ONU: Cessate-il-fuoco!
il Manifesto
«È una giornata storica», così i 10 membri non permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu hanno commentato il passaggio della risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza, e arrivata dopo mesi di veti incrociati di Stati uniti, Russia e Cina. Il risultato è arrivato dopo quattro tentativi, e ha ottenuto 14 voti a favore […]
«È una giornata storica», così i 10 membri non permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu hanno commentato il passaggio della risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza, e arrivata dopo mesi di veti incrociati di Stati uniti, Russia e Cina. Il risultato è arrivato dopo quattro tentativi, e ha ottenuto 14 voti a favore inclusi quelli della Russia e della Cina, nessun veto, e una sola astensione, arrivata dagli Usa – che non però consente comunque alla risoluzione di procedere.
SI TRATTA di una risoluzione che «deve essere attuata. Un fallimento sarebbe imperdonabile», ha affermato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres Anche l’ambasciatore della Palestina alle Nazioni unite Riyad Mansour ha sottolineato la storicità del voto e ha detto di essere «orgoglioso». «Non è vincolante? – ha continuato Mansour – È dovere del Consiglio di Sicurezza farla rispettare».
La risoluzione in realtà è vincolante e in teoria Israele sarebbe obbligato a rispettarla, ma fino ad ora si è rifiutato di ridurre l’intensità della guerra a Gaza, nonostante nelle ultime settimane l’appoggio statunitense si sia sempre più indebolito.
Poco dopo il voto, così come aveva minacciato il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, è stata cancellata la visita di una delegazione di Tel Aviv a Washington prevista per oggi in quanto la decisione degli Usa «danneggia lo sforzo bellico di Israele» e rappresenta un cambio di rotta da parte di Washington. Mentre scriviamo il segretario alla difesa Lloyd Austin ha ancora in programma di incontrare il suo omologo israeliano Yoav Gallant, che già si trova a Washington, per affrontare una serie di punti tra cui il rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas e la necessità di maggiori aiuti umanitari per i civili a Gaza.
È EVIDENTE, però, che la posizione degli Usa nel corso dei mesi sia cambiata. Solo venerdì la proposta dagli Stati uniti che chiedeva un «cessate il fuoco immediato e duraturo» era stata respinta, mentre in precedenza Washington aveva posto il proprio veto tre volte per questioni linguistiche: si esigeva, e non auspicava, un cessate il fuoco umanitario, «immediato e definitivo». Anche in occasione della risoluzione votata ieri gli Usa avevano proposto un emendamento al testo per usare una linguaggio più vago e meno impegnativo per Israele e sostituire «cessate il fuoco permanente» con «cessate il fuoco duraturo», che però non è passata.
La ragione per cui gli Stati uniti si sono astenuti non va ricercata solo nella scelta del tipo di cessate il fuoco richiesto: l’ambasciatrice statunitense al Palazzo di vetro, Linda Thomas-Greenfield, ha dichiarato che la risoluzione approvata è in linea con gli sforzi diplomatici degli Usa, ma differisce dalla posizione di Washington perché non contiene una condanna esplicita agli attacchi compiuti da Hamas lo scorso 7 ottobre.
LA RISOLUZIONE prevede un cessate il fuoco per tutto il periodo del mese sacro di Ramadan, che si concluderà tra il 9 e il 10 aprile, la liberazione immediata di tutti gli ostaggi e la richiesta a Israele di facilitare l’ingresso degli aiuti umanitari nel territorio.
Il portavoce della Casa bianca, John Kirby, ha sottolineato che la decisione di non porre il veto non rappresenta un capovolgimento della politica di Washington: «Siamo chiari e coerenti nel nostro sostegno a un cessate il fuoco come parte di un accordo per la liberazione degli ostaggi». «Volevamo arrivare a un punto in cui sarebbe stato possibile per noi sostenere la risoluzione, ma siccome il testo finale non ha il linguaggio chiave che noi pensiamo sia essenziale, come la condanna di Hamas, non potevamo farlo».
La decisione Usa di limitarsi all’astensione è comunque l’azione più dura intrapresa finora da Washington alle Nazioni unite contro il suo alleato storico.
Fonte: Il Manifesto
26 marzo 2024