“Non ha senso avviare una trattativa mentre si costruiscono le colonie”


Michele Giorgio, Il Manifesto


Intervista a Hanan Ashrawi, ex negoziatrice, parlamentare, attivista dei diritti civili e unica donna a far parte del Comitato esecutivo dell’Olp.


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"Non ha senso avviare una trattativa mentre si costruiscono le colonie"

«Senza lo stop alla colonizzazione israeliana dei territori occupati palestinesi il negoziato rischia il fallimento immediato». Arriva subito al punto Hanan Ashrawi che per anni ha partecipato a trattative con Israele prive di risultati concreti. Storica portavoce palestinese, parlamentare e attivista dei diritti civili, Ashrawi è l’unica donna a far parte del Comitato esecutivo dell’Olp. In questi anni non ha mancato di criticare diverse scelte fatte dall’Autorità nazionale palestinese.
Il premier israeliano Netanyahu ha già fatto sapere che non ha alcuna intenzione di prolungare la sospensione delle nuove costruzioni nelle colonie ebraiche in Cisgiordania. Dobbiamo aspettarci il fallimento immediato delle trattative?
Non voglio essere catastrofica ma è difficile immaginare un futuro per questi colloqui. Lo Stato di Palestina non può nascere mentre le colonie (israeliane) ingoiano la nostra terra e spezzettano la Cisgiordania e Gerusalemme Est. E visto che Netanyahu e il suo governo pensano a come mantenere l’occupazione militare piuttosto che a eliminarla, non vedo possibilità concrete per questo negoziato. Ben diverso potrebbe essere il risultato se gli Stati Uniti e l’Europa decidessero di intervenire per imporre a Israele una soluzione al conflitto fondata sulle risoluzioni internazionali e non sulla legge del più forte. Così tra qualche settimana Israele metterà fine alla moratoria (durata dieci mesi, ndr) sulle nuove costruzioni nelle colonie e in Cisgiordania e a Gerusalemme Est assisteremo a nuove colate di cemento.
Ma è stata una vera «moratoria»?
É stata una moratoria simbolica, non certo quella che volevamo e ci aspettavamo noi palestinesi. Le ruspe israeliane non si sono fermate un solo giorno perché nel frattempo sono stati completati i progetti edilizi già approvati. In ogni caso la decisione di non estendere la moratoria sarebbe ugualmente grave, con riflessi immediati sul piano politico e diplomatico. Annunciare la ripresa a pieno ritmo delle costruzioni negli insediamenti avrebbe l’effetto di un siluro lanciato contro le trattative. Sarebbe un segnale inequivocabile che gli Stati Uniti non potrebbero ignorare.
Parliamo di Barack Obama. Un anno fa il presidente americano aveva alimentato forti speranze nel Vicino Oriente e in particolare fra i palestinesi. Oggi invece la sua linea politica nella regione non si discosta da quella del suo predecessore George Bush.
Si e la gente lo ha capito. Il gradimento di Obama nella regione e nei Territori occupati è sceso ai livelli minimi.
A suo avviso è irrealistico lavorare alla chiusura entro un anno di un accordo israelo-palestinese, come vorrebbe il presidente americano?
Non è una questione di tempo, ma di volontà. Applicando le risoluzioni dell’Onu, palestinesi e israeliani potrebbero arrivare a un’intesa subito. Ma le due parti sono lontanissime, con Israele che continua a costruire case per coloni nelle terre palestinesi. A queste condizioni è impossibile dirsi ottimisti.

Fonte: il Manifesto

2 settembre 2010

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