Netanyahu offre il negoziato. Abu Mazen: ferma le colonie
Umberto De Giovannangeli - L'Unità
Il premier israeliano tende la mano ai palestinesi ed esorta la controparte alla ripresa del dialogo. Ma il capo dell’Anp declina l’offerta: per trattare davvero prima bisogna bloccare gli insediamenti.
Una mossa a sorpresa. «Stile Obama». Incontriamoci. Subito. Questo l’invito che il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha rivolto ieri al presidente palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen). L’invito all’incontro il premier lo ha fatto nel corso di una riunione del governo che questa volta si è tenuta a Beersheva, capoluogo del Neghev, per affermare l’impegno dello Stato allo sviluppo economico di questa regione. Il leader del Likud ha parlato al telefono con Abu Mazen dopo il suo insediamento alla guida del governo israeliano, il 31 maggio, ma i due non si sono ancora incontrati.
RILANCIO DIPLOMATICO
«Non c’è alcun motivo – spiega Netanyahu – per il quale il presidente dell’Autorità palestinese e io non dovremmo incontrarci immediatamente, ovunque nel Paese, per portare avanti il processo politico». Sul piano dialettico, le parole di Netanyahu riecheggiano quelle più volte pronunciate dal presidente Usa. «La popolazione palestinese che vive accanto a noi – rileva il premier israeliano – ha il diritto elementare di vivere nella sicurezza, nella pace, nella prosperità» «Nelle ultime settimane – sostiene il premier israeliano – abbiamo compiuto molti sforzi per alleviare le sue condizioni di vita. Abbiamo rimosso molti posti di blocco, abbiamo deciso di estendere le ore di attività del ponte di Alenby (fra Cisgiordania e Giordania, ndr) per il transito di un numero maggiore di merci, abbiamo deciso di sostenere progetti con i palestinesi che favoriranno la pace».
«Tutti questi sforzi possono giungere solo fino ad un certo punto. I risultati possono moltiplicarsi per decine di volte solo se dall’altra parte ci sarà cooperazione. Pertanto faccio appello ai dirigenti dei palestinesi e del mondo arabo affinché ci incontriamo e cooperiamo. Noi possiamo portare qua molti investitori». Le parole di apertura attendono però una conferma dai fatti. Ed è dai fatti che l’apertura di Netanyahu sarà verificata.
FREDDEZZA PALESTINESE
La risposta palestinese non si fa attendere. «Non possiamo negoziare fino a quando non saranno fermate tutte le costruzioni ebraiche in Cisgiordania», e Netanyahu non espliciterà l’accettazione di una pace fondata sul principio «due popoli, due Stati», ribadisce Abu Mazen durante una conferenza stampa assieme al presidente romeno Traian Basescu, in visita a Ramallah. Concetto ripreso e sviluppato dal negoziatore capo palestinese, Saeb Erakat: senza un esplicito impegno di Israele a onorare tutti gli accordi – avverte Erekat – gli appelli e gli inviti di Netanyahu resteranno lettera morta. Erekat insiste sul totale congelamento della politica di insediamenti, rispondendo a notizie di stampa su una soluzione di compromesso in via di elaborazione tra Israele e gli Usa che permetterebbe una limitata attività edilizia negli insediamenti esistenti. Notizie peraltro già smentite da Washington. «Non ci possono essere soluzioni intermedie sulle attività di insediamento – sottolinea Erekat – O cessano o continuano». «Netanyahu vuole soltanto dire alla comunità internazionale: ecco, vedete, io propongo di incontrarli e loro rifiutano», afferma l’esponente dell’Anp. Erekat torna ad appellarsi al Quartetto, e in particolare agli Stati Uniti, perché obblighino Israele al rispetto dei suoi impegni. «E’ tempo che l’amministrazione Obama passi dall’esortare Israele a mantenere gli impegni al ritenere Israele responsabile di non averli rispettati», sottolinea il consigliere di Abu Mazen.
Fonte: L'Unità
13 luglio 2009