No agli F-35, l’Italia in piazza


Alberto Chiara - Famiglia Cristiana


Sabato 25 febbraio manifestazioni in tutto il Paese: presidi e raccolta firme per bloccare l’acquisto di 90 cacciabombardieri Lockheed Martin, una spesa da circa 10 miliardi di euro.


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No agli F-35, l'Italia in piazza
Questo aereo vale 183 asili nido per 12.810 bambini. La scritta accompagna un esemplare di F-35 cancellato in rosso. Un messaggio chiaro e diretto. L'Italia si mobilita per fermare l'acquisto dei cacciabombardieri prodotti dalla Lockheed Martin, suggerendo di utilizzare i soldi risparmiati in voci di bilancio più utili alla collettività, dall'istruzione alla sanità, dal welfare alla tutela dell'ambiente. 
La Tavola della pace, la Rete italiana per il disarmo e la Campagna Sbilanciamoci! promuovono una giornata nazionale di mobilitazione contro gli F-35. Si svolge sabato 25 febbraio nell'ambito della campagna “Taglia le ali alle armi” lanciata dalle tre organizzazioni. A Vicenza, per esempio, dalle 9 alle 19 si accolgono firme in Piazza  Castello mentre alle 15 è previsto un presidio silenzioso davanti alla caserma Ederle. A Reggio Emilia, dalle 9 all'ora di pranzo, l'appuntamento è in Piazza Martiri del 7 luglio. 
Così in decine di città (tra cui 
Torino, Bari, Perugia, Napoli, Milano, Roma, Novara, Trieste, Cagliari, Trento): si raccolgono le firme dei cittadini contro l’acquisto degli F-35 che verranno successivamente consegnate al Parlamento dove si sta discutendo la riforma delle Forze Amate. I parlamentari saranno anche chiamati, collegio per collegio, a prendere una posizione pubblica davanti ai propri elettori. La campagna prosegue inoltre nei consigli comunali, provinciali e regionali dove i rappresentanti degli enti locali sono invitati a discutere un’apposita mozione contro l’acquisto degli F-35. I dettagli delle iniziative si possono trovare nel sito www.disarmo.org/nof35.

 

«Il ministro Giampaolo Di Paola ha deciso di confermare l’acquisto di 90 cacciabombardieri F-35, una delle più micidiali armi da guerra mai costruite», scrivono in un documento congiunto la Tavola della pace, la Rete italiana per il disarmo e la Campagna Sbilanciamoci!  «Un solo aereo costa 120 milioni di euro secondo la stima attuale di prezzo destinata però a crescere, come annunciato dal Pentagono e dalla Lockeed Martin a seguito delle varie disdette e degli slittamenti di ordini arrivati. In tutto, l’Italia finirà ad impegnare più di 10 miliardi di euro ai quali se ne dovranno aggiungere altri 20-30 per la gestione e per la manutenzione dei velivoli».

«Che senso ha spendere tutti questi soldi mentre si costringono milioni di italiani a fare enormi sacrifici e mancano i soldi per il lavoro, la scuola, la lotta alla povertà, i servizi degli enti locali, la protezione civile, la polizia e la Giustizia?», s'interrogano i promotori della giornata nazionale di mobilitazione. 

Nel dibattito sull'acquisto dei cacciabombardieri e, più in generale, sulle spese militari, interviene Sergio Marelli, segretario generale della Federazione che coordina gli organismi cristiani di servizio internazionale volontario (Focsiv). «Ho letto la testimonianza personale resa dal generale Roberto Jucci a FamigliCristiana.it. Anche noi come Focsiv abbiamo maturato un pensiero: il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, e l’attuale Governo “tecnico” spesso sono riconosciuti come capaci di atti coraggiosi, soprattutto laddove – in nome del necessario risanamento del bilancio dello Stato e della situazione economica del Paese – hanno imposto scelte drastiche, misure draconiane e di conseguenza grandi sacrifici a noi cittadini».

«Queste caratteristiche, al contrario, non sembrano corrispondere alle decisioni assunte in materia di spese militari e presentate in Parlamento dal ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola», prosegue Marelli. «Pur riconoscendo la positività di aver finalmente rotto un tabù come la possibilità di ridurre le risorse allocate al bilancio della difesa del nostro Paese, tuttavia i tagli previsti dal Governo per ridurre le spese per le Forze Armate non sono che un primo passo ancora non sufficiente, tenuto anche conto delle più volte denunciate esuberanza e disequilibrio delle risorse economiche e umane che fanno del nostro esercito il meno efficiente in Europa». 
«Lo stesso ministro Di Paola», osserva ancora Sergio Marelli, «ha finalmente condiviso questa nostra valutazione pur tuttavia prevedendo l’applicazione delle conseguenti correzioni nell’arco dei prossimi dieci anni. Un lasso di tempo difficilmente giustificabile quando, ad esempio, l’intervento attuato sulle pensioni degli italiani è stato concretizzato dalla sera alla mattina. Con qualche illustre lacrima in più, forse, si sarebbe potuto accelerare una riforma invocata da anni e anch’essa supportata da eloquenti dati oggettivi. Ma oltre a ciò, non può essere condivisa la timidezza con cui si procede alla riduzione degli impegni assunti dall’Italia nel famigerato progetto Jsf (Joint strike fighter) che prevedevano l’acquisto di 131 cacciabombardieri F-35. Il taglio annunciato di 41 unità, ovvero di circa il 30% rispetto all’impegno economico originario di 15 miliardi di Euro, evidentemente non ci soddisfa nella quantità, ma nemmeno nella sua strategia». 
«Questa scelta parziale conferma infatti come ancora si pensi alla difesa della Patria e agli interventi di pacificazione all’estero unicamente ricorrendo all’utilizzo delle armi e a micidiali ordigni di morte. Il nostro convinto parere, supportato da numerose esperienze sul campo, è che la pace, la democrazia e lo sviluppo sono prioritariamente raggiungibili  con la cooperazione allo sviluppo, il volontariato internazionale, la prevenzione dei conflitti, il rispetto dei diritti umani e, come sancito dalla nostra Costituzione, dalla difesa non armata e non violenta che ha nel servizio civile volontario la più concreta occasione di messa in pratica. Tutti capitoli di spesa per i quali il decisionismo del Governo non ha esitato a tagliare o a non reintegrare le risorse disponibili, oggi praticamente ridotte a zero. Per questo», conclude Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv, «torniamo a chiedere al Presidente del Consiglio che prosegua con maggior determinazione nella strada imboccata con questo primo gesto dimostrando al Paese che tra i “lussi” troppo costosi che non ci possiamo più permettere c’è anche quello di partecipare alla guerra globale. Se non per convinzione, almeno per coerenza».
 
Fonte: www.famigliacristiana.it
25 Febbraio 2012
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