Omertà e luci spente


Roberto Morrione


“L’Italia è una Repubblica autocratica, fondata sulla corruzione e l’evasione fiscale”. L’articolo 1 della Costituzione, per paradosso, potrebbe essere riformulato così, se andasse in porto l’offensiva contro la Carta fondamentale della nostra democrazia messa in atto dal sistema di potere costruito da Silvio Berlusconi…


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Omertà e luci spente

“L’Italia è una Repubblica autocratica, fondata sulla corruzione e l’evasione fiscale”. L’articolo 1 della Costituzione, per paradosso, potrebbe  essere riformulato così, se andasse in porto l’offensiva contro la Carta fondamentale della nostra democrazia messa in atto dal sistema di potere costruito da Silvio Berlusconi. L’enorme scandalo del comitato d’affari che secondo l’inchiesta della Procura di Firenze ha messo le mani sulle grandi opere pubbliche, ruotando attorno alla Protezione Civile di Guido Bertolaso o facendosene scudo, porta in primo piano il vero male oscuro che sta minando il Paese e che richiama in modo inesorabile le amare vicende di Tangentopoli a torto ritenute superate.

A tutto questo si salda lo sconcertante rapporto diffuso dal Ministero dell’Economia, secondo il quale il 27% degli italiani, cioè un cittadino su quattro, ha dichiarato nel 2008 un reddito netto pari a zero, si rifiuta cioè semplicemente di pagare le tasse. Un fenomeno complesso, con molte facce da analizzare. Vi influiscono certo una crescente povertà diffusa, le disuguaglianze fra le diverse zone del Paese, nell’antica insoddisfazione per il poco che in cambio lo Stato offre ai cittadini sul terreno delle politiche sociali, ma è evidente anche la radicalizzazione di una furbizia priva di remore civili e morali , che attinge ai numerosi modelli di cattiva amministrazione, di privilegio, di elusione di ogni regola, offerti da ceti dirigenti e da caste cui tutto sembra ormai consentito. Parte dunque della stessa deriva culturale ed etica verso la quale l’Italia sembra correre a precipizio.

Le denunce per corruzione sono cresciute del 229 % rispetto all’anno precedente e quelle per concussione del 153 %: è l’allarme lanciato dalla Corte dei Conti all’apertura del suo anno giudiziario. Analisi di istituti universitari, suffragati da studi della stessa Banca Mondiale, fanno salire a circa 70 miliardi di euro le perdite economiche che ogni anno il nostro Paese subisce a causa della corruzione. Non dimentichiamo che l’istituto Trasparency International ci collocava nel 2007 al 41mo posto nella classifica mondiale della lotta alla corruzione, ma quest’anno ci pone al 63mo posto, superati soltanto da Stati non sviluppati e fuori da istituzioni democratiche.

La pubblicazione di una piccola parte delle intercettazioni operate dalla procura di Firenze sulla “cupola” del comitato d’affari che ha dominato le opere pubbliche e i cosiddetti Grandi Eventi, insieme con il faticoso lavoro di investigazione dei ROS dei carabinieri, ha portato alla luce un intreccio fra amministrazione e settori del governo, politici, imprenditori d’avventura, che – al di là degli aspetti penali tutti da verificare  – esattamente 18 anni dopo l’avvio di “Mani pulite” ripropone ingigantite molte di quelle vicende, sia pure in un contesto storico cambiato. «La casta dei corrotti fa quadrato», dice in un’intervista a Marco Travaglio il giudice Piercamillo Davigo, che operò nel pool milanese. E Gianfranco Fini ne coglie una differenza particolarmente agghiacciante: «Allora i politici prendevano le mazzette soprattutto per i loro partiti, ora chi lo fa è per se stesso, cioè è soltanto un ladro».

Non vogliamo qui ripercorrere quanto una parte della stampa ha abbondantemente riportato, conversazioni telefoniche vergognose e ciniche che si commentano da sole, invano (almeno così speriamo per il formarsi dell’opinione pubblica) ignorate, aggirate o minimizzate da Telegiornali asserviti, che tradiscono una corretta informazione al servizio della completezza dei fatti. Né ci interessa in questa sede valutare il comportamento e il destino di Guido Bertolaso, il cui abnorme potere centralistico  in deroga a qualsiasi norma Libera Informazione fu peraltro fra i primi a denunciare subito dopo il terremoto e nell’avvio della ricostruzione a L’Aquila. Dobbiamo solo osservare che, se può esistere a suo modo una sorta di “grandezza del male”, ne è al di sotto la squallida dimensione dei tristi protagonisti dello scandalo, fra sghignazzi famelici mentre in Abruzzo si scava a mani nude nelle macerie, riserve sessuali di “escort” per facilitare l’attribuzione pilotata degli appalti o premiare una sorta di “riposo dalle mazzette”, miriadi di favori a figli, cognati, amici vari, in una ragnatela che chiama in causa aziende pubbliche, compresi alti gradi della già devastata Rai.

Preoccupa molto, invece, l’irruzione in alcune intercettazioni di personaggi legati a logge della massoneria e a figure che i rapporti dei Ros ritengono contigue  ai clan camorristici casalesi o  legati in passato al capo di Cosa Nostra, Riina. Si riaffacciano dunque le ombre dei poteri occulti che pesano ancora sui misteri mafiosi degli anni ’90 (in quei rapporti si fa indirettamente anche il nome di Marcello Dell’Utri) e che nella corruzione dei comitati d’affari pubblici e privati mimetizzano l’espansione economica di interessi criminali.

E c’è un’ulteriore riflessione: se fosse stata operativa la legge sulle intercettazioni telefoniche che il governo ha già approvato alla Camera, niente di tutto questo avrebbe visto la luce e il Paese sarebbe completamente all’oscuro dello scandalo. Dall’inchiesta di Firenze, infatti, che riguardava inizialmente appalti cittadini, le intercettazioni – secondo il progetto governativo – non avrebbero potuto estendersi ad altre vicende non direttamente attinenti a quello specifico reato, mentre la stampa, pena durissime sanzioni, sarebbe stata costretta all’ assoluto silenzio… Occorre ora alzare la vigilanza sui tempi nei quali il disegno di legge governativo, voluto ad ogni costo da Berlusconi, che ne ha riaffermato in questi giorni l’urgenza e la necessità, potrà proseguire l’iter parlamentare, rallentato finora solo dal timore di un intervento di natura costituzionale del Capo dello Stato. E’ il terreno più esposto nelle prossime settimane e va presidiato con nuove iniziative a ogni livello, riaccendendo la passione e l’unità che animò il 3 Ottobre a Roma una straordinaria Piazza del Popolo Non dimentichiamo infatti che a quel provocatorio cambiamento dell’articolo1 della Costituzione, da noi evocato, si unirebbe l’abolizione sostanziale dell’articolo 21, che difende la libertà di stampa. Un sistema fondato sulla corruzione richiede sempre omertà e luci spente.

Fonte: Liberainformazione

22 febbraio 2010

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