No all’annessione, si allo Stato Palestinese!
Michele Giorgio
Migliaia di palestinesi ieri a Gerico hanno manifestato contro Netanyahu che il primo luglio intende procedere all’annessione unilaterale a Israele di un 30% della Cisgiordania. Presenti anche Mladenov dell’Onu e Von Burgsdorff dell’Ue.
«No all’annessione, sì allo Stato palestinese».
Scandendo questo e slogan simili, migliaia di palestinesi si sono radunati ieri all’ingresso di Gerico, nella Valle del Giordano, nella prima delle «assemblee nazionali» contro il piano di Benyamin Netanyahu che, a partire dal primo luglio, intende procedere all’annessione unilaterale a Israele di un 30% della Cisgiordania occupata, nel contesto del Piano Trump.
Una manifestazione organizzata dall’Autorità nazionale palestinese (Anp) e dal partito Fatah guidato dal presidente Abu Mazen, che a Gerico ha visto la partecipazione del premier Mohammed Shtayeeh, del “numero due” palestinese Mahmud al Alul e del segretario generale dell’Olp Saeb Erekat. «Questa iniziativa – ha sottolineato Jibril Rajoub, uno dei principali dirigenti di Fatah – non è di alcun partito, appartiene all’intero popolo palestinese in lotta per la libertà».
A dare maggior peso all’iniziativa è stata la presenza dell’inviato speciale dell’ Onu per il Medio Oriente, Nickolay Mladenov, del capo della missione Ue per la Cisgiordania e Gaza Sven Kuhn von Burgsdorff e di vari ambasciatori e consoli, tra i quali quelli di Russia e Cina.
Mladenov ha avvertito che i propositi di Israele contrastano con la soluzione a Due Stati e il progetto di indipendenza palestinese cominciato con la firma degli Accordi di Oslo. Von Burgsdorff ha affermato che la posizione dell’Unione è «molto chiara e non riconosce alcuna sovranità israeliana sui territori occupati nel 1967, compresa Gerusalemme Est». Ha anticipato una risposta europea «proporzionata al passo israeliano», lasciando intendere che potrebbero essere approvate delle sanzioni contro Tel Aviv. Ma nell’Ue non c’è una posizione comune su come rispondere all’annessione e diversi paesi membri escludono di poter votare a favore di sanzioni contro Israele. Inoltre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non ha possibilità di approvare risoluzioni di condanna di Israele che verrebbero certamente bloccate dal veto degli Stati uniti.
Quanto la presenza al raduno di Gerico di tanti diplomatici, in particolare di Nickolay Mladenov e di Kuhn von Burgsdorff, influirà sulle decisioni di Netanyahu è difficile valutarlo.
Il premier israeliano è deciso ad andare avanti, prima di una possibile vittoria alle presidenziali statunitensi del candidato democratico Joe Biden contrario al piano di annessione.
Ma sulla sua strada non mancano le complicazioni. I principali alleati di governo, i ministri della difesa Benny Gantz e quello degli esteri Gabi Ashkenazi, del partito Blu Bianco, sono favorevoli all’annessione ma invocano prudenza e tempi più lunghi per non compromettere le relazioni con la Giordania – nettamente contraria all’annessione – e l’Ue.
Netanyahu fa la voce grossa. Minaccia di andare alle elezioni anticipate se non cesserà l’ostruzionismo di Blu Bianco. La tentazione è forte, spiegano gli analisti israeliani, perché i sondaggi sono ampiamente favorevoli al Likud, il partito del premier. Le differenze nella maggioranza sulla prossima legge di bilancio potrebbero offrire al premier l’occasione per portare Israele alle urne per la quarta volta in poco più di un anno. Negli ultimi giorni il premier ha incontrato diverse volte Gantz al quale ha spiegato che senza l’annessione non ci sarà più il governo.
La settimana in corso è cruciale per capire se gli americani chiederanno una piena cooperazione tra Bianco Blu e Netanyahu come condizione per il via libera al piano di annessione.
Michele Giorgio
Il manifesto
23 giugno 2020