Né mobilitazioni né bandiere i pacifisti soffrono in silenzio


Riccardo Barenghi


Viaggio nel popolo arcobaleno. Tra le denunce di Gino Strada e Paolo Ferrero e i distinguo del governatore della Puglia Vendola che fine ha fatto il movimento?


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Né mobilitazioni né bandiere i pacifisti soffrono in silenzio

Magari è presto per dirlo, forse bisognerà aspettare che le bombe occidentali provochino morte e distruzione, ma certo finora c’è da segnalare l'assordante silenzio di chi contro la guerra "senza se e senza ma" si è sempre fatto sentire forte e chiaro. Da vent’anni, ossia dalla prima guerra all’Iraq nel '91, passando per quella nei Balcani nel '99, quella in Afghanistan nel 2001 (ancora in corso), la seconda contro l’Iraq nel 2003. Manifestazioni, cortei, appelli, convegni, proteste di ogni genere, marce per la pace una dietro l’altra, milioni di persone nelle piazze d’Italia. Oggi niente, ancora niente.

Assuefazione alla guerra? Difficoltà a mobilitarsi in un periodo di stanca dei movimenti? Imbarazzo perché da una parte ci sono i ribelli che muoiono per la democrazia e dall’altra un dittatore che li reprime ferocemente? Nel mondo pacifista c’è un po’ di tutto questo, anche se nessuno dei protagonisti ha cambiato idea sulla guerra. Nessuno pensa che sia giusto farla. Spiega Sergio Cofferati, ex segretario Cgil, oggi deputato europeo e all’epoca dell’Iraq leader del movimento pacifista: «Scatenare la guerra nel Mediterraneo è un gravissimo errore dalle conseguenze imprevedibili. Tanto più che quelli che oggi appaiono come i più determinati per l'intervento sono stati i più corrivi nel rapporto con Gheddafi, restituendoci la sgradevole sensazione di un sovrappiù, un eccesso di zelo o per rimuovere un passato indecente». Però i pacifisti tacciono, non si mobilitano, non manifestano… «Beh, è evidente che la presenza degli oppositori al regime crea una difficoltà e una contraddizione al movimento per la pace, una contraddizione riassunta in una domanda: come aiutarli senza bombardare?».

Già, il problema è tutto qui, ma la soluzione al momento non ce l'ha nessuno. Neanche Nichi Vendola, che però un passetto in avanti lo fa: «La domanda di libertà non può essere repressa con il terrore nel nome della non ingerenza in un Paese sovrano. Allora io mi chiedo: siamo capaci, noi mondo multipolare, di soccorrere le popolazioni aggredite?». Ovviamente Vendola non si spinge ad appoggiare bombardamenti mirati, ma si capisce che, se fossero proprio mirati, forse non scenderebbe in piazza per protestare. E a proposito di piazze, lui una risposta al silenzio dei pacifisti ce l’ha: «Negli ultimi vent’anni l'Occidente ha fatto della guerra il modello di stabilizzazione del mondo. Ne ha fatte ben quattro di guerre, questa è la quinta. Il pacifismo, quello che il New York Times ha definito la seconda potenza mondiale, si è opposto. Ma è stato sconfitto. E forse è questa la ragione del suo silenzio».

Cofferati, Vendola, ma anche Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione, Flavio Lotti, presidente della Tavola della pace (quella della marcia PerugiaAssisi), il fondatore di Emergency Gino Strada pensano tutti che l’Occidente per un mese sia rimasto a guardare quel che accadeva in Libia senza fare nulla, invece bisognava muoversi prima. «Aprendo magari un corridoio umanitario per portare aiuti ai ribelli» (Cofferati). «Non è possibile che l’Onu sia passato dalla totale inerzia alla guerra, senza prendere provvedimenti, l’embargo, le sanzioni, il congelamento dei beni libici sparsi nel nostro mondo… Invece niente» (Vendola). «Si deve aprire una trattativa per una transizione democratica in Libia e in tutti i Paesi dove c’è una rivolta per la libertà. Siamo ancora in tempo» (Ferrero). «E' incredibile che l’Occidente abbia solo una risposta, e questa sia la guerra. Ed è altrettanto incredibile che il centrosinistra la appoggi» (Strada). «Il tema della pace è stato cancellato dalla politica e dall'informazione, ma questo non significa che non sia radicato nella coscienza di milioni di persone. Se la guerra dovesse scoppiare sul serio, sono certo che si faranno sentire» (Lotti).

Forse, chissà, vedremo domani. Per ora i pacifisti non si vedono e non si sentono. La situazione, spiega ancora Ferrero, ricorda quella della guerra nei Balcani, il famoso intervento umanitario. Allora al governo c’era D'Alema e tutto il centrosinistra era favorevole alla guerra insieme al centrodestra. Non erano d’accordo i «soliti» pacifisti e la sinistra radicale, i quali faticarono a organizzare qualche manifestazione di protesta, peraltro non oceanica. Anche perché, ieri come oggi, il movente dei bombardamenti era fornito dal massacro di civili operato da gente senza scrupoli, Milosevic e Gheddafi. Dunque non era facile opporsi. Chi si oppone invece, ieri come oggi, è la Lega, stavolta accompagnata dai giornali di centrodestra: «Costretti alla guerra» (titola Il Giornale), «Ci mancava solo la guerra al beduino» (replica Libero). E questa è una novità.

Fonte: www.lastampa.it
20 Marzo 2011

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