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la Repubblica


Paolo Cognetti: la prima tragedia imputabile senza dubbio alla crisi climatica e all’uomo che l’ha provocata.


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marmolada

È una tragedia, quella della Marmolada, del tutto inedita a memoria d’uomo sulle Alpi, e mentre scrivo non se ne conosce esattamente l’entità. Però sappiamo già che è la prima tragedia alpinistica imputabile senza ombra di dubbio alla crisi climatica, che dall’uomo è stata provocata.

Questo innalzamento delle temperature, di cui da tanto tempo parliamo come di un problema in prospettiva, che ci toccava relativamente, ora ha fatto i suoi primi morti, qui in Italia, su una montagna molto popolare: ecco, il dramma non è più nel 2100 o chissà quando, è qui e ora.

Mi si chiede un commento e mi è difficile aggiungere qualcosa di sensato, ma forse posso raccontare un paio di cose per chi ancora non si rende conto di cosa sta succedendo nell’estate del 2022. Le notizie sono tante, ci sono la guerra, il Covid, la crisi economica, ed è possibile che qualcuno si sia perso gli aggiornamenti sul clima.

Per cui lo dirò in breve e senza giri di parole: è un’estate, quella appena cominciata, che non si era mai vista nel Nord Italia, e non sappiamo niente di quello che succederà. Io la osservo dalla montagna dove abito, a quasi 2000 metri d’altezza. Forse la osservo meglio di chi sta in città perché la montagna è la frontiera del cambiamento climatico: due o tre gradi in più a Milano o Roma cambiano poco la vita delle persone, in montagna sconvolgono il paesaggio. Se in montagna si asciuga una fonte che ha sempre buttato acqua, lo vedi con i tuoi occhi e ti viene una gran paura. In città non te ne accorgi, vai avanti a vivere come sempre fino al giorno in cui, magari, aprirai il rubinetto e non scenderà più nulla: e allora scoppieranno le guerre per l’acqua.

Ho fatto questo esempio perché abito in un posto che si chiama Fontane, nome dovuto proprio all’acqua che intorno a casa mia sgorga dappertutto. Anzi, sgorgava. Nell’estate del 2022, dovremmo cambiare il nome in Fontane Perdute. I torrenti sono asciutti e i fieni, che qui si sono sempre tagliati a metà luglio, erano già maturi un mese fa, e tra i muretti delle mulattiere sta fiorendo in questi giorni l’epilobio, che di solito mi annuncia l’arrivo di agosto. Se ai primi di luglio fiorisce un fiore di agosto, che cosa succederà tra un mese? Non ne abbiamo idea. Non lo sa né la scienza, né la saggezza degli anziani. L’acqua che bevo in casa, e che viene da una fonte a 2350 metri, una fonte che ha sempre buttato acqua in estate e in inverno, ci sarà ancora in agosto? Nessuno sa rispondere. Se rispondesse, starebbe dicendo qualcosa che non sa.

La stessa situazione si verifica sui ghiacciai. Ho cari amici che gestiscono un rifugio sul Monte Rosa, a 3500 metri d’altezza. È da pochi anni che vedono piovere, lassù, in estate: per tutta la loro vita avevano visto soltanto nevicare (e se sembra un piccolo cambiamento, devo spiegare che l’acqua scioglie il ghiaccio molto prima del sole: mettete un cubetto di ghiaccio in un bicchiere d’acqua e un altro su un piatto, e fate la prova). In questo momento i ghiacciai del Rosa hanno l’aspetto che gli anni scorsi avevano a Ferragosto: il manto nevoso, cioè la neve caduta in inverno, ha finito di sciogliersi all’inizio di giugno, con un mese e mezzo di anticipo sulle abitudini. Sotto il manto nevoso ci sono i crepacci, i seracchi, il ghiaccio vivo. Cosa succede quando il ghiaccio vivo viene sottoposto a un’estate così, e invece di prendere due o tre settimane di sole e di caldo ne prende due o tre mesi? La risposta è semplice, è come per la mia fonte: non lo sappiamo.

Ci sono rifugi, sulle Alpi, che stanno diventando inagibili a un secolo dalla loro costruzione, perché il fondo su cui sono stati costruiti, in apparenza roccia o pietraia, in realtà è permafrost, cioè ghiaccio sotterraneo. Il ghiaccio si scioglie, quella che sembrava roccia si rivela uno sfasciume e il rifugio ha danni strutturali, vuol dire che potrebbe crollare un giorno o l’altro. Ai seracchi succede la stessa cosa. Sono blocchi di ghiaccio sospeso che magari stanno lì da un secolo, ho in mente per esempio l’enorme seracco del Monte Disgrazia, e tutti sanno che non crollerà, perché è sempre stato lì. Le guide si sono abituate a passarci sotto, le vie alpinistiche passano per quel seracco che a memoria d’uomo non si è mai mosso. Ma di nuovo, è come per la mia fonte: stanno succedendo cose che non si ricorda nessuno. La memoria non è più affidabile, a questo punto. Abbiamo tutto da imparare e resta solo la prudenza. Temo non sia un’estate per andare sui ghiacciai, è un’estate per riempire le taniche d’acqua.

Paolo Cognetti
La Repubblica
4 luglio 2022

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