Padre Milani (Misna): “Quel 1960 che rivoluzionò il mondo”


Redattore Sociale


Cinquant’anni fa 17 stati africani ottenevano l’indipendenza. “Oggi speranza nuova fondata sulla società civile. Forse l’Africa ci sveglierà”. Oggi convegno a Roma.


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Padre Milani (Misna): “Quel 1960 che rivoluzionò il mondo”

ROMA – E’ stato uno degli eventi che più hanno rivoluzionato il mondo, ma oggi nella porzione di terra “arricchita” in pochi se ne ricordano. Cinquant’anni fa 17 stati africani ottengono l’indipendenza. Il Camerun apre la lista, il primo gennaio di quell’anno, la Mauritania sarà l’ultimo, il 28 novembre. “Altre nazioni erano già uscite dal giogo del colonialismo e altre dovettero aspettare ancora, ma ormai l’operazione della decolonizzazione era partita e quel 1960 resterà alla storia come l’anno della grande decolonizzazione”: a parlare è padre Venanzio Milani, presidente dell’Agenzia Misna, uno dei fondatori dell’associazione Mani Tese e religioso dell’Ordine dei comboniani che oggi, 30 ottobre, a Roma al palazzo della Provincia dalle 9, organizzano una iniziativa pubblica dal titolo “Africa: l’alba dell’indipendenza”.   
 
Padre Milani, quali obiettivi vi prefiggete con questa giornata?
Vuole essere una riflessione ad ampio raggio sulla decolonizzazione, che fu per molti aspetti improvvisata e lasciò l’Africa culturalmente e politicamente abbandonata. Seguirono anni di violenze e guerre interne, con le migliori menti del continente puntualmente eliminate. In realtà non ci fu mai una vera e propria decolonizzazione, solamente si usarono metodi più sofisticati e occulti per essere presenti e sfruttare le risorse umane ed economiche africane.
 
Una riflessione che dagli eventi del 1960 si spinge fino ai giorni nostri.
Oggi,  in tempi di globalizzazione, diversi paesi dell’Africa si affacciano al mondo e si propongono come interessanti partner strategici. L’Africa è una grossa risorsa per il mondo, risorsa umana e materiale. L’Africa non è povera, anzi è molto ricca: il fatto è che è impoverita, a causa del commercio internazionale che non ha avuto e non ha rispetto per le realtà da cui prende.
 
Dal vostro osservatorio di missionari in loco, si riesce a intravvedere quale ruolo avrà l’Africa nei nuovi assetti geopolitici ed economici?
Il convegno di domani sarà proprio anche l’occasione per riflettere su quali opportunità si aprono per un continente dove il neolitico e il post-moderno  spesso convivono, uno accanto all’altro. Si percepisce una situazione di speranza nuova, e questa si fonda sulla società civile che ha preso coscienza di sé e del ruolo che può giocare per lo sviluppo umano e materiale. Un esempio tra tanti è quello del Congo, dove in mezzo a anni di guerra si è formata una società civile oggi capace di denunce contro la negazione dei propri diritti. I giovani, in particolare, hanno un ruolo fondamentale. In questo percorso pensiamo che un ruolo lo abbiano anche i missionari, che agiscono non solo per la evangelizzazione ma per la promozione umana che dell’evangelizzazione è parte integrante: non si può creare un figlio di Dio se non liberi prima l’uomo.
 
Sarà l’Africa, saranno i giovani africani a risvegliare l’Occidente?
L’Africa ha qualcosa da dire a noi che siamo diventanti dormienti. Sì, i giovani africani ci risveglieranno e proveranno a risvegliare la nostra capacità di indignazione.
 
Cosa vi aspettate dalla giornata di domani in termini di ricaduta sull’opinione pubblica?
Dipende dai media che verranno. Siamo consapevoli che è un evento passato in secondo piano, che non trova spazio nell’agenda delle testate giornalistiche, nonostante abbia rivoluzionato il mondo. (ep)

Fonte: www.redattoresociale.it
29 Ottobre 2010

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