Noi, il plurale dell’economia


Avvenire


Io, l’altro, noi. Cuciti insieme dalle parole di papa Francesco, questi tre termini diventano gli estremi della mappa consegnata ai giovani di 115 Paesi, riuniti virtualmente ad Assisi.


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Io, l’altro, noi. Cuciti insieme dalle parole di papa Francesco, questi tre termini diventano gli estremi della mappa consegnata ai giovani di 115 Paesi, riuniti virtualmente ad Assisi, per orientarli nel viaggio verso l’economia di domani. Un futuro, però, che parte dal presente. Dall’appello speciale «per ognuno di noi». Lo stesso rivolto dal Signore al Poverello: «Francesco va’, ripara la mia casa che, come vedi, è in rovina».

L’invito è rivolto a tutti. Seguire questa vocazione – più che mai urgente di fronte a un sistema mondiale «insostenibile» – è, tuttavia, una scelta individuale. «Siete chiamati a incidere concretamente» «con intelligenza, impegno e convinzione, per arrivare al nucleo e al cuore dove si elaborano e si decidono i temi e i paradigmi».

«Voi non potete restare fuori da dove si genera il presente e il futuro. O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra», ha detto il Papa. Qui troviamo, dunque, il punto di partenza del percorso: l’io. La costruzione di una «diversa narrazione economia» non può, però, essere fatta da singoli illuminati, da militanti isolati, da teorici ideologizzati. Proprio la frammentazione delle analisi e delle diagnosi è l’ostacolo all’elaborazione di soluzioni concrete. Per uscire dall’empasse, è necessario promuovere una cultura – e anche una spiritualità – che «non si lasci rinchiudere da un’unica logica dominante», in cui il profitto è l’unica unità di misura e il suo costo umani, sociale e ambientale, un danno collaterali accettabile.

Nell’esercizio dell’incontro «al di là di tutte le legittime differenze», matura l’autentica «conversione e trasformazione delle nostre priorità e del posto dell’altro nelle nostre politiche e nell’ordine sociale». In quest’ottica, l’altro, il secondo snodo della mappa – a partire da chi le decisione economiche le patisce in termini di esclusione sulla propria carne – non è più oggetto di analisi, in primis economica, ma compagno di riflessione. Soggetto attivo con dignità sufficiente «per sedersi ai nostri incontri, partecipare alle nostre discussioni e portare il pane alle loro case».

È tempo che i poveri «diventino protagonisti della loro vita come dell’intero tessuto sociale. Non pensiamo per loro, pensiamo con loro» «e da loro impariamo a far avanzare modelli economici che andranno a vantaggio di tutti». Questo è lo sviluppo umano integrale, «una buona notizia da profetizzare e da attuare, perché ci propone di ritrovarci come umanità sulla base del meglio di noi stessi: il sogno di Dio che impariamo a farci carico del fratello, e del fratello più vulnerabile». Su di esso poggia ciò che Francesco ha definito «il patto di Assisi».

Non un punto di arrivo ma la «spinta iniziale di un processo». L’orizzonte del cammino per cui il Pontefice conduce i giovani economisti è racchiuso nella parola «noi». «Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma che impariamo a maturare uno stile di vita in cui sappiamo dire “noi”. Ma un “noi” grande, non un “noi” piccolino». Io, l’altro, noi: il filo rosso della mappa verso «un nuovo modo di fare la storia».

Lucia Capuzzi
Avvenire
22 novembre 2020

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