Non è così che si difendono i diritti umani


Alberto Chiara - Famiglia Cristiana


Flavio Lotti: “Non è in questo modo che si difendono i diritti umani, le modalità scelte da alcuni Paesi per attuare la risoluzione dell’Onu rischia di moltiplicare i problemi e non di risolverli: si fermi la spirale della violenza, cessino i bombardamenti; di tutti”.


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Non è così che si difendono i diritti umani

Per alcuni giornali a larga diffusione adottano due pesi e due misure: durissimi quando a schiacciare il grilletto sono gli Stati Uniti d’America, pieni di “se” e di “ma” quando a farlo sono altri. «I dubbi dei pacifisti; la sinistra e la guerra: in Irak no, in Libia sì», titola il Corriere della sera all’indomani dei primi raid franco-anglo-americani. E La Stampa: «Né mobilitazione né bandiere i pacifisti soffrono in silenzio. Piazze vuote».

«Occorre distinguere tra un pacifismo politico, quello rappresentato da partiti del centro-sinistra o dell’estrema sinistra, che si trova diviso come sulla missione in Kosovo (il Pd favorevole all’intervento, Paolo Ferrero, di Rifondazione comunista, nettamente contrario) e un pacifismo espresso dalla società civile. Quest’ultimo, e in particolare quello che fa capo al mondo cattolico e ai suoi valori, non tace e non tentenna», osserva Andrea Olivero presidente nazionale delle Acli e portavoce del Forum del terzo settore, interpellato da FamigliaCristiana.it.

«Noi», prosegue Olivero, «denunciamo con forza l’ipocrisia che sta dietro questo conflitto. Per tanto, troppo tempo chi oggi fa la guerra in nome della difesa dei civili ha assecondato la dittatura di Gheddafi che, com’è noto, ha sempre calpestato democrazia e diritti umani. Non si può ovviamente rimanere insensibili e inattivi di fronte alla tragedia che sta avvenendo in Libia: è importante che si fermi la mano del rais e delle sue truppe che massacrano la popolazione, ma va altresì detto che, in queste forme, l’intervento degli alleati è assurdo, travalica il mandato dell’Onu, e giunge sostanzialmente tardi. A metà febbraio una vera fly zone sarebbe stata utile».

«Quel che stiamo vedendo in Libia», conclude Andrea Olivero, «conferma quanto sia necessario rivedere le modalità di governance dell’Onu, ancora una volta incapace di esprimersi autorevolmente, autonomamente e tempestivamente. Manca inoltre quello che potremmo chiamare “l’esercito delle Nazioni Unite” o, più propriamente, una forza militare stabilmente costituita, attrezzata e adeguatamente addestrata che intervenga con compiti di polizia internazionale mossa da un organismo non più ostaggio di imperialismi di varia natura. Nella Caritas in veritate papa Benedetto XVI invocava proprio questo nuovo modo di governare il mondo, che s’era immaginato attorno al 2000 nell’era dell’ultimo Kofi Annan quando si sono fatti molti passi nella direzione giusta. Poi, invece, venne l’inverno: le Torri gemelle, la guerra preventiva, un ventaglio di conflitti da Kabul a Bagdad, la limitazione delle libertà personali anche nella democrazie evolute…».

«La non fly zone era e rimane la soluzione giusta, l’attacco di Gheddafi ha rappresentato una palese provocazione, la reazione degli alleati non deve andare oltre il mandato, rispettando il diritto internazionale che vale per il rais come per Parigi, Londra, Washingotn e Roma», dice a FamigliaCristiana.it Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv, la fedearzione che riunisce gli organismi cristiani di servizio internazionale volontario. «Sono dieci anni che si combatte senza soluzione di continuità. Per quanto riguarda la Libia, un accordo per 5 miliardi di euro recentemente siglato dal Governo Berlusconi ci insegna che bisogna sempre pensarci prima. L’estremo ricorso all’uso della forza poteva essere evitato anche in questo caso, se prima non si fosse appoggiato il regime che già si sapeva sanguinario e repressivo. La Libia non è che l’ennesima conferma, dopo Afghanistan e Irak, che gli interessi economici governano le scelte politiche nel pianeta».

«Si paga l’assenza di forze militari coordinate dall’Onu in funzione di polizia e attivate secondo logiche davvero di diritto internazionale e umanitario», termina Sergio Marelli. «Dove sono i pacifisti, ci si chiede? Beh, il 12 marzo, erano, eravamo in piazza con la Costituzione italiana in mano. Abbiamo chiesto agli organizzatori, e ottenuto, di non dimenticare le tragedie del Nord Africa, e di non dimenticare l’articolo 11 della nostra carta costituzionale, di cui chiediamo lo scrupoloso rispetto. Non è vero che stiamo a casa se non c’è da attaccare gli Usa. Chi lo sostiene non è informato o è tendenzioso».

«Non è in questo modo che si difendono i diritti umani, le modalità scelte da alcuni Paesi per attuare la risoluzione dell’Onu rischia di moltiplicare i problemi e non di risolverli: si fermi la spirale della violenza, cessino i bombardamenti; di tutti», osserva Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace, parlando con FamigliaCristiana.it. «E’ la seconda volta che la memoria di san Giuseppe, uomo giusto per eccellenza, viene infangata con l’avvio di una guerra il 19 marzo. Accade nel 2003 con l’Irak, è accaduto quest’anno con la Libia. Da un lato abbiamo la risoluzione 1973 che come primo obiettivo ha un cessate il fuoco totale e al secondo punto la protezione dei civili. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha spronato la comunità internazionale a intervenire, sì, ma per evitare l’assedio di Bengasi, proteggendo la popolazione e prevenendo stragi, non per avviare un conflitto su più larga scala. Dall’altro lato abbiamo Stati e Governi che non riescono a immaginare altro che guerre vere e proprie, senza nemmeno sapere come condurle a termine. Si sa sempre come si inizia, mai come si finisce, e questo adagio vale oggi più delle altre volte».

«Stiamo ancora aspettando una Forza di polizia internazionale dell’Onu che deve essere costituita in base all’articolo 43 del capitolo settimo della Carta delle Nazioni Unite, quello cioè che disciplina l’uso della forza», sottolinea Flavio Lotti. «Ora invece si viaggia in ordine sparso, ciascuno mosso dai propri interessi per cui, ad esempio, ci troviamo la Francia che fa a gara con gli Usa nel prendere l’iniziativa. L’Italia non deve bombardare, non tanto per paura (anche se la nostra posizione geo-politica richiederebbe più prudenza), ma piuttosto per sanare definitivamente una storia malata di colonialismo».

«Mutismo improvviso dei pacifisti? Non direi proprio», conclude Flavio Lotti. «Chiariamoci: la storia la fanno tutti, i problemi sono di tutti, non solo appannaggio esclusivo di militari e dei pacifisti. Quella del 2003 era comunque una vicenda completamente diversa, maturata in un contesto giuridico differente. Oggi molta gente fatica a farsi un’idea corretta e dunque a prendere posizioni nette anche per il fallimento degli interventi precedenti, che hanno preso pieghe diverse da quelle proclamate (Afghanistan 2001 e Irak 2003) o proprio non sono stati presi, sbagliando anche lì, ma di omissione, come nel caso del Rwanda, nel 1994».

Fonte: www.famigliacristiana.it
20 Marzo 2011

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