Nigeria, è il secondo Natale di sangue. Dieci anni di duri scontri religiosi
Repubblica.it
Decine di morti ad Abuja e in altre città per gli attentati di Boko Haram. Ma negli ultimi anni la violenza nel paese africano è esplosa a più riprese, causando migliaia di morti.
Quello del 2011 1 non è il primo Natale sporcato dal sangue degli attentati in Nigeria. Già lo scorso anno, una serie di attentati a Jos e Maiduguri 2 alla vigilia ha fatto decine di morti, seguiti da intensi scontri 3 tra cristiani e musulmani nei giorni seguenti. E non finì lì: anche a Capodanno, una bomba ad Abuja 4 fece 11 vittime.
Purtroppo non si tratta di casi isolati: la storia recente della Nigeria è costellata di episodi di sangue tra cristiani e musulmani. Nel 2000, in migliaia morirono durante gli scontri seguiti al tentativo di introdurre la Sharia come legge statale. Nel settembre 2001, roghi in chiese e moschee fecero altre mille vittime a Jos. Altro caso estremo nel novembre 2002: la violenza esplose dopo che un articolo di giornale su Miss Mondo aveva detto che se fosse stato vivo probabilmente Maometto avrebbe sposato una delle concorrenti. I morti furono 216.
Altri 700 morti si registrarono a Jos nel 2008, per un contrasto sulle elezioni locali. Il 2010 è stato un anno nero: oltre agli attentati di Natale e Capodanno, già a gennaio una faida tra cristiani e musulmani causò centinaia di morti.
Agosto 2011: giovani cristiani attaccano i musulmani radunati per il Ramadan, scatenando settimane di scontri con almeno 70 morti. Il 26, il gruppo terrorista Bako Haran rivendica l'attentato alla sede Onu 5 di Abuja, nel quale morirono 18 persone.
Il 5 novembre 6, un centinaio di morti in una serie di attacchi in diverse città. Bombe furono piazzate in chiese, moschee e stazioni di polizia. Tutti gli attentati saranno poi rivendicati da Boko Haram. Altri morti il 24 novembre, in scontri a fuoco tra cristiani e musulmani nella capitale di Jos. E ieri 68 morti in scontri a fuoco tra la polizia e i terroristi. Fino ai nuovi attentati di oggi.
Fonte: www.repubblica.it
25 Dicembre 2011