Ottimo il nostro rapporto con gli islamici
Enzo Nucci
Maria Teresa Oliviero e Caterina Giraudo, le due suore missionarie rapite dagli estremisti islamici somali, non stanno un attimo ferme. La gioia del ritorno alla libertà le rende indomabili…
Maria Teresa Oliviero e Caterina Giraudo, le due suore missionarie rapite dagli estremisti islamici somali, non stanno un attimo ferme. La gioia del ritorno alla libertà le rende indomabili. E’ la sindrome classica di quanti tornano alla normalità dopo un lungo sequestro. Raccontano che durante i 102 giorni di detenzione hanno sentito al loro fianco la presenza del Signore che le ha sostenute nei momenti più difficili.
Stanno bene, in ottima salute anche se nei primi cinque giorni del rapimento sono state costrette a camminare nella foresta senza acqua né cibo per raggiungere Mogadiscio sud, dove sono state detenute.
Ovviamente non sapevano nulla della mobilitazione del mondo dell’informazione che chiedeva la loro liberazione. Hanno appreso tutto tra ieri ed oggi e ne sono entusiaste.
Suor Caterina si schermisce: “Siamo persone semplici, abituate ad una vita semplice. Da 35 anni dedichiamo la nostra esistenza agli altri, ai poveri, agli umili, agli ultimi. Nel villaggio kenyano di El Wak, a cinque chilometri dal confine con la Somalia, assistevamo i malati, i poveri e gli anziani. Siamo così lontane da tante cose…..telecamere, foto, giornali sono estranee al nostro mondo…
Certo, è stato molto importante sapere che tanti giornali, siti internet, etc. abbiano costantemente seguito le nostre vicende, senza spegnere la luce sul sequestro. Anche voi giornalisti avete grandi responsabilità nella formazione delle coscienze, l’informazione è innanzitutto responsabilità.
Ci siamo accorte di come il nostro caso era stato seguito soltanto ieri quando la Rai ha messo in onda le nostre interviste, le nostre immagini. Abbiamo ricevuto centinaia di telefonate di saluti.
Grazie a tutti i giornalisti che hanno seguito la nostra vicenda. Sogniamo di tornare a fare il nostro lavoro di missionarie a El Wak, è una scelta che non dipende solo da noi ma dalle decisioni che assumerà la comunità del nostro movimento contemplativo. Ed ora apprendo anche che ci sono problemi di sicurezza ed opportunità che esulano dalla nostra volontà.
In 35 anni di missione noi abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto con gli islamici. Non mancano grandi esempi di fraternità, amicizia, rispetto reciproco per quanto riguarda le diverse fedi religiose. Noi abbiamo sempre vissuto a nostro agio con i somali musulmani, abbiamo solo bei ricordi. Le guerre di religione non ci appartengono. Noi almeno le abbiamo sempre ignorate , eppure intorno a noi c’erano solo e soltanto musulmani. Il rispetto delle diversità è alla base del nostro essere missionarie. Con i nostri carcerieri parlavamo anche di religione e della bellezza della Somalia…..speriamo di ritornarci”.
Fonte: Articolo21
20 febbraio 2009