.
Un ennesimo attentato, questa volta a Islamabad, viene invece sventato. La polizia ha reso noto l'arresto di un certo Barlesh che era imbottito di esplosivo sotto la camicia. Ma, fermato da un controllo delle forze di sicurezza, è smascherato e arrestato.
Difficile dire se il medesimo filo rosso percorra tutti e quattro gli episodi. Certo, il quadro pachistano tende a complicarsi proprio per la capacità di esportazione della guerra dalle aree tribali alle grande città del paese – Lahore, Islamabad, Pindi – o verso obiettivi militari situate in altre zone del Pakistan, come appunto Kamra che si trova in Punjab (anche se molto vicino alla frontiera della Nfwp). L'Aeronautical Complex di Kamra è un centro di eccellenza delle forze armate dove viene fatta la riparazione e la manutenzione degli aerei militari. Ma ospita anche l'Air Weapon Complex, centro dove verrebbero conservate e assemblate testate nucleari
E' la risposta che, ormai da mesi, la galassia paktalebana sta facendo risuonare nei palazzi di Islamabad da quando, dopo la campagna nella valle di Swat, il governo ha ordinato all'esercito di intervenire nelle aree tribali per ripulirle. La zona di Mohmand è una di quelle in cui è in corso l'operativo così come nel Waziristan del Sud (dove l'esercito ha dato notizia di almeno 24 militanti uccisi nelle ultime 24 ore). Ma il salto di qualità riguarda appunto la strategia di colpire anche fuori dalle aree tribali con azioni mirate nelle altre province del paese.
Nemmeno questa è una vera novità, ma non sembra trattarsi più di un semplice “mordi e fuggi”, sorta di avvertimento a lasciar stare le aree tribali. Preoccupa la possibile saldatura tra il movimento paktalebano e le cellule islamiste del paese attive in Kashmir, in Punjab, a Karachi: unire i fronti per portare la guerra nel resto del Pakistan Una strategia che potrebbe inglobare – i segnali ci sono già – anche la riottosa provincia del Belucistan, all'estremo sudoccidentale del Pakistan. Ma c'è chi invita alla prudenza e a non calcare troppo l'acceleratore: l' Al-Khidmat Foundation, la più grande Ong pachistana, chiede di cessare le operazioni in Sud Waziristan e nelle altre zone tribali per proteggere i profughi. Almeno 15mila persone rimaste senza casa che non hanno adeguati ricoveri.

Fonte: Lettera22

24 Ottobre 2009

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